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Home Politica

La candidatura alle Europee di Vania Bracaletti: “Rimettere al centro dell’azione politica la libertà vera dei singoli cittadini”

Redazione by Redazione
19 Maggio 2019
in Politica, Amministrative 2019, Interviste ai candidati, Archivio notizie
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Orvietana doc ma trapiantata a Viterbo. E’  Vania Bracaletti, candidata alle Europee con i Popolari per l’Italia, nella Circoscrizione III – Lazio, Toscana, Umbria, Marche. Quella che segue è un’intervista a pagamento realizzata da Gabriele Marcheggiani:

D:Vania, innanzitutto presentiamoci

R: Sono una giovane mamma di due bambini, Matilde e Matteo, nonché titolare di uno studio legale insieme a mio marito Paolo. Nella mia vita le problematiche sociali e familiari hanno sempre avuto un interesse prioritario, tanto è vero che mi occupo principalmente degli aspetti giuridici legati al diritto di famiglia, non tralasciando le questioni penali.

D: Cosa ti ha spinto ad intraprendere questo progetto con tanto entusiasmo?

R:Oltre all’interesse per il sociale, l’incertezza per il futuro dei miei figli sicuramente è stato il motore prevalente; l’occasione la devo ad un incontro tenutosi alla Confartigianato di Viterbo con un componente della “Commissione Regionale Problemi sociali e Lavoro della Conferenza Episcopale del Lazio. Durante il dibattito sono emersi tutti i cambiamenti in atto nel passaggio da una società terziaria ad una società liquida dove il digitale e l’automazione la faranno da padroni. Questo mi ha stimolato a cercare di comprendere meglio i cambiamenti in atto per essere soggetto della storia.

D: Oggi tutti parlano di Europa ma pochi ne sanno, qual è la tua idea e la tua visione su questo?

R: In questi anni abbiamo assistito ad una Europa che oscillava tra il nazional-dirigismo di stampo francese, una social democrazia di stampo tedesco, un nazional- liberismo di stampo inglese, una Italia retta da una forma composita di dirigismo centralista e di spontaneismo. Tutto questo sta favorendo forme confuse di neocentralismo federalista, come la riforma delle regioni proposta dalla Lega o di anarco-federalismo che favorisce i sovranismi.

D: Secondo te occorre un cambio di paradigma pensando al futuro dell’Europa?

Questa Europa si sta costruendo su forme di competizione e di deregolamentazione di fatto. Due culture si stanno confrontando in Europa, la “cultura procedurale” e “ l’approccio radicale”. Una Europa che va per procedure favorisce una Europa delle burocrazie, che vara piani poliennali, pensati anni prima, i quali, spesso, non sono in grado di intercettare il cambiamento in atto . L’approccio radicale viene portato avanti da due culture completamente diverse ma che convergono sui risultati finali, la cultura dell’integralismo e la cultura laicista dell’indifferenza e dell’uso strumentale della realtà.

D: “Europa dei Popoli”: che significato ne dai te, rispetto alla visione spesso distorta che se ne percepisce?

R: compito della politica è quello di far convivere in un contesto storico gli interessi reali presenti, il contributo dei cristiani è quello di garantire i diritti dei più deboli e di quelli che non hanno voce sociale. La politica si deve riappropriare degli interessi da trattare e conseguentemente identificare attraverso quali processi si vogliono dare risposte alle esigenze concrete, non lasciando nelle sole mani dei “portatori di interessi” la definizione delle politiche attive della Unione Europea. Il mancato obbiettivo ad oggi della Unione Europea, è quello di non essere riuscita, con una costante e continua azione, a costruire una immagine di identità europea necessaria ad avviare una Europa dei cittadini.

D: Non credi che un Europa fondata solo sullo spread e sugli indici di bilancio non abbia un futuro?

R: Il progresso non può essere misurato solo da parametri relativi al profitto ma deve essere rapportato alla qualità della vita che produce ed al benessere sociale che diffonde. Il benessere di un popolo va misurato con criteri ben più ampi del prodotto interno lordo, occorre prendere in considerazione altri parametri come la sicurezza sociale, la salute, la crescita del capitale umano, la qualità della vita e del lavoro.

D: Il lavoro è produzione, ricchezza, economia che cresce ma anche e soprattutto dignità della persona: cosa può fare l’Europa secondo te?

R:Il nostro paese fonda la sua attività produttiva sulla piccola e media impresa.

Questa tipologia di impresa ha difficoltà ad affrontare le modificazioni e le innovazioni che riguardano il settore di attività, per questo avrebbe bisogno di una Europa in grado di dar vita a modelli di collaborazione comprendenti : partenership commerciali, nuovi investitori di capitale, acquisizione di società a valore aggiunto, modelli di collaborazione di settore.
Il lavoro distaccato dall’uomo sta permettendo alle strutture di mortificarlo, di svuotarlo dei suoi valori.

Dobbiamo batterci, anche nella società digitale, convinti che l’umanizzazione del lavoro contribuirà altresì ad una umanizzazione della società dove l’uomo ritroverà se stesso collaborando con i suoi simili nel raggiungimento di finalità nuove, che segnino lo sviluppo effettivo e reale della persona.

D: A tuo avviso c’è una differenza, anche culturale, tra l’idea che si ha di Europa tra i paesi del nord del continente e quelli dell’area mediterranea?

R:C’è una differenza netta tra la cultura dei Paesi del Nord Europa e quelli che facevano parte dell’Impero Romano.

Questi ultimi, a differenza dei primi, mettevano al centro la libertà della persona la quale poteva fare qualsiasi cosa eccetto ciò che era vietato dalla legge; mentre il diritto sassone che ha connaturato il legiferare comunitario, pretende di prevedere minutamente tutto quello che riguarda l’agire umano e solo quello che è previsto da una norma è consentito.

Di qui leggi molto prolisse e complesse, ove ciò che non è regolamentato deve ritenersi vietato.

Una aberrazione prima che giuridica, soprattutto morale.

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