ORVIETO – Qual’è il punto di forza dell’Orvietano? La riposta è: il capitale umano. Cosa si intende? L’insieme di conoscenze, competenze, abilità, emozioni, acquisite durante la vita da un individuo e finalizzate al raggiungimento di obiettivi sociali ed economici, singoli o collettivi. In soldoni: Orvieto è pieno di giovani menti brillanti, pluri laureate, intelligenti e potenzialmente “utilizzabili” per la crescita del territorio. Ma il problema qual’è? E’ proprio il territorio. O meglio, eccezion fatta per alcuni fiori all’occhiello specie nel campo della tecnologia, la sua mancanza di aziende, imprenditori e altrettanti menti brillanti capaci di mettere a disposizione il proprio know-how per trasformarlo in sviluppo territoriale. Una realtà sconcertante emersa dalle rilevazioni dell’ultimo e nuovo numero del Bollettino economico dell’Orvietano che dice testualmente: “Un punto di forza è rappresentato dal capitale umano, attesa l’elevata incidenza degli addetti alle professioni ad alta specializzazione ed il livello di scolarizzazione superiore. Tuttavia, l’offerta di tale input di produzione si può trasformare in sviluppo territoriale solo a condizione che, parallelamente, vi sia un habitat favorevole al suo impiego produttivo. In mancanza di tale requisito, nel lungo periodo, il capitale umano potrebbe andare a incrementare l’esportazione di know-how nei confronti di quelle aree a maggiore tasso di profittabilità”. Quindi ecco che Orvieto si impoverisce, svilisce e non cresce perdendo, anzi, la possibilità di un vero sviluppo culturale e territoriale. Inoltre, sempre secondo la lettura del Bollettino, il tessuto produttivo orvietano appare sensibilmente baricentrato sulla piccola impresa che presenta un’incidenza sul totale di oltre il 95%.
E’ evidente che la contenuta dimensione, in un contesto caratterizzato dalla necessità di competere in mercati globali, in molti casi non consente di sviluppare economie di scala e di scopo che possano generare risorse utilizzabili per ricerca, innovazione e marketing. Anche l’accesso al mercato dei capitali è ovviamente maggiormente complesso per piccole realtà imprenditoriali. Un punto di forza appare prospetticamente rappresentato dal livello di scolarizzazione superiore: Orvieto presenta un valore notevolmente maggiore sia rispetto a quello delle Aree Interne, sia in confronto con la media nazionale, ma sostanzialmente in linea con la media umbra.
Tale dato riveste, in un contesto di redditività futura, notevole importanza e attesta la rilevanza del capitale umano nell’economia della conoscenza. Gli aspetti demografici sono anch’essi uguali alla descritta situazione di stasi: la popolazione residente si è ridotta, nei comuni dell’Area Interna Sud Ovest Orvietano vi è stato un contenuto incremento, mentre a livello regionale si è palesata una sostanziale crescita. In generale, la stasi demografica e l’allungamento della vita media hanno innalzato l’indice di vecchiaia, con conseguentiimpatti economici: la crescita del PIL, maggiori finanziamenti di tipo assistenziale ed ovvi impatti sulla capacità innovativa di un’area economica; di contro questa stasi ha implicato un contenimento del tasso di disoccupazione che è rimasto sostanzialmente stabile, contro il sostanziale incremento a livello regionale (da 6,75% a 9%).
Nello stesso periodo risulta esponenziale la crescita degli immigrati, triplicati in Umbria e nel complesso dell’Area Interna, e addirittura quintuplicata nel comune di Orvieto. Per quanto concerne i depositi si è registrato un trend di crescita abbastanza significativo che si è interrotto nell’ultimo anno, quando la variazione dell’aggregato ha palesato una flessione superiore al 4%. Una dinamica non molto diversa hanno mostrato i prestiti bancari che, nel periodo preso in analisi, sono saliti grosso modo allo stesso tasso dei depositi.
Si può sostenere che il sistema creditizio orvietano ha palesato una buona tenuta nella capacità di finanziare l’economia: i saggi di variazione dei prestiti, con l’eccezione del 2014, sono superiori sia a livello provinciale sia a quello regionale che nazionale; tuttavia si presenta, in linea con il dato provinciale, un significativo gap nel moltiplicatore dei depositi rispetto al dato regionale e, soprattutto, a quello nazionale. Questo potrebbe essere spiegato da una serie di ragioni, in primis una più contenuta dinamica delle opportunità d’investimento industriale, frutto di una recessione più profonda di quanto non sperimentato a livello nazionale, riverberatasi in una domanda di credito meno dinamica. Da ultimo, potrebbe essere un atteggiamento del sistema creditizio locale di fronte al rischio di credito, forse indotto da un problema di scarsità relativa di garanzie di varia natura.
Un focus su uno dei settori trainanti dell’economia locale, quello della ricettività, ha mostrato una diminuzione degli arrivi e delle presenze tra il 2006 ed il 2009, anno durante il quale i flussi sono tornati a crescere fino a tornare sui valori d’inizio periodo nel 2013 per continuare poi con incrementi annuali più marcati nel 2014 e nel 2015. Tuttavia, la permanenza media nelle strutture ricettive subisce un calo generale coerente con la tendenza regionale: in particolare il settore alberghiero è in calo costante fino al 2013, mentre il settore extra-alberghiero ha vissuto in questi ultimi 10 anni una forte espansione.