L’ultimo, destinato dal Fato a ricevere i doni del Regime era il «Balilla dell’Anno», il «Primo della classe», al quale spettava, per meriti speciali, un pacco altrettanto speciale. Nel fiero silenzio della platea e dei palchi, la voce virile di un centurione chiamò: «Nello Riscaldati, Moschettiere del Duce!» In divisa nuova fiammante, dono dell’O.N.B., il Balilla scattò sull’attenti, salutò romanamente, e si avviò verso la scaletta che salì con passo sicuro. Gli avanguardisti, ai piedi, presentarono le armi, ma non riuscirono (ahiloro!) ad impedire alla madre dell’eccezionale Balilla, Carolina Riscaldati Pontremoli di seguire il figlio sul palcoscenico, atto severamente proibito dal cerimoniale. I Gerarchi si guardarono muti, poi il Federale, abbozzando un sorriso, spinse la sua magnanimità fino a tendere la mano alla piccola popolana; ma lei non estrasse le sue dalle tasche del ventennale cappotto. Non perdeva d’occhio il figlio, irrigidito sull’«attenti», ma continuava a volgere sguardi sospettosi all’intorno. Il Federale fece un cenno all’avanguardista addetto ai pacchi e costui avanzò recando una fiammante motocicletta a carica e DUE PEZZE di stoffa INVECE DI UNA (il genio scolastico del Balilla andava giustamente premiato! Pensate! In quell’anno aveva scritto persino un’Ode!). Il centurione comandò il «riposo», ed il Balilla si accingeva a ricevere i doni, ma la vigilissima madre tolse tutto di mano all’avanguardista, allungò al figlio la motocicletta, e si accinse, accuratamente, ad esaminare la consistenza delle pezze di stoffa con il metodo, in uso tra le popolane, detto dello «strappo». Tale metodo consisteva nel constatare, dopo aver afferrato con le mani due punti vicini dell’orlo di una pezza ed averli accostati e poi allontanati con forza, la consistenza delle fibre; consistenza poi ulteriormente verificata guardando in trasparenza il risultato dello «strappo» medesimo. E il risultato, appunto, di tale manovra, si rivelò, ahimè, disastroso. La piccola donna, dalle piccole mani abituate a lavorare l’«irlanda» da mane a sera, aveva, evidentemente, una forza fuori del comune. Nessuna delle due pezze resse allo strappo! La popolana, brandelli in mano, guardò con commiserazione Federale e gerarchi e, con altrettanta commiserazione, il fiero Balilla. Poi, non pensando di essere di fronte a mille persone in divisa fascista, e con alle spalle il ritratto del Duce, rivolta al figlio, esclamò, con voce «inguastita»: LO VEDE, COCCO… SO’ LE SOLITE STRACCE RICARDATE… QUE’ NUN REGGONO MANCO ’R PUNTO, NUN REGGONO…
Il Federale e i gerarchi ebbero un attimo di smarrimento. L’atmosfera era tesa! Si temeva una fucilazione sul posto! Poi, la ragione fascista prevalse! Ordini perentori, sottovoce, partirono, ed alcuni avanguardisti raccolsero tutto quanto rimasto, fino a ricoprire madre terribile e figlio stupefatto di stoffe e di giocattoli. Ancora una volta Ia Befana Fascista aveva, dunque, assolto il suo compito, travolgendo ogni ostacolo. Tutto era, in fondo, finito bene, ma alcuni affermano di avere udito la popolana Carolina Riscaldati Pontremoli, rivolta al figlio, nello scendere Ia scalata, esclamare: ’NNAMO, VA! COCCO, DAMME LA MANO, CHE’ A ME… ‘STE COJONERIE… FIGURITE VA!… ARMENO ’N PAR DE CIAVATTE… SEE SCARZO …!
34 anni fa iniziava la pubblicazione de “Il Comune Nuovo – periodico sociale cristiano”.
Come è nella natura delle cose, i redattori di quel mensile, che sarebbe continuato ad uscire per molti anni, non sono tutti sopravvissuti. L’ultimo ad andarsene, lasciando nel lutto tutta la comunità di Orvieto, è stato il maestro Mauro Sborra. Cittadino veramente esemplare, ottimo educatore e cultore di storia locale, con una passione particolare per la documentazione fotografica, il maestro collaborò con “Il Comune Nuovo” soprattutto curando la rubrica “Orvieto ieri”. Vogliamo cominciare proprio da Mauro Sborra nel rendere omaggio ai redattori scomparsi scegliendo alcuni esemplari della loro collaborazione.