di Roberto Pace
Orvieto chiama, Emanuele Pirro risponde. Anche stavolta, il penta trionfatore alla 24 ore di Le Mans, ha accolto l’invito del Presidente, Luciano Carboni e dell’Associazione della Castellana che ne annuncia la partecipazione alla serata “A tutto motore … aspettando la Castellana”, mercoledì 10 ottobre, dalle ore 17.30, nella Sala consiliare del Comune di Orvieto. Cambia la scenografia, Emanuele è stato già nella nostra città, due volte per incontri con gli studenti orvietani e un’altra per una serata tra amici del motore, anche questa organizzata dall’Associazione della Castellana, ma non si modifica il personaggio, con il suo bagaglio di oltre 500 partecipazioni a gare valide per titoli nazionali e internazionali, con il suo modo trasparente e semplice di inserirsi negli ambiti più diversi, purché si parli di corse e di automobili.
Fu così al Palacongressi, quando erudì gli studenti dell’IPSIA sulla bellezza e sui rischi della guida, dando consigli preziosi ai giovani prossimi a conseguire la patente, fece altrettanto a Piazza d’Armi (ex Caserma Piave), nella giornata definita “del patentino”, circondato dall’entusiasmo di oltre 1000 giovanissimi alle prese, a quel tempo, con i primi corsi per il patentino del ciclomotorista. Chi c’era, ricorderà anche come l’ex pilota di formula 1 mise alla frusta un Kart, girando sulla pista ricavata in piazza per la gioia di giovani e meno giovani. Non è cosa comune riscontrare in un personaggio, oggiambasciatore AUDI nel mondo e Commissario Internazionale FIA nel mondiale di F1, la semplicità e l’affabilità con la quale entra subito in sintonia con l’ambiente che, in quel momento, lo circonda E’ certamente uno che non se la tira, a differenza di altri, meno campioni, ma, di sicuro, più arroganti. Ad Emanuele Pirro, consorte belga, due figli maschi, uno dei quali, Cristoforo, venticinquenne ingegnere junior già inserito nel team Sauber Alfa Romeo di Leclerc e Giovinazzi, gli appassionati del motore che ci faranno compagnia il prossimo mercoledì, avranno l’opportunità di chiedere tutto e di più sul mondo delle corse.
Il pilota romano, la cui madre è nativa di Latera, in carriera è stato al volante di Kart, Formula Abarth (primo campione italiano), Beta Montecarlo Turbo, macchina sulla quale Cesare Fiorio lo fece esordire a Le Mans nel 1981, prima di arrivare in F1, dove ha preso il via in una cinquantina di Gran Premi. Nel 1988 diviene quasi giapponese, perché la Mc Laren Honda affida a lui il ruolo di pilota collaudatore nel momento in cui la casa anglo giapponese domina la scena mondiale con Senna e Prost.
Un ottimo trampolino di lancio per l’approdo nella massima formula e l’inizio della carriera nei Gran Premi. Debutta nel Gran Premio di Francia 1989 con la Benetton-Ford, al posto di Johnny Herbert. Nel biennio 1990-91corre con la BMS Dallara collezionando trentasette partenze. Purtroppo non riesce a trovare un volante in un top team, e allora decide di dedicarsi alle ruote coperte, dove sarà protagonista della massima categoria tecnologica mondiale. Nel 1994 e 1995 vince il Campionato Italiano Superturismo con l’Audi A4.
Diventa uno dei principali portacolori della casa degli anelli, sarà la grande svolta nella sua carriera, e quando il team di Ingolstadt decide di impegnarsi nelle corse Endurance ad alto livello il romano diventa uno dei protagonisti più blasonati della squadra tedesca. Nel 2000, a bordo della rinnovata Audi R8 Sport, coglie la sua prima vittoria nella “24 Ore” e, a bordo della stessa auto, vince anche la 12 Ore di Sebring. In tutto vince ben cinque maratone francesi, nel 2001 e nel 2005, è campione dell’American Le Mans Series.
