di Gabriele Marcheggiani
Se qualcuno, poniamo il caso, decidesse di pubblicare un libro che tratti dei rapporti uomo – donna e più in particolare della bellezza del matrimonio, cercando attraverso la ricostruzione di un vero scambio epistolare tra amiche, di convincere i più titubanti del valore ineguagliabile di questa unione, state sicuri che si scatenerebbe la fine del mondo, le polemiche più accese e le recensioni più aspre accoglierebbero la sua uscita un po’ come furono salutati i romani alle Forche Caudine. Se poi l’autrice, ispirandosi a San Paolo, dà a questo volume il titolo di “Sposati e sii sottomessa“, la frittata è fatta e la terza guerra mondiale più vicina. Costanza Miriano, moglie e madre prima che giornalista, ha osato tanto e come c’era da aspettarsi, l’uscita del suo libro – tradotto anche in spagnolo e francese – ha scatenato un vespaio di polemiche con tanto di manifestazioni nelle quali sono state stracciate le pagine del suo volume.
Certo, il titolo sparato così a freddo non ha minimamente aiutato, seppure si stia parlando di un passo della Lettera agli Efesini, perchè si sa, spesso le persone già dal titolo pensano di aver capito tutto, di poter esprimere qualsiasi giudizio a prescindere dai contenuti reali …leggere e approfondire è fatica. Eppure l’autrice non appare proprio come un’integralista intransigente con la quale è difficile aprire un canale di dialogo: forte della sua fede e della sua esperienza, la Miriano vive coerentemente la sua vita matrimoniale e professionale, cercando al contrario, di aprire, anzi di spalancare, le strade del dialogo. Dal suo punto di vista, che è quello puro e semplice della dottrina cattolica, l’autrice non fa altro che rimanere fedele alla sua fede, che non prevede affatto, come vogliono far credere, che l’uomo abbia più diritti della donna o che questa debba obbedire in silenzio al suo sposo.
Semplicemente occorre una Conversione, un ribaltamento di punti di vista, un percorso che, al di là delle legittime posizioni di ciascuno, preveda un’apertura incondizionata verso l’altro, senza la quale non può esserci alcun tipo di dialogo. La conversione di cui la Miriano parla è un percorso da fare assieme, una strada senz’altro ardua e infarcita di rischi e pericoli sulla quale occorre camminare per raggiungere la mèta. E cos’è cristianamente la mèta, se non la santità, la pienezza di vita vissuta evangelicamente? L’incontro con l’altro è la strada maestra da percorrere, una strada che non è mai in piano e certamente non un tappeto di velluto; l’incontro con l’altro, nel matrimonio e in famiglia, è un vero e proprio atto di fede se rapportato nei giusti termini.
Nell’accettazione delle diversità e nella comprensione reciproca risiede una sorta di abbandono fiducioso l’uno nell’altro, ingrediente indispensabile perchè le cose funzionino a dovere. Ed ecco la sottomissione di cui parlava San Paolo e ripresa dall’autrice: una sottomissione non nei confronti dell’altro ma di sè stessi, che risiede nello sforzo quotidiano di convertirsi aprendosi e accettando le umane debolezze di chi si ha accanto. Ciascuno di noi, anche inconsapevolmente, è un dono per gli altri e prendere coscienza di questa peculiarità è fondamentale, soprattutto in famiglia. Dunque per San Paolo non è e non può essere una sottomissione intesa come cieca obbedienza come spesso fa comodo interpretare ai detrattori del valore cristiano del matrimonio. Ben oltre la parola in sè, che può anche apparire equivoca, c’è un significato pieno, c’è una Conversione che consente di spalancare le porte ad un mondo altro, come nel film “Solo cose belle”; perchè le parole sono un simbolo e spesso non riescono a significare appieno il senso delle cose, per questo occorre sempre guardare oltre quel pertugio.
Gabriele Marcheggiani