ORVIETO – Essenzialmente sono stati motivi di cassa, quella comunale, ad imporre agli albergatori, con un provvedimento scattato nel 2014, di far pagare il cosiddetto obolo a chi sceglieva questa o quella struttura (la differenza tra i pronomi la fanno le stelle).
Per ammissione dello stesso assessore al bilancio Massimo Gnagnarini «non fu una grande scelta anzi un errore. Tuttavia bisognava trovare nuove entrate e la tassa di soggiorno era forse l’unica che consentiva di proporre un piano». E che sia stato un boccone amaro da far mandare giù agli operatori lo si è visto subito. Ad accompagnare l’istituzione di quella che, in molti definiscono “elemosina al Comune”, qualcuno ne avrà memoria, sono state polemiche acide ma, alla fine, il leitmotiv è stato: “va bene, ce la facciamo piacere purché finanzi investimenti”. Quali?
Ecco che allora a riaprire la ferita, non molto tempo fa, è stata l’approvazione da parte della Giunta della destinazione 2015-2017 del gettito derivate dall’imposta di soggiorno ipotizzato in 400mila euro all’anno. Di questi, da un estremo all’altro, non sono passati inosservati quei 133.350 euro che saranno impegnati per la voce “illuminazione pubblica”.
E i famosi 25mila euro all’anno per la promozione. Sono di nuovo dolori di pancia. La prima ad andare su tutte le furie per l’esiguità del contributo da destinare alla promozione turistica è stata l’associazione Abba che riunisce le strutture dei B&B di Orvieto. E poi nell’ultimo consiglio comunale la questione è stata risollevata dal consigliere Andrea Sacripanti che in una mozione, bocciata poi dal consiglio, chiedeva di introdurre «un nuovo capitolo di bilancio denominato promozione turistica della città nel quale poter far confluire almeno il 60% degli introiti che altrimenti rischierebbe di perdersi nella fiscalità generale, come già successo nel 2015».
Ora a soffiare sui tizzoni ardenti ci ha pensato la Federalberghi che punta il dito contro il Comune perché «Orvieto – dice – è la città umbra con l’imposta di soggiorno più alta» chiedendo dunque di mettere sul piatto del confronto «sistemi che limitino il peso dell’imposta di soggiorno specialmente sui gruppi organizzati».
A partire dall’assioma condiviso dagli operatori: mentre per chi frequenta gli hotel per motivi di lavoro la tassa è tollerata, anche perché rimborsata, per i turisti che visitano le città con i propri familiari la tassa incide sino al punto di far “deviare” in altri comuni il soggiorno o ridurne il numero dei pernottamenti. Spostando il punto di vista, però, c’è anche chi sposa l’idea che “i turisti non si fermano a dormire, non per la tassa di soggiorno ma per il costo eccessivo degli hotel che non sono all’altezza dei servizi pagati”.
Fatto sta, comunque, che in piena stagione turistica l’argomento tassa di soggiorno non può passare inosservato. E non si è fatta attendere la replica dell’assessore a mobilità e trasporti Andrea Vincenti che sbandiera con orgoglio i segni “più” che hanno contraddistinto il primo semestre 2016 chiusosi «con un +10,70% di presenze nel comprensorio, coronato dal +16,39% (che sale a +18,34% del settore alberghiero) del solo Comune di Orvieto che continua – ormai da due anni consecutivi – a crescere in doppia cifra».
«La realtà oggettiva, dunque – chiosa Vincenti – stride in maniera vistosa con i falsi allarmi». E per quanto riguarda gli investimenti l’assessore precisa che «nonostante invalicabili ristrettezze finanziarie e l’impossibilità di contrarre ulteriori debiti, l’amministrazione ha lavorato con costanza per limare le conseguenze della tassa, anche con specifico riguardo ai gruppi organizzati. Ed ha investito tutto il margine che si poteva per migliorare l’accoglienza turistica». Ovvero: nuovo punto di arrivo in piazza della Pace, il centro di orientamento turistico-multimediale OrvietoVIE a palazzo Simoncelli. Entro l’anno, inoltre, verrà migliorata e in alcuni casi sostituita la segnaletica turistica. Ma allora, il turismo ad Orvieto è solo una questione di numeri o anche di qualità?
Sara Simonetti