A fine carriera, può dare libero sfogo alla seconda passione: correre con le storiche. “La mia avventura con storiche è nata parecchi anni fa, quando correvo ancora da professionista. Mi hanno chiesto di pilotare delle vetture storiche in varie manifestazioni, mi sono subito piaciute tanto, è bello pilotarle. Sono nato nel 1962, subito appassionato di motori e di corse, e da ragazzino leggevo le gesta dei grandi piloti degli anni ’70 che correvano a Le Mans, a Spa, a Monza con questi prototipi, sognavo di imitarli, e ci sono anche riuscito nella mia lunga carriera. Ora che non corro più da professionista riesco a dedicarmi maggiormente a queste auto, per fortuna c’è gente generosa che mi chiede di portarle in pista. Per pilotare queste vetture bisogna sapersi adattare, bisogna pensare e pilotare come allora.”
Correre con le storiche è una delle passioni di Emanuele Pirro e tra le varie attività legate al mondo delle corse coltiva anche quella di scorrazzare in pista con le vetture storiche. “La mia avventura con storiche è nata parecchi anni fa, quando correvo ancora da professionista. Mi hanno chiesto di pilotare delle vetture storiche in varie manifestazioni, mi sono subito piaciute tanto, è bello pilotarle. Sono nato nel 1962, subito appassionato di motori e di corse, e da ragazzino leggevo le gesta dei grandi piloti degli anni ’70 che correvano a Le Mans, a Spa, a Monza con questi prototipi, sognavo di imitarli, e ci sono anche riuscito nella mia lunga carriera. Ora che non corro più da professionista riesco a dedicarmi maggiormente a queste auto, per fortuna c’è gente generosa che mi chiede di portarle in pista. Per pilotare queste vetture bisogna sapersi adattare, bisogna pensare e pilotare come allora.”
La Ferrari 512 S è una delle auto storiche che più l’ha colpito:
“L’hanno guidata grandi campioni come Nino Vaccarella, John Surtes, Peter Shetty e Jacky Ickx, e rappresenta un’importante finestra temporale delle grandi gare di durata. È una macchina splendida, sia dal punto di vista meccanico che dell’importanza storica, va molto rispettata. Per pilotare queste vetture bisogna sapersi adattare, si deve pensare e pilotare come allora.
Rispetto alle vetture endurance che ho guidato io, questa è molto più pesante, goffa e impacciata nelle reazioni. Bisogna capirla, calarsi nella tecnologia del tempo, rispettare le sue caratteristiche ed i difetti, solo allora si può apprezzare le sua qualità, soprattutto quelle della parte meccanica con la potenza e la coppia del fantastico V12 di Maranello.” Oggi l’automobilismo moderno perdona tanto, fai l’errore e puoi subito recuperare. Ai miei tempi dovevi sempre capire il limite, avere sempre un margine per correggere l’errore.
Con le macchine e le piste moderne difficilmente ci si fa male, qualche decennio fa se uscivi di pista distruggevi la vettura, se andava bene, ma c’era sempre il rischio di farsi male. Era l’ampiezza o meno di quel margine che distingueva il pilota mediocre, magari veloce, dal campione. Sinceramente mi piace di più l’automobilismo passato, ogni era plasma i protagonisti di cui ha bisogno.
Mi sono appassionato seguendo le gesta di grandi campioni che si chiamavano Jackie Stewart, Clay Regazzoni, Mario Andretti, Jacky Ickx, Emerson Fittipaldi, James Hunt. Ho iniziato a correre con piloti del calibro di Ayrton Senna, Alain Prost, Nigel Mansell, grandi campioni, ma anche personaggi fuori dall’abitacolo. Oggi serve solo andare forte, altre caratteristiche come la personalità, il carattere, avere una propria identità anche fuori dalla pista servono sempre meno. Oggi arriva un ragazzino come Max Verstappen, basta che vada veloce e che sappia ripetere quello che gli dice l’addetto stampa di turno, non serve altro. Solo il tempo dirà cosa rimane di questi piloti e di questi uomini.”
Interessante, la sua opinione sulla Formula E: ”Credo che la cosa giusta nella modalità quotidiana sia un equilibrio tra mobilità elettrica e convenzionale a seconda delle location, delle esigenze, dei tragitti, e credo che lo stesso valga per il Motorsport. Perciò benvenuta la Formula E, godiamocela, ma cerchiamo di non criminalizzare e non vedere i motori a combustione interna come qualcosa in via di estinzione”.