A cura di E. De Albentiis – Gianluca Prosperi
Introduzione di P. Tuscano
Foligno, Il Formichiere, 2014, pp. 845, 14 ill. bn., euro 35.00
L’antologia è uscita circa un mese fa. La Fiera del libro di Francoforte è in corso dall’8 al 12 ottobre. Di seguito una recensione di Antonio Carlo Ponti da cui trarre notizie sull’antologia e, in fondo, le poesie selezionate nell’antologia dalle mie pubblicazioni “Voce alla notte” (LietoColle 2006) e “La strega poeta” (LietoColle 2008).
IN ANTOLOGIA UN’ INTERESSANTE E STIMOLANTE PANORAMICA
La poesia in Umbria non è morta
Non sono mancate in Umbria, nei decenni scorsi, antologie circostanziate e “complete”, o criticamente agguerrite. Dopo i lavori di G.B. De Sanctis, G. Politi, R. Zuccherini, G. Prosperi, vennero Poeti umbri curata da Anton Carlo Ponti e con Introduzione di Ferruccio Ulivi (Perugia, Umbria Editrice, 1975), e nel 2008 i due tomi di Poeti Umbri del Novecento, a cura di A.C. Ponti e L.M.. Reale (Perugia, EFFE F. Fabbri). Questo per rimanere in un ambito di eccellenza, senza cioè rammentare antologie alimentate dal sottobosco e a pagamento.
Scendendo nei criteri dell’antologia odierna, curata con acribia da due eccellenti studiosi, essa compendia un repertorio, non un florilegio, con produzione medio-alta, di 149 autori, fra cui una dozzina di poeti in dialetto, anagraficamente nati quasi tutti dopo il 1930, mentre la precedente imponente scelta di Ponti-Reale, anch’essa, per caso, di 149 nomi, raggruppava autori che avessero pubblicato opere di poesia dopo il 1901, ma fermandosi ai poeti che avessero compiuto 80 anni al momento dell’uscita della raccolta in libro.
Gli autori dell’Antologia de Il Formichiere sono, come annota Pasquale Tuscano, ordinario di letteratura all’Ateneo di Perugia, nella bella e utilissima introduzione, per un buon settanta percento umbri autoctoni, per un quindici sono umbri, come dice lo studioso con felice intuizione, della diaspora, da anni lontani in altre regioni e un paio all’estero. Gli altri qui risiedono, da decenni alcuni e da molti anni gli altri, in Umbria hanno trovato un ubi consistam, una seconda patria, e questa terra finiscono per amarla forse più degli umbri autentici.
L’animo umbro, riflessivo, passionale con misura, naturalistico in parte e in parte francescano, mistico, dai testi presenti nell’importante impresa editoriale e critica, si avverte sottilmente o a volte esplode in invettiva o in satira, in poesie impegnate sul fronte politico in senso ampio della parola.
L’Umbria della poesia, una terra dove la poesia sopravvive alla modernità troppo arida sovente, qui trova conforto e consolazione, anche se compito dell’arte è di mettere caos nell’ordine.
Una lettura rasserenante a volte, a volte drammatica, a volte satirica, divertente addirittura, sempre sostenuta da qualità lessicali e di ritmo, secondo tradizioni che vanno da San Francesco e Iacopone da Todi a Sandro Penna, lungo un tragitto di secoli che si sente sono piuttosto omogenei, ma non omologati in stereotipi.
Un bel libro di circa settecento liriche, di cui si sentiva la necessità, quella di fare il punto come suol dirsi, fare un bilancio della poesia umbra e in Umbria del secondo dopoguerra, smentendo non poco quell’aforisma tragico di T.W. Adorno secondo cui dopo Auschwitz non si potesse più scrivere poesia. Inoltre, il libro è impreziosito da quattordici opere di artisti umbri contemporanei: M. Arzilli, L. Bartella, S. Burattini, B. Ceccobelli, M. Chiacchera, S. Di Stasio, L. Frappi, B. Gattolin, W. Lok, L. Manna, U. Raponi, L. Tittarelli, R. Vasta, F. Venanti.
[a.c.p.]
Di Laura Ricci
da “Voce alla notte”
Cenere
Questa pioggia continua
sottile mi gela.
Questo ceppo che brucia
più che la fiamma ardente
mi rammenta la cenere
futura, il grigio mesto
radunarsi di tante faville.
Amore
È – questo intenso amore –
campo rosso di fragole
d’acre dolcezza profumato.
È di limone fiore, di frutto
aspro allegro mi stordì
d’aroma forte assaporato.
Emana acre pari intenso odore
l’aspro tuo intenso profumato
amore.
Da “La strega poeta”
camminava sul mare l’ormai non più giovane
ragazza quando uno stormo di gabbiani l’avvolse
in un lamento. gabbiani – uccelli per poetucoli
dalle sue parti, piume comuni per libri
da strapazzo. tese l’orecchio all’acqua – voci
vere, grido inquietante volto all’abisso.
e si sentì – nell’isola – distante
ancorata – dell’anima – al profondo
di legno era il portasapone e la tinozza
di zinco e di cotone il cotone.
di seta la camicia buona della festa
di feltro vero feltro il cappello in testa.
di lana era il costume di mia madre
al mare, di lana dura il mio costume
intriso d’acqua e sale. di lana, pura
lana restringibile erano calze e guanti
e i dolci fatti in casa di strutto bianco
senza conservanti.
di lino era l’estate, di canapa
non mista, lieve di tulle e
di batista. di legno il portasapone
e la tinozza di zinco.
e mentre fanno il bagno madre e figlia
ninfee di schiuma povera e rada
spugna grezza fumante. ed il profumo
quello di marsiglia
misura dell’amore è la perdita
l’assenza
la trappola improvvisa
di un ricordo
che afferra e strugge.
misura della perdita è l’insistere
della presenza
l’ago di rame
che dal silenzio
scintilla e punge.
presenza non è semplicemente
stare
è il cerchio che non chiude
il ritorno
la spirale infinita
dell’eterno venire
e dell’andare
morirò vecchissima.
non so bene come né riesco
a prevedere dove e il mese
ma avrò di certo freddo.
anche se fosse una notte calda
profumata della ribollente estate.
morirò vecchissima.
in un piccolo corpo
accartocciato quasi invisibile
forse di centenaria nodosa.
svanite una dopo l’altra – andate
di tutte e tutti le presenze amate.
avrò trasformato ogni volta
in canto il mal di testa
dell’impotenza, in goccia limpida
di parola l’onda torbida confusa
del dolore. toccherà anche
a me, tardi ho l’impressione.
svanite una dopo l’altra – andate
di tutte e tutti le presenze amate.
perché mio sarà stato il destino
della strega poeta, quella
che voleva acchiappare il tempo
con le maglie dell’alfabeto.
svuoterò nel nulla d’azzurro
la mia valigia di parole –
chiuderò l’ombrello dei miei
piccoli esorcismi di suoni e segni.
quello sarà il silenzio –
né più dolore né bellezza.