Riceviamo dal capogruppoi PdL e pubblichiamo.
A leggere con attenzione i fondamentali economici e finanziari del nostro Comune si rileva con grande chiarezza e semplicità che le scelte di questi anni sono state determinanti per stabilizzare i dati di bilancio, nonché per invertire quel sistema di spreco di denaro pubblico che stava portando la città verso il default. Senza fare troppi giri di parole, vogliamo rappresentare come si sono modificati due parametri che stanno alla base di qualunque schema di bilancio: il debito pubblico e il pareggio di bilancio. Il debito pubblico è un mantra di cui sentiamo parlare tutti i giorni. A differenza di quello che purtroppo avviene in Italia (dove il debito pubblico aumenta ormai da trent’anni senza soluzione di continuità), ad Orvieto il debito complessivo è diminuito, passando dai 54.800.000 di euro del 2009 ai 51.100.000 di euro del 2012. Anche del pareggio di bilancio ne sentiamo parlare spesso ed anche in questo caso, a differenza di ciò che avviene in Italia e di ciò che avviene in moltissime amministrazioni pubbliche, il nostro Comune ha invertito la rotta ed è riuscito a chiudere in attivo gli ultimi due esercizi di bilancio. Tanto che il 2011 ha chiuso con un attivo di circa 1.250.000 euro ed il 2012 con un attivo di circa 1.100.000 euro: non solo entrambe le annualità hanno chiuso in forte avanzo di amministrazione, ma hanno invertito radicalmente la rotta rispetto ai disavanzi milionari degli anni precedenti. Se poi volessimo allargare lo sguardo alle società partecipate come la Te.Ma e la Farmacia (oggi venduta, ma fino a pochi anni fa emblema assolutamente negativo di come veniva amministrata la città) potremmo evidenziare la medesima azione virtuosa. Anche in questi casi si sono fortemente ridotte le quote capitale dei debiti contratti e si sono chiusi gli esercizi di bilancio senza produrre più disavanzi e passività. L’altro macigno è la spesa pubblica. In questi anni sono state ridotte di centinaia di migliaia di euro le spese improduttive attraverso la revoca di tutte le carte di credito e di tutti i telefonini di servizio per la politica, oltre all’azzeramento di tutte le spese di rappresentanza. Ma il vero macigno della spesa pubblica era il costo del personale: anche in questo settore la cura dimagrante è stata ferrea, ma ha prodotto benefici: tanto che al 31 dicembre 2012 i dipendenti del Comune erano 165, con un costo pari ad euro 6.700.000 e con una incidenza sull’intera spesa pubblica del 25%. Fortunatamente sono finiti i tempi dove vi erano 220 dipendenti ed il costo del personale incideva per il 37% della spesa complessiva. In questi quattro anni l’Amministrazione ha lavorato ed agito con una priorità assoluta: quella di salvare il Comune da un probabile fallimento. E questo lo ha fatto attraverso scelte importanti e di prospettiva, anche a scapito del consenso spicciolo. In questi anni la politica cittadina ha visto l’assenza di una cosa fondamentale in una democrazia: l’opposizione. Diciamo questo non per spirito di polemica, ma perché la totale mancanza di proposte e di idee ha depotenziato il confronto ed ha prestato il fianco a qualche “archimede pitagorico” che si è sostituito in tutto e per tutto alla stessa opposizione. In buona sostanza, l’opposizione ufficiale si è dileguata dal confronto sulle cose concrete e, oltre a chiudersi nel recinto del “no a prescindere”, si è limitata esclusivamente a scrivere al Prefetto o agli organi di controllo al solo fine di cercare di prendere in castagna l’Amministrazione. E’ la solita storia: dove non si riesce con il consenso o con la politica, qualsiasi altro metodo è buono.