Voce di Sophia Angelozzi
di Mirabilia Orvieto
Di fronte alla profonda crisi morale, religiosa e politica di fine ‘400, l’Apocalisse di Orvieto, come tutti i grandi cicli pittorici di cattedrali e palazzi, era lì per trasmettere il suo messaggio morale e sociale capace di infondere negli animi il compito profetico di una rinascita della Chiesa e della società. In questo clima di rinnovamento la scoperta del Nuovo Mondo e della civiltà degli ‘Indiani’ d’America invitava l’Occidente, bellicoso e corrotto, a una profonda rigenerazione interiore con lo scopo di ricondurre l’umanità alla purezza e all’innocenza originale dell’Eden.
Nella scena della Resurrezione della carne gli eletti di Signorelli riemergono al suono delle trombe angeliche e si ergono come figli di un unico Padre. Il più forte si chinerà sul più debole e insieme costruiranno la città futura della concordia e del progresso, della conoscenza e dell’ingegno. Qui ogni gesto si trasforma in un impegno unanime, morale e sociale, volto al bene comune; raggiunta la pace delle filosofie e delle religioni, gli uomini si risolleveranno allora dall’ignoranza e dalla barbarie del passato per istaurare sulla terra legami di amicizia e “riunire tutti i popoli in un unico gregge” (Ficino). Storie e personaggi s’intrecciavano dunque come vasi comunicanti allo scopo di interpellare le coscienze di chi guardava, proiettandolo nel futuro di un nuovo inizio.
Ecco perché i fatti dell’Apocalisse rivestono ancora oggi uno straordinario valore etico e sociale: essi sono “tra i pochi che non passano dopo che sono accaduti, che non sono sorti per tramontare” e tutto ciò grazie al genio pittorico di un artista considerato, “a torto e troppo in fretta” (Luigi Fumi, storico), minore nel Rinascimento italiano.
Ma il grande ideale dell’Umanesimo cristiano di Ficino, Cusano e Giovanni Pico, che esaltava il valore di ogni essere umano non venne dimenticato, anzi illuminerà nei secoli avvenire le democrazie moderne. Fu infatti il toscano Filippo Mazzei(1730-1816), appassionato dell’arte rinascimentale, a raccogliere la preziosa eredità lasciata da filosofi e teologi contribuendo, come amico e consigliere di Thomas Jefferson, alla stesura della Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America del 4 luglio 1776: “Noi riteniamo che sono di per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati uguali; che essi sono dotati dal Creatore di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la vita, la libertà e la ricerca della felicità“.
Ad essa si rifarà, nel 1789, il celebre motto “libertà, uguaglianza e fraternità” sancito dalla Rivoluzione Francese con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Con il sopraggiungere del XX secolo, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite promulgò sempre a Parigi, il 10 Dicembre del 1948, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani affinché tutti gli Stati occidentali si impegnassero, dopo la catastrofe della seconda guerra mondiale, a tutelare la vita del singolo e dei popoli: “Tutti gli uomini nascono liberi e uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza, e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza“.
Anche il celebre discorso tenuto a Washington da Martin Luther King, il 28 agosto 1963, sembra rievocare la visione biblica della cappella Nuova con lo scenario di una pace universale rappresentata proprio dal popolo di risorti: “Io ho davanti a me un sogno – affermava l’attivista americano – che un giorno i luoghi scabri saranno fatti piani e la gloria del Signore si mostrerà e tutti gli esseri viventi, insieme la vedranno. E’ questa la nostra speranza, come è scritto nel libro del profeta Isaia…un giorno questo nostro mondo si leverà in piedi perché tutti gli uomini sono creati uguali“.
L’Apocalisse di Orvieto anticipava così lo spirito della modernità facendosi annunciatrice, all’alba del ‘500, di una nuova civiltà incentrata sulla dignità e libertà dell’uomo, valori che il filosofo e matematico Pico della Mirandola aveva già celebrato, nel 1486, con il suo celebre discorso “De homini dignitate”. Nasceva così, nell’arte della cappella Nuova, il primo manifesto della nuova umanità, fondamento della cultura e della civiltà dell’Occidente, un progetto spirituale e politico destinato a cambiare il corso della storia.
Dal suolo Signorelli faceva risorgere bei corpi, nudi, integri, perfetti, e anime dalla mente “libera, diritta e sana” a significare tutta la bontà dell’uomo che, posto al centro dell’attenzione di Dio, si apprestava a plasmare il proprio destino e quello del mondo. Cinque secoli più tardi anche le religioni, considerate dagli umanisti ornamento dell’universo, fecero sentire la loro voce nella Dichiarazione di Abu Dhabi del 4 febbraio 2019, dove Papa Francesco e il Grande Imam Al-Azhar si espressero così a favore di una pace mondiale e di una convivenza comune: “Dio ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro“.