di Andrea Impannati
Pier Paolo Pasolini, scrittore regista poeta, artista innovatore ed animo romantico, viene considerato dai critici moderni uno dei pensatori che ha più influenzato l’ambiente letterario della seconda metà del Novecento italiano. Il territorio dell’Italia centrale, nel quale ha vissuto gran parte della vita, è stato grande fonte ispiratrice, come possiamo osservare nella raccolta di poemetti pubblicata nel 1957, ‘Le Ceneri di Gramsci’.
Ne ‘Le Ceneri di Gramsci’, Pasolini, tratta della nuova società italiana, intrecciando dati autobiografici a riflessioni politiche e filosofiche, capaci di abbracciare la sfera della realtà, allontanando così il puro nozionismo immateriale. ‘L’Appennino’, il primo poemetto, realizza a pieno la visione del poeta, descrivendo l’Italia centrale da diverse prospettive seguendo il percorso della catena montuosa che divide longitudinalmente il nostro paese.
Orvieto assume centralità nel poemetto per l’immobilità storica in cui si trova da millenni.
‘Umana la luna da queste pietre
raggelate trae un calore
di alte passioni… È, dietro
il loro silenzio, il morto ardore
traspirato dalla muta origine:
il marmo, a Lucca o Pisa, il tufo
a Orvieto…’
La luna umana, quasi razionale, riceve di rimando la bellezza delle città attraverso l’inanimata staticità delle pietre su cui sono state costruite.
‘Non vi accende
la luna che grigiore, dove azzurri
gli etruschi dormono, non pende
che a udire voci di fanciulli
dai selciati di Pienza o Tarquinia…
Sui dossi risuonanti, brulli
ricava in mezzo all’Appennino
Orvieto, stretto sul colle sospeso
tra campi arati da orefici, miniature, e il cielo.
Orvieto illeso
tra i secoli, pesto di mura e tetti
sui vicoli di terra, con l’esodo
del mulo tra pesti giovinetti
impastati nel Tufo.’
Nei territori dell’Etruria si contrappone la vivacità giovanile ed il sonno immortale dell’antico popolo italico degli Etruschi. Su alture apparentemente spoglie spicca Orvieto, dove la coesistenza tra uomo e natura si fa marcata ed allo stesso tempo sublime. Il tufo orvietano è per Pasolini l’ancora ancestrale che unisce la modernità alle civiltà rurali, rappresentanti dei valori pre-consumisti, che possono essere ritrovati, secondo il poeta, anche nelle periferie proletarie dove la naturalezza prevale.