Egregio Direttore,
non sono un esperto in materia sanitaria, salvo essere un utente/pagante del Servizio Sanitario Nazionale e neppure un esperto di politica politicante, salvo essere il segretario del Circolo del PD di Porano. Due qualità che mi inducono a chiederle cortesemente di pubblicare una personale opinione sul recente attacco di FdI di Orvieto verso il “Comitato per la Salute Pubblica” composto, a detta dei Fratelli, da “un’eterogenea quanto improbabile compagnia popolata da ex funzionari del Pd o delle sue precedenti espressioni (Pds, Ds e addirittura Pci)”.
Preciso, non faccio parte del Comitato, anche se nel passato, confesso, ho militato “addirittura” nel PCI. Non scrivo qui per difendere il Comitato.
Lo sanno fare benissimo da soli. Scrivo semplicemente per fornire qualche ragguaglio utile a fare chiarezza sui presunti “disastri compiuti in regione sulla sanità da decenni di governo di una sinistra”, dichiarati dai Fratelli di Orvieto. Della serie: la responsabilità, se la sanità non funziona, è di quelli che c’erano prima. Piddì in primis, ovviamente. Se no, che gusto c’è. Dimenticavo, ci sono anche i radical chic, va beh, dai.Per carità, non sarò io ad assolvere gli errori del passato… chi è senza peccato… Ma francamente l’estenuante refrain del chi c’era prima, dopo una gestione di governo che avrebbe semmai dovuto correggerli quegli errori, non si sopporta più. Non fosse altro perché i dati raccontano ben altro. Non i miei, ma quelli riportati nel 6° Rapporto GIMBE – Fondazione indipendente che sulla base degli elementi forniti dal ministero della Salute valuta le prestazioni dei sistemi sanitari regionali. Cosa dicono, quei dati?
Dicono che con riferimento ai Livelli Essenziali di Assistenza (cosiddetti LEA, ovvero le prestazioni gratuite o con ticket) dal 2010-2019, quando c’erano loro, piddì in testa, l’Umbria, ha garantito l’85,9% delle prestazioni sanitarie di competenza, superando la media nazionale pari al 75,7%.Dicono, ma pensa te, che nello stesso periodo la sanità umbra era attrattiva e portata ad esempio di buona sanità, tant’è che si riscontrava un saldo positivo tra il numero delle persone che venivano da fuori regione a curarsi e quello degli umbri che andavano altrove. E ora? Ora basta riportare il contenuto della “Requisitoria” della Corte dei Conti del 2022: “Con riferimento alla mobilità extraregionale, a fronte di un credito (mobilità in ingresso) per 64.248.769,42 euro ci sono debiti (mobilità passiva, in uscita verso altre regioni) per 84.390.869,11 euro, con un conseguente saldo passivo pari a 20.142.099,69 euro”.
Nel 2021 lo stesso saldo era stato di 8.948.469 euro). Più chiari di così. Ma c’è dell’altro. Dicono, quei dati, che dal 2019 al 2021 per quanto riguarda l’assistenza ospedaliera il punteggio assegnato all’Umbria nella graduatoria nazionale è sceso da 87,97 a 82,97 e per la prevenzione collettiva e sanità pubblica da 95,65 a 91,97. Il miglioramento di punteggio sull’assistenza distrettuale non è bastato a fermare la retrocessione della sanità umbra dal 6° all’8° posto. Oltre ai dati, ci sono le esperienze di chi ha a che fare con la sanità qui e ora, sempre meno pubblica: lunghe attese, trasferte estenuanti per una visita specialistica, ecc. Negarlo è da sciocchi se non da ipocriti. Non sono tifoso del tanto peggio tanto meglio, ci mancherebbe, sulla sanità poi.
Avrei preferito commentare diversamente l’esito del governo delle destre in Umbria. Non è andata così…”la sanità umbra è connotata da evidenti criticità sia con riferimento all’incidenza della spesa che in relazione ai profili erariali. Si ribadisce che siffatte criticità sono suscettibili di tradursi nella compromissione del diritto alla salute della collettività locale come comprovato, peraltro, dai notevoli disservizi che affliggono attualmente le strutture sanitarie pubbliche.” È la Corte dei Conti a scriverlo, non la “compagnia popolata da ex funzionari del Pd” che tanto assilla i Fratelli di Orvieto.
Luigi Rotella
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