Ironia, divertimento, tante risate, ma anche una stimolante riflessione sulla satira, sulla sua genesi, sui suoi limiti ed anche sui rischi che a volte si corrono nel praticarla. Sono stati questi i fili conduttori dell’insolito e scanzonato pomeriggio che la casa editrice Intermedia Edizioni ha proposto sabato al Centro studi per parlare del libro “Aforesismi” insieme all’autore Gianluca Foresi.
L’attore è stato sottoposto ad un vero e proprio processo, nell’aula dell’ex tribunale, con tanto di due veri avvocati nelle vesti del pubblico ministero e del difensore, Andrea Sacripanti e Dino Fratini. Prima del processo-spettacolo, Foresi ha dialogato con l’editore Claudio Lattanzi, spiegando come nascono le idee che poi si trasformano in battute e di quali siano, a suo giudizio, i limiti a cui attenersi.
“Non devono esistere confini alla satira-ha detto Foresi-perchè questo genere letterario svolge non solo la funzione di far sorridere e divertire, ma soprattutto quella di prendere le distanze dalla realtà, proponendo una chiave di lettura dei fatti deformata, surreale, eccentrica che serve a guardare ai fatti con occhi diversi, fuori dal conformismo. Uno sguardo alternativo, utile sicuramente a dissacrare, ma anche ad esorcizzare e riflettere secondo schemi non comuni”.
Foresi ha parlato del caso degli Stati Uniti dove il politicamente corretto restringe sempre di più gli spazi di espressione, ma dove la satira degli show televisivi prende di petto ogni tipo di argomenti senza tabù e con una dose di “cattiveria” che da noi sarebbe impensabile. “Personalmente l’unico elemento di autocensura che prendo in considerazione è quello legato alle malattie, per il resto scherzo su tutto: morte, politica, religione e sesso” ha spiegato l’attore, il cui libro contiene, oltre agli aforismi, anche alcuni brevi testi teatrali. Il processo si è svolto sotto la regia del presidente del tribunale Marco Marino, mentre accusa e difesa interrogavano i testimoni sulla base di prove d’accusa costituite da esempi di satira foresiana.
Una settantina di persone ha assistito alla messinscena. Bravissimi ad interpretare il ruolo di testimoni Meri Ripalvella, nel ruolo di un’amica di Greta Thoumberg, di Fabiola Brizi nei panni di una pia donna e Daniele Giakketta. Fondamentale il ruolo di Marzia Elisabetta Polacco che ha svolto le funzioni di collaboratrice del tribunale. Una menzione speciale al Centro studi che ha ospitato il processo, concluso con un’assoluzione, nelle persone del presidente Liliana Grasso, di Stefano Talamoni e Marina Mari.