ORVIETO – Sarà inaugurata sabato 22 giugno alle 17.30 presso i locali di Villa Mercede, la mostra “Così Celeste. Da Galileo alla Stazione spaziale internazionale”, una rassegna incentrata sulla ricostruzione del’epopea delle conquiste spaziali, partendo niente meno che da Galileo Galilei. Saranno presenti alla mostra oggetti che hanno in un certo senso segnato, accompagnato, l’avventura umana nella conquista del cosmo, proprio a ridosso della ricorrenza dei cinquant’anni dalla conquista della Luna da parte dell’equipaggio di Apollo 11.
E proprio l’autentica polvere del nostro satellite, riportata a terra da Neil Armstrong e Buzz Aldrin, sarà uno dei pezzi pregiati presenti a Villa Mercede ma non solo: la tuta della prima astronauta italiana, Samanta Cristoforetti, sarà esposta insieme ad altri oggetti, piccoli e grandi che testimoniano la conquista dello spazio. La mostra, che chiuderà i battenti il prossimo 3 novembre (ingresso gratuito), è sponsorizzata dall’azienda Perfomance iN lighting, leader mondiale nell’illuminazione e nasce grazie alla disponibilità di una collezionista privata di Verona. Si avvale anche della consulenza scientifica dell’architetto Andrea Vagni “Nuova Pegaso” ed è stata curata ed organizzata grazie anche alla collaborazione di alcuni detenuti del carcere di Orvieto e dei soggetti in esecuzione penale esterna.
Ideatore della mostra è Massimo Marino De Caro. Cresciuto a Orvieto, è balzato alle cronache giudiziarie nel 2015 a seguito di un’indagine della magistratura di Napoli relativa alla scomparsa di migliaia di volumi antichi dalla biblioteca “dei Girolamini” di cui era direttore. I libri antichi, venne poi accertato, venivano rivenduti con guadagni a molti zeri, soprattutto all’estero e collocati presso collezionisti e antiquari.
Anche ultimamente era stato indagato per il furto di alcuni documenti dall’Opera del Duomo. Posizione poi archiviata grazie al riscontro con le relative ricevute di acquisto conservate e quindi esibite da De Caro. Complessivamente aveva accumulato 12 anni di condanne, poi considerevolmente ridotte per buona condotta, di cui 3 già scontati tra le carceri di Poggio Reale, Rebibbia e Orvieto. La sua storia ha trovato sfogo anche nelle pagine di un libro edito da Einaudi. E ci sono già tre case di produzione che addirittura, ne vorrebbero fare un film. Ora, De Caro, si dice essere “un uomo nuovo”.
“Voglio ritornare ad essere cittadino normale – racconta a cuore aperto – sono un uomo che ha fatto degli errori e li ha pagati ma che ora vuole ricominciare a vivere secondo un nuovo paradigma. Sono stato un ragazzo cresciuto troppo velocemente. Avevo una malattia per i libri antichi che negli anni si è trasformata quasi in feticismo. L’esperienza in carcere mi ha cambiato, ho conosciuto gli ultimi della società, ho visto i loro volti e ascoltato le loro esperienze”.
Ora De Caro ha deciso di ripartire proprio dalla sua Orvieto dove è ritornato dopo che la Corte dei Conti lo ha praticamente prosciugato di tutti i suoi beni.
“Sono ritornato a vivere qui sulla Rupe con i miei genitori – dice – voglio ricominciare da dove sono partito e dalla cosa più lontana dai libri antichi, ovvero lo spazio”. Ecco, appunto, l’idea di fare una mostra su Galileo Galilei. “Ho inoltrato la richiesta alla Cooperativa MIR e da parte loro c’è stata disponibilità ad aiutarmi. Ringrazio anche i Padri Mercedari che mi hanno messo a disposizione il luogo per organizzare la mostra.
Il mio percorso di vita mi ha portato a credere di nuovo nella fede, nel perdono, nella religione. Da adesso, visto che ho pagato il mio debito, vorrei essere giudicato per quello che farò non per quello che ho fatto”. L’auspicio di De Caro è quello di fare di questa mostra un museo permanente. “Spero che la città e le sue istituzioni mi accompagnino in questo mio sogno, con l’auspicio che quando si è in due a sognare, è una realtà che inizia a vivere” rimarca.
Da parte della Cooperativa Mir rappresentata da Alessandra Taddei c’è stata sin da subito la volontà di appoggiare l’iniziativa. “Abbiamo accolto la richiesta di Massimo con gioia perchè si è inserita in un programma che la MIR ha già da tempo sviluppato. La nostra è una cooperativa che ha come primario obiettivo proprio il reinserimento dei soggetti svantaggiati nella società. Un inserimento che sia però adeguato alle competenze di queste persone, che punti a sostenere attività sociali, artigianali e culturali.