La Giunta ha approvato l’adesione del Comune di Orvieto al progetto di candidatura per il riconoscimento del merletto italiano come patrimonio immateriale dell’UNESCO, autorizzando il Sindaco alla sottoscrizione dell’apposito protocollo d’intesa tra i Sindaci dei 16 comuni coinvolti: Bologna, Bolsena, Cantù, Chiavari, Chioggia, Forlì, Meldola, Gorizia, L’Aquila, Latronico, Orvieto, Rapallo, Sansepolcro, Santa Margherita Ligure, Varallo Sesia e Venezia.
Il protocollo, attualmente in fase di approvazione presso i vari Enti Locali, definisce con i Comuni interessati la costituzione di una rete volta a promuovere e sostenere tale progetto che sarà supportato da eventi, incontri e manifestazioni mirate.
Come è noto, con la legge 167/2007 l’Italia ha ratificato e dato esecuzione alla Convenzione per la Salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, adottata il 30 aprile 2006 dalla Conferenza Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura – United Nation Educational, Scientific and Cultural Organization (UNESCO). Convenzione che impegna gli stati firmatari a salvaguardare gli elementi e le espressioni del Patrimonio Culturale Immateriale, a promuovere ai vari livelli (locale, nazionale e internazionale) la consapevolezza del loro valore in quanto componenti vitali delle culture tradizionali, ad assicurare che tale valore sia reciprocamente apprezzato dalle diverse comunità, gruppi e individui interessati e ad incoraggiare le relative attività di cooperazione e sostegno su scala internazionale.
In questo quadro di riferimento, il ricamo e il merletto si costituiscono come un’arte antichissima, apparsa molto probabilmente in Oriente, poi arrivata in Occidente. Già dall’antichità il ricamo rappresentava il modo più semplice per impreziosire e personalizzare i capi d’abbigliamento indossati da personaggi di grande risalto politico e religioso, aumentandone così dignità e prestigio.
L’esperienza e la tradizione italiana dimostrano che il ricamo è stato uno strumento importante della crescita e dell’identità nazionale, con moltissimi laboratori spontanei ad uso familiare sino a giungere, in tempi più recenti, a quelli industriali.
Nel corso del tempo, in ogni regione italiana le pratiche artigianali del ricamo e del merletto si sono differenziate con punti e metodi diversi che rappresentano ancora oggi un patrimonio da preservare e riscoprire come veicolo espressivo di cultura, usanze, storia e tradizioni. Proprio in questa direzione da numerosi Comuni è stato promosso l’ambizioso progetto di ottenere il riconoscimento del Merletto Italiano come Patrimonio Immateriale dell’Umanità dell’UNESCO.
Il termine “trina” riferibile al mondo arabo, spiega come il merletto compaia a Venezia, Genova e anche in Sicilia, centri che avevano maggiori rapporti con la cultura araba. Nei primi libri di modelli, stampati prevalentemente a Venezia, all’inizio del secolo XV si riferisce che il disegno preparatorio veniva richiesto ad un’artista ed eseguito da nobili dame tra le quali, Isabella d’Este, Vittoria Colonna e Caterina de’Medici, che nel 1532 fu ospite della famiglia orvietana Simoncelli nell’omonimo palazzo.
Orvieto vanta una grande tradizione particolarmente legata alla storia e ai simboli culturali della città. Nel giugno del 1907 sorse la società di Patronato denominata Ars Wetana. L’idea era stata lanciata dal Senatore Conte Eugenio Faina e realizzata grazie alla nipote Maria Vittoria e alle N.D. Eugenia Petrangeli e Paolina Valentini che si occuparono di individuare un lavoro semplice ma pregevole, che le donne del popolo potessero svolgere a domicilio. La scelta cadde sul merletto di filo di Irlanda che, oltre ad effetti artisticamente suggestivi, presentava sul piano tecnico l’opportunità di suddividere la lavorazione di uno stesso manufatto tra più operaie.
I maggiori monumenti della città influenzarono la scelta dei motivi ornamentali, infatti, come recita lo statuto dell’Ars Wetana: “…La società si propone di svolgere attività di produzione e confezionamento di merletti e trine… con particolari richiami ornamentali al duomo di Orvieto” questa enunciazione si riflette nella realizzazione del motivo decorativo a ornato che riprende nel disegno i giragli fogliformi di edera, acanto e vite che, in un affascinante gioco di arabeschi, separano le storie della Genesi nei bassorilievi dei quattro pilastri della facciata del Duomo di Orvieto, attribuiti a Lorenzo Maitani.
Ad Orvieto, in particolare, il termine “merletto” si riferisce ai merli posti a coronamento degli edifici medievali diffusