di Mirabilia Orvieto
“…poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio” (Lc 24, 53).
Ascensione. Favola per bambini o uno dei tanti miti della religione? Cominciamo col dire che questo episodio si trova solo nel vangelo di Luca e poi nella parte finale, aggiunta, del Vangelo di Marco. Gli altri evangelisti non ne parlano affatto. Ovviamente ascendere o discendere hanno un significato simbolico. Il Figlio di Dio è “disceso” nel mondo e vivendo tra gli uomini è disceso ancora, conoscendo l’umiliazione del rifiuto e della morte di croce. E dopo la morte è disceso, con lo spirito, negli inferi e dagli inferi è risalito per risorgere; e una volta risorto è asceso al cielo. Discendere, discendere sempre, per poi risalire. Quel “cielo” dove ora si trova non significa ovviamente l’atmosfera, un luogo fisico, ma Dio stesso, e “sedere alla destra di Dio” significa avere il suo stesso potere, come accadeva in quel tempo per chi nella corte del re sedeva al suo fianco. In pratica è come dire che quell’uomo che è stato condannato come bestemmiatore, come eretico, in realtà era Dio.
Nella parte conclusiva del Vangelo di Matteo, Cristo non ascende, ma dà un appuntamento ai suoi discepoli in Galilea, lontano da Gerusalemme, per lasciar loro le sue ultime parole, e “quando lo videro si prostrarono”. A questa situazione se ne aggiunge subito un’altra: ”essi però dubitarono”. Di che cosa dubitano? Non che Gesù sia risuscitato, perché lo vedono, e neppure che sia in una condizione divina, perché si prostrano davanti a lui. Allora perché dubitano? Sempre nel vangelo di Matteo, è riportato un fatto analogo quando Gesù cammina sulle acque. Pietro è dentro la barca e appena vede il maestro gli va incontro, ma affonda. A questo punto Cristo si rivolge a Pietro dicendogli: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”. Il potere di camminare sulle acque è solo di chi ha la condizione divina e Pietro, preso dal desiderio di possederla si lancia per conquistarla, ma appena ci prova comincia a sprofondare perché è assalito dal dubbio. Quale? Pietro dubita di se stesso!
Quello che Pietro e i discepoli ancora non sanno è che la condizione divina non si può ottenere come fosse esclusivamente un dono dall’alto, insomma qualcosa che avviene per magia. Pietro riesce per qualche momento a camminare sul mare, spinto dall’istinto di avere lo stesso potere del maestro, ma è sopraffatto dalla paura e sprofonda. Chi potrà mai camminare sul mare delle paure, delle difficoltà, dei problemi del mondo senza affondare?
Siamo umani e resteremo umani, sembra dire Pietro, e nessuno potrà mai cambiare questa condizione che è la condizione di ogni essere su questa terra. Chi dice di credere e poi dubita del fatto che tutto nella fede sia possibile, deve ancora imparare che cosa significhi avere fede. E quel dubbio lo porterà appunto a sprofondare, ad annegare. E‘ questa l’essenza della fede: credere senza mai dubitare di se stessi, e cioè senza dire “Lui può, ma io non posso”. Gesù cammina sulle acque non per sfoggiare tutto il suo potere ed essere venerato come un “dio”. No. Cristo realizza tutto questo per invitare a raggiungerlo nella sua stessa condizione, nel suo stesso stato di vita.
Il ritorno dei discepoli a Gerusalemme
Ma le cose non sono così semplici e il racconto di Luca finisce con una delusione. Seppur riempiti di gioia per quanto avevano visto, udito e toccato, nessuno dei discepoli è in grado di comprendere il senso di quelle cose. Essi tornano a Gerusalemme “stando sempre nel tempio a lodare Dio”, quel tempio che aveva poco prima perseguitato, giudicato e condannato Gesù di Nazareth. Anche la novità più rivoluzionaria corre, infatti, il rischio di essere presa e riportata nella quotidianità senza che arrivi a cambiare il mondo, quel mondo che Cristo aveva cercato di trasformare ed elevare attraverso il fuoco della sua vita.