di Massimo Gnagnarini ex assessore al Bilancio del Comune di Orvieto
Uno dei compiti di chi amministra la città è gestire al meglio il patrimonio pubblico. Lo si deve sempre fare cercando di metterlo a reddito e in alcuni casi alienandone qualche pezzo al fine di valorizzarne altri con progetti ben definiti e utili per tutti i cittadini.
La storia del patrimonio orvietano ha potuto contare negli anni ottanta nell’intervento straordinario dello Stato per centinaia di miliardi di lire serviti a finanziare il Progetto Orvieto frutto del lavoro e della lungimiranza di quella che può essere considerata l’ultima classe dirigente locale degna di questo nome.
Dopo è stato un delirio fatto di incompetenza , di abusi e di profittazioni.
Negli ultimi vent’anni, con l’unica eccezione dell’Amministrazione Germani che non ha venduto nulla e il merito personale di Toni Concina nell’aver almeno piazzato la farmacia comunale a un prezzo congruo, il Comune di Orvieto ha svenduto decine e decine di immobili, di attività industriali e commerciali senza riuscire a reinvestirne utilmente il ricavato. E così eccoci ad oggi , di nuovo, a osservare l’ennesimo affare tra pubblico e privato dove , ancora una volta, la bilancia sembra pendere a favore dell’interesse privato.
Si tratta dell’asta indetta per il prossimo 3 ottobre 2020 per l’alienazione del cosiddetto Complesso del Castello di Montiolo in località amena di Castegiorgio e di proprietà del Comune di Orvieto acquisita con il lascito del Conte C. Faina di cui l’omonimo prestigioso Museo prospiciente il Duomo di Orvieto.
MANCANO LE MOTIVAZIONI PER LA VENDITA
A giustificazione della attuale vendita l’Amministrazione comunale fa meramente riferimento a una sua precedente deliberazione di C.C n. 81 del 29 maggio 1989 nella quale si dice che : “
a seguito della richiesta da parte della Commissione Amministratrice della Fondazione per il museo “Claudio Faina” di procedere a “un riassetto della propria situazione finanziaria” … si autorizza la vendita straordinaria del Complesso immobiliare Montiolo , in deroga , una tantum, all’art. 3 dell’atto costitutivo dell’ente.
In altre parole farebbe fede il problema finanziario vero o presunto della Fondazione risalente a trenta anni fa e non si fa alcun cenno alla situazione finanziaria attuale della stessa. In realtà dal bilancio consuntivo 2019 e preventivo 2020 della Fondazione non appaiono passività da ripianare in misura compatibile al valore del bene posto in vendita, né, altresì, vi sono previsti nuovi investimenti da realizzare attraverso l’impiego del ricavato della vendita stessa.
LA STIMA NON TIENE CONTO DEL VALORE DI TRASFORMAZIONE
Nel 2011 il Comune di Orvieto – Fondazione museo C. Faina riprovò a vendere il Complesso del Castello di Montiolo con un prezzo a base d’asta fissato in 1.700.000 euro. La gara andò deserta e nei successivi dieci anni non se ne fece più nulla.
Nel 2019 il Comune di Castelgiorgio, sul cui territorio è dislocato l’immobile e i terreni annessi, ha approvato una variante al proprio PRG che destina alla suddetta area altri 4.428 mc di nuovi volumi costruttivi destinati ad attività turistico-ricettive determinando così una rilevante moltiplicazione del valore della proprietà stessa.
Così che, affatto sorprendentemente, solo qualche settimana dopo , nel dicembre del 2019, qualcuno si fa avanti e fa un offerta di acquisto commisurata, però, al solo valore patrimoniale intrinseco del bene.
Ad agosto del 2020 il Comune di Orvieto autorizza una nuova asta e mette il tutto in vendita a 804.000 euro. Ovvero a meno della metà della stima precedente ma, soprattutto, senza tener conto del nuovo valore edificatorio a tutto beneficio evidentemente dei fortunati acquirenti.
LA STRANA UBIQUITA’ NEI CESPITI DI BILANCIO DEL BENE IN VENDITA
Infine la questione sembra aver portato alla luce un’altra bizzarria ovvero che il complesso immobiliare posto in vendita appare iscritto sia nell’inventario del patrimonio del Comune sia in quello della Fondazione. In altre parole il suo valore concorrerebbe a formare sia il bilancio del Comune che quello della Fondazione. E’ una strana anomalia da sanare poiché lo stesso bene non può certo sostenere contemporaneamente i conti di due enti giuridicamente e fiscalmente distinti.
In conclusione questa faccenda appare del tutto sconclusionata, opaca e con forti elementi di illegittimità. La strada che invece si sarebbe dovuta seguire era di chiedere alla Fondazione un suo progetto di valorizzazione e ottimizzazione economica della sua mission nel più ampio contesto di gestione di tutti i nostri beni culturali cittadini e solo allora immaginare di finanziarsi attraverso la vendita del patrimonio senza incorrere in una sua palese sottovalutazione attraverso svendite improvvisate.
Ciò, ovviamente, nulla toglie alle apprezzabili intenzioni imprenditoriali dei futuri acquirenti ai quali andrebbe comunque la benemerenza di investire sul nostro territorio e magari di realizzarvi imprese economiche produttive in un settore , quello turistico, del tutto compatibili e apprezzabili con la vocazione turistica del nostro territorio.