di Dante Freddi
Andrea Scopetti ha raggiunto il vertice del Partito democratico orvietano e ora siede sul soglio di un’assemblea con bella gente, ma anche con un robusto manipolo di residuati, inutili per la ripresa del Pd, che sono cose sue, e dannosi per la città se ottenessero peso.
L’attenzione sul nuovo segretario orvietano è elevata, perché raccoglie i pezzi di un partito lacerato e perdente, ancora intasato da mestatori raccolti perfino nel comprensorio, come se non bastassero gli indigeni, e deve guidare la riconquista della città per il centrosinistra. Comprendo che è complicato dirigere un partito con i voti degli altri, tenendo conto di equilibri locali e regionali, ma l’unico modo, Scopetti utilizzi il consiglio, è che si senta il leader del PD ed eserciti tale ruolo, senza tentennamenti, gratitudine e buonismo verso il passato.
I voti dell’assemblea comunale ormai sono i suoi e credo che lui sia capace di assumersi la responsabilità di cui è stato caricato. Ha il compito difficile di guidare le speranze di chi vorrebbe Orvieto sfilata dalle mani di questo centrodestra, poi poi non tanto peggio del centrosinistra che l’ha preceduto, e saprà comportarsi al meglio.
E’ compito arduo dimostrare di saper svolgere il ruolo di “faro” del centrosinistra senza applicare un rinnovamento impietoso, segnato da azioni decise e senza fronzoli politichesi nel centellinamento tra il vecchio e il nuovo, i giovani e i vecchi, l’innovazione e la tradizione.
Nella costruzione della sua segreteria sarà utile che presti attenzione all’esigenza di novità, pulizia e competenza che è emersa nell’elettorato e che un errore di impostazione dell’immagine potrebbe definitivamente compromettere a favore del centrodestra.
Auguri a Scopetti e speriamo che san Pietro Parenzo, seppure da tempo distratto, lo illumini.