Di Maria Virginia Cinti
Vi lascio il rosmarino per i ricordi e le viole per i pensieri. Compagno di banco di Italo Calvino, che riposa nel piccolo cimitero di Castiglion della Pescaia in una tomba essenziale avvolta dal rosmarino che guarda il mare. Rami di rosmarino venivano posti tra le braccia dei defunti come simbolo dell’ immortalità dell’anima, ” rugiada del mare” il suo colore ricorda il colore del mare. Scalfari era nato a Civitavecchia e la sua casa si affacciava sul porto, aveva il mate negli occhi, dall’altro lato la casa guardava la chiesa di San Francesco. Era curioso del perché il Papa aveva scelto per se questo nome. Francesco era anche il nome di mio padre e io gli dissi pochi giorni prima che lui mi lasciasse e che il Papa scegliesse questo nome ” si chiameraà Francesco”.
Il babbo fu contento. Scalfari era attratto dalla personalità di questo uomo mediatico, Gesuita con un bagaglio enorme di umanità, di coraggio, per aver visto, vissuto, attraversato la vita degli ultimi. Con lui indagava il significato dell’ esistenza e della vita. Non credente rifletteva sul senso della fede sulla presenza di Dio. Uomo di grande intelligenza di capacità di ascolto con il suo sguardo penetrante capiva l’uomo che aveva di fronte. Un rivoluzionario che ha cambiato il giornalismo e la nostra storia. In molti lo amavano, non solo quelli della sinistra, non solo i laici ma ogni uomo di ogni diversa corrente di pensiero sapeva leggere la sua grandezza. Uno sguardo volto ai valori civili un pensiero moderno di democrazia e giustizia.
Ci lascia un grande vuoto, amavo le sue analisi lucide. Grande amico del Cardinal Martini anche lui Gesuita, persona che mi ha sempre affascinato , mente libera, se ne andò per anni a Gerusalemme a bere alla fonte. Scalfari ha cresciuto giornalisti di valore, innamorato del suo lavoro, attratto dalla forza del bene e di amore da ricercare in ogni azione. Molto razionale e irrazionale non poteva essere altrimenti. Il suo pensiero logico si univa all’imponderabile, al non circoscritto , non omologato. Amavo leggere i suoi articoli nella prima pagina di Repubblica che poi seguivano all’interno in genere a pagina 27.
Quando vedevo che erano troppo lunghi mi assaliva il desiderio, l’impazienza di leggerli fino in fondo, ciò’ si scontrava con la tirannia del tempo; avevo bisogno di dilatarlo. E lo amavo ancor di più perché sentivo vibrare in lui il pensiero del suo amico Calvino, “il mio barone rampante”, la Sanremo dell’ infanzia cercando fili invisibili da dipanare. Ambedue caratteri con una certa ritrosia, indagatori dell’ animo umano. Una fantasia magica li univa, innamorati della natura e del mare. Si portavano dentro le loro città invisibili che sognavano fossero popolate di altri uomini per rendere il mondo ancor più bello di come ci è stato dato in prestito. Dall’alto dei suoi 98 anni Scalfari indagava ogni sentiero, conosceva l’alba e il tramonto degli uomini.
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