di Massimiliano Bottoni
Due banche americane vengono messe in liquidazione, si teme l’effetto domino, l’economia globale va verso una recessione, i mercati sono agitati e l’indice della paura è in ascesa; un revival della disastrosa crisi finanziaria del 2008? La risposta è no. Partiamo dall’inizio: La Silicon Valley Bank (SVB) e la Signature Bank sono fallite, ma per quale motivo? Analizziamo nello specifico il caso della prima, poichè si tratta di due copioni quasi del tutto simili.
Sono 3 i driver fondamentali, sviluppati negli ultimi 8/12 mesi e che hanno portato alle conseguenze di cui sopra: un progressivo abbassamento degli investimenti nel settore tecnologico (principale, se non unico, settore di raccolta depositi per SVB), la riduzione dei depositi in essere (causata dal fatto che le aziende finanziate dall’istituto californiano, essendo per gran parte start-up, bruciano molta cassa) e la forte discesa del valore degli asset sui quali tali depositi erano investiti (prevalentemente titoli di stato).
La paura che gli avvenimenti del 2008/2009 si replichino con tutte le loro negative conseguenze è alta, ma i principali analisti ci dicono che questo rischio, nonostante le simili condizioni di partenza, rimane abbastanza latente. Due sono le principali motivazioni per cui è il caso di non allarmarsi in maniera eccessiva; in primis il motivo scatenante, ovvero il deprezzamento degli asset detenuti dagli istituti di credito, è molto più chiaro e calcolabile rispetto a quanto fosse con la crisi subprime, dove l’utilizzo di un complicato sistema di strumenti derivati aveva reso i bilanci bancari molto più opachi.
In seconda battuta poi, bisogna tener presente che SVB non è considerabile come banca sistemica (il quale default causerebbe il famoso effetto domino), si tratta invece di una c.d. “regional bank”, elemento questo che limita molto il rischio di contagio nel sistema finanziario. Seppur delicato, l’equilibrio dovrebbe dunque mantenersi tale, soprattutto alla luce dell’intervento della Fed che ha assicurato la solvibilità dei depositi anche al di sopra della soglia di garanzia statunitense (250.000 dollari).