L’EDITORIALE
a cura di Dante Freddi
Dopo un bel po’ di tempo, riprendo la collaborazione organica con orvietosi.it, il giornale che ho fondato e diretto per una quindicina d’anni e a cui, ovviamente, sono particolarmente affezionato.
Sara Simonetti, il direttore, mi ha concesso lo spazio per intervenire su temi che mi sembra meritino una riflessione. Sarò breve, essenziale, soltanto il necessario per lanciare uno stimolo e sollecitare un dibattito, un confronto, una discussione onesta.
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Senza pensiero e confronto si corre il rischio di scelte sciagurate
Da pochi giorni si è insediata la nuova Giunta regionale e la presidente Proietti si è assunta il gravoso compito di affrontare e risolvere i pesanti problemi creati ai cittadini da una Sanità allo sfascio. Allo sfascio in tutta Italia, ma peggio in Umbria e peggio ancora a Orvieto, divenuta quest’ultima una prateria per far rimpinguare aziende private che offrono, per fortuna, quelle prestazioni che nel pubblico sono un miraggio. Chi può economicamente ha la possibilità di curarsi, mentre chi non può attende mesi o anni o rinuncia. Alla faccia della giustizia sociale.
In questo contesto, la Casa di Comunità rappresenta uno snodo prioritario del sistema sanitario, organizzativo e di visione, perché dovrebbe farsi promotrice della salute dei cittadini e non soltanto rispondere alle necessità derivanti dalla malattia.
Ebbene, di fronte a un progetto titanico come questo, che ha l’ambizione di ribaltare il rapporto tra cittadino, salute e sistema sanitario affermando il valore della prevenzione, gli amministratori orvietani hanno deciso di piazzare nell’ex ospedale di piazza Duomo la sede della Casa e del correlato Ospedale di Comunità. Scelta dannosa per i prossimi decenni, secondo alcuni cittadini e secondo la minoranza consiliare, che si rese conto della gravità della scelta dopo una prima grave disattenzione.
Oggi quella minoranza, ingarzullita dalla vittoria del centrosinistra in Regione, chiede al nuovo Consiglio regionale di annullare quell’opera, finanziata con 8 milioni di PNRR, e di ricominciare tutto l’iter, dalla progettazione in là, scegliendo la ex mensa della Piave come collocazione ideale.
I dirigenti del Pd orvietano, elencando la serie di immobili pubblici in attesa di impiego, scrivono che “Questa scelta, peraltro, si inserisce in una visione più ampia di valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, una strategia organica e coerente che consenta alla città di Orvieto di recuperare spazi dismessi o sottoutilizzati per metterli al servizio della comunità”,
Condividevo l’idea proposta ora dal Pd, perché è evidente l’inadeguatezza dell’ex ospedale a raccogliere la viabilità di centinaia di cittadini ogni giorno, a cui è necessario garantire anche una sosta comoda e gratuita. Condividevo anche perché non si può operare una simile scelta senza studio di base sui riflessi nell’organizzazione futura della città, soltanto perché c’erano i soldi PNRR e non c’erano progetti pensati da poter proporre. Condividevo, ma ora non so, perché il danno che si produrrà nel bloccare i lavori, che dovrebbero partire tra un paio di mesi, sarà comunque cospicuo, soprattutto sotto l’aspetto dell’assistenza sanitaria.
Se passasse la proposta del centrosinistra ci vorranno anni per vedere funzionare la Casa e L’Ospedale di Comunità, nonostante la preoccupazione che anche come si sta procedendo ( i lavori dovrebbero iniziare a febbraio) non garantisca l’esito atteso, rigorosamente previsto a giugno 2026.
Quello che manca a maggioranza e minoranza è stato ed è il pensiero, il progetto, la visione di quale dovrà essere Orvieto e il suo territorio nei prossimi decenni e quindi dentro quale cornice inserire anche la valorizzazione dei beni pubblici. Sono anni, tanti, che a Orvieto non c’è dibattito partecipativo, i cittadini non sono coinvolti, a parte l’ascolto di chi si individua come elettorato di riferimento. Non basta l’elenco delle congiunture da risolvere, ci vogliono le soluzioni, soluzioni accettate e condivise dai cittadini e pensate da chi ha a cuore tutta la città, gli interessi di tutti, non di commercianti contro abitanti del centro storico, non di abitanti del centro storico e contro quelli delle frazioni, non di Orvieto contro gli altri comuni del territorio.
Devono essere gli amministratori, di Orvieto e dell’Orvietano, a farsi carico della partecipazione, perché intervengano tutti, maggioranze e minoranze, tifosi di maggioranze e di minoranze. Le iniziative preziose intraprese dalle associazioni attive su molti temi caldi non sono frequentate da chi dovrebbe “ascoltare”, che si propone con una sicumera e un convinzione di autosufficienza evidentemente ingiustificate dai fatti. Credo che i cittadini debbano pretendere da chi amministra di essere coinvolti nelle scelte salienti.
Vedremo e ne riparleremo.