L’Associazione Praesidium ci segnala questo articolo pubblicato il 27 ottobre 2016 sul giornale on line Corrierenazionale.net.
Ecco il testo dell’articolo a firma di Giacomo Marcario – Comitato di Redazione de “ Il Corriere Nazionale”
La Procura indaga sulle attività della Banca Popolare di Bari
Sembrava una nuvola bianca, una di quelle passeggere che ti passa sulla testa, ti lascia quattro gocce d’acque e via; quello che , invece, si è abbattuto sulla Banca Popolare di Bari è invece un vero fortunale, una tempesta monsonica che rischia di danneggiare l’immagine, la credibilità, l’operatività e la rappresentativa della stessa Banca.
Le notizie che seguono e sulle quali oseremo qualche commento sono quelle riportate dai maggiori quotidiani e settimanali italiani e diffuse da numerose emittenti televisive.
Tra queste citiamo il quotidiano L’Espresso che negli ultimi giorni ha dedicato alla Banca Popolare di Bari un ampio e documentato reportage dal titolo ”Banca nostra che comandi a Bari”, nel quale in modo critico ha fatto i conti in tasca all’ Istituto di Credito governato da oltre 10 lustri dalla potente Famiglia Jacobini e che tra bilanci in perdita e manovre sui titoli si trova ad affrontare la sua trasformazione in S.P.A a seguito di una legge approvata dal Parlamento, sostenuta dal Governo Renzi e sponsorizzata, guarda caso dalla Ministra plenipotenziaria Elena Boschi.
Le prime avvisaglie di crisi della Banca Popolare di Bari risalgono al 2015 quando, come segnala L’Espresso: “ La banca presieduta da Jacobini ha approvato il peggior bilancio della sua storia con 475 milioni di perdite, che si sono ridotte a 297 grazie ad alcune partite fiscali positive ( pagate dai soci, tanto per intenderci) per 177 milioni e con la correlata decisione di mandare in esodo incentivato 200 persone.
Il vistoso peggioramento rispetto al 2014, che si era chiuso invece con 24 milioni di profitto, viene in parte ( 271 milioni di euro) attribuito a questioni tecniche strettamente connesse alle rettifiche sui valori di alcune attività di bilancio.
A questo segnale decisamente negativo ne ha poi fatto seguito un altro: quello del taglio del valore delle azioni dal 9,53 a 7,50 euro, deciso dall’Assemblea dei Soci/Azionisti convocata in data 24.04.2016 con una perdita secca del 21% in un solo colpo. Una decisione che ha irritato non poco gli oltre 70 mila soci della Banca Popolare di Bari, che con quasi 15 miliardi di attivi, 385 filiali, oltre 3mila dipendenti, è la più grande Banca Popolare del Mezzogiorno. Una situazione di particolare gravità che ha spinto numerosi azionisti a scendere in piazza per protestare ed avere spiegazioni ed assicurazioni sulle strategie della banca finalizzate alla sua normalizzazione ed al recupero della sua operatività e liquidità. Sulla gestione della Banca pesano decisioni sbagliate e comunque no ponderate così come dovevano.
Nel 2014 Jacobini aveva raccolto 800 milioni di euro piazzando titoli a migliaia di risparmiatori; sempre nel 2014 la Banca Popolare di Bari ha venduto 200 milioni di obbligazioni subordinate, investimento sicuramente ( ma anche purtroppo virtualmente) ad alto reddito ( 6,5% annuo) ma di certo meno garantito dei classici bond, come hanno scoperto negli ultimi mesi ( sulla loro pelle) i clienti di Banche liquidate a partire da Banca Etruria. Grazie all’incredibile vendita di obbligazioni, il numero dei soci della Popolare di Bari è cresciuto in maniera esponenziale passando da 50mila soci agli attuali 70mila, a cui fa capo l’intero capitale sociale della Banca.
Un problema non indifferente se si pensa un attimo al fatto che le azioni della Popolare di Bari non sono ancora quotate in borsa, e quindi chi vuole rivendere le azioni acquistate deve gioco forza attenersi di anno in anno alla valutazione degli amministratori ed essere poi sottoposta alla decisone finale dell’assemblea dei soci. In pratica lo stesso sistema che ha già dato fregature e pessimi risultati ai soci coinvolti nelle crisi della Veneto Banca e della Popolare di Vicenza.
La Banca a sua volta si difende sostenendo che “il titolo è quello che ha meno subito gli effetti drammatici della più acuta crisi del sistema bancario e quanto alla liquidità della banca, certa della propria solidità e forza industriale, la stessa è impegnata con ogni energia a perseguire risultati che possano ricreare le condizioni perché si ripristini la fluidità del mercato, come avvenuto da 60 anni”.
Purtroppo però da un anno non è così e le richieste di vendere le azioni restano inevase a causa dello sbilancio che dal salvataggio ed acquisizione di quelle che vengono considerate le quattro “good bank” si è creato tra migliaia di soci , anche di altre Regioni, che chiedono di vendere azioni non quotate ma che in concreto quasi nessuno vuole comprare.
In molti ritengono che vada messo sotto accusa il management della banca, tra i quali compaiono non solo il Presidente Marco Jacobini ma anche il figlio Gianluca (condirettore generale) e Luigi Jacobini ( vice direttore generale) per aver suggerito e sostenuto operazioni che oggi si sono rivelate sbagliate e disastrose come l’acquisto di banche che si sono portate dietro più debiti che crediti; d’altra parte un dato parla chiaro la Banca Popolare ( ben consapevole dei grossi rischi che stava correndo) ha aumentato nel 2015 gli accantonamenti sui prestiti a rischio rispetto al 2014 raddoppiandoli e portandoli a 264 milioni
I Soci particolarmente amareggiati e delusi dal management non hanno, poi, di certo apprezzato la decisione, che è sembrata un calcio in bocca al buon senso ed un offesa per quei soci che oggi rischiano di finire sul lastrico non potendo ottenere la liquidità dalla banca, presa dal Consiglio di Amministrazione ovvero di aumentare lo stipendio a tutti i dirigenti apicali; solo per fare un esempio il Presidente Jacobini si è visto aumentare lo stipendio a 700mila euro, 50mila euro in più rispetto al 2014 e così dicasi per tutti gli altri. Un tempo questi benefit venivano riconosciuti e concessi a seguito di performance che avevano prodotto utili e vantaggi oggi, che strano, si premiano le performance che rischiano di portare la Banca al default.
Allo sciopero di protesta dei soci della Banca ha fatto seguito la denuncia all’autorità giudiziaria presentata da numerosi soci che chiedono di conoscere la verità; un passaggio giusto e doveroso per cercare di evitare o limitare le conseguenze gravissime determinate dalle consistenti perdite subite dalla banca ed in particolare la perdita in un sol colpo di tutti i propri risparmi.
La Procura di Bari da luglio indaga sulle ricapitalizzazioni incrociate con Cariferrara e vuole vederci chiaro anche su alcune cessioni di azioni fatte nei giorni del decreto di riforma delle popolari, oltre che su ipotesi di finanziamento a soci locali per comprare azioni . Bankitalia dall’estate conduce un’ispezione a tappeto sul gruppo, indiscrezioni parlano di una situazione molto grave, ma è opportuno aspettare di conoscere gli esiti per fare valutazioni più appropriate. In questo clima si sta preparando l’assemblea che si preannuncia di vitale importanza per il futuro della banca Popolare per convertire l’istituto in S.p.A. La stessa dovrebbe tenersi l’11 dicembre 2016, a pochi giorni dal termine ultimo posto dal governo:
A giorni conosceremo il prezzo e l’ammontare del recesso per i soci che non vogliono diventare “azionisti”; va detto, infine, che sia pur decurtati i 7,50 euro attuali valorizzano la banca Popolare di Bari molto di più del patrimonio netto, mentre in Borsa le banche rivali quotano a meno di metà. Sarà un test al fulmicotone che già da ora sta mettendo a dura prova le coronarie dei soci e della stessa proprietà. Tutti si augurano che sia stato solo un grosso fuoco di paglia, d’altra parte l’alternativa è quella ben più grave di una banca che rischia, a causa dei suoi stessi errori, di essere messa in liquidazione.