di Pasquale Di Paola
Ennesima giornata di passione per il treno maggiormente usato dai pendolari orvietani. L’Intercity delle 7.25 di mercoledì 10 gennaio è arrivato a Roma Termini con quasi 40 minuti di ritardo. Peggio nel rientro serale. Ributtato sul binario 2 Est il treno, carico di pendolari del comprensorio orvietano, è partito due minuti prima delle 19. Ed è finalmente arrivato a Orvieto con “appena” 47 minuti di ritardo. Da ricordare che per poter usufruire di questo treno, unico che nell’arco della giornata dovrebbe impiegare 55 minuti per raggiungere Roma Termini e dovrebbe poi riportare a casa i viaggiatori locali in poco più di un’ora, arrivando ad Orvieto alle 19.23, i pendolari oltre ai quasi 1.000 euro per l’abbonamento regionale annuale, hanno dovuto acquistare anche la Carta TuttoTreno Umbria, aggiungendo oltre 500 euro.
I pendolari sono sempre di più delusi, amareggiati, sconfortati dalle modalità messe in campo da chi dovrebbe provare a tutelarli. I politici locali hanno dato una risposta auto-elogiandosi, affermando che in questi ultimi anni molto hanno fatto per migliorare la situazione e che hanno raggiunto un ulteriore brillante risultato ottenendo, da chi di competenza, di provvedere a un monitoraggio della situazione. Il solito, inutile, grottesco monitoraggio. Per capire il termometro della situazione esiste una soluzione più semplice e immediata. Dovrebbero i nostri politici locali viaggiare tre o quattro giorni sulla tratta che collega Orvieto alla Capitale e la Capitale a Orvieto. Oppure, visto che per loro sarebbe troppo stressante e faticoso vivere sulla propria pelle per tre o quattro giorni quello che i pendolari vivono da decenni, basterebbe che chiedessero come funzionano i treni a chi quotidianamente li usa.
E avrebbero testimonianza di come ogni mattina ci si rechi alla stazione con il terrore di arrivare tardi al lavoro. E di come, dopo una giornata di duro lavoro, sia sfibrante e stressante dover rientrare sempre in ritardo a casa. Avrebbero testimonianza di come i treni regionali, ridotti anno dopo anno, siano sempre pieni all’inverosimile. Una vergogna e uno scandalo le condizioni di viaggio di chi rientra con il regionale in partenza da Roma Termini delle 17.20. Un “carnaio”, un viaggio in condizioni non da Paese Civile. Come non da Paese Civile è questo non rispetto del pendolarismo orvietano, con i treni regionali nove volte su dieci “buttati” sulla linea convenzionale, la Linea Lenta, tra Roma e Orte. Con quei 45 minuti di viaggio che di colpo, con un magico e semplice annuncio degli altoparlanti due minuti prima della partenza, raddoppiano.
I pendolari, anche nel loro sonno più profondo, sono accompagnati da quella voce meccanica e gracchiante: “Causa affollamento sulla linea direttissima questo treno percorrerà fino a Orte la linea convenzionale con maggiore orario di percorrenza di 45 minuti circa”. Quindi il tempo di percorrenza in quel “carnaio”, raddoppiato per non intralciare la percorrenza della Direttissima e per non dare fastidio ai treni Alta Velocità, con una semplice frase passa da tre quarti d’ora a un’ora e mezza. Fino a Orte, perché poi rimane il tratto da percorrere da Orte a Orvieto. Parlare ancora di monitoraggio in queste condizioni dovrebbe fare provare vergogna si nostri politici locali. Politici locali che dovrebbero sbraitare, battere i pugni sul tavolo, urlare addosso a chi ha responsabilità su questo stato di cose. Parliamo di 1.200/1.300 persone che quotidianamente sono costrette a usare il treno per poter raggiungere il posto di lavoro. Gente che parte da Orvieto all’alba e che rientra la sera. Gente che meriterebbe molto più rispetto e molta più attenzione. Gente che si sente presa in giro da chi ancora parla di dover monitorare per capire quale siano le loro condizioni di viaggio. Da monitorare ci sarebbe la capacità di certi politici locali di saper affrontare certe problematiche. Da monitorare ci sarebbe la capacità di questi soggetti di saper fare qualcosa di veramente utile e incisivo per rendere i viaggi dei pendolari orvietani più a dimensione umana e non un quotidiano, infinito, film horror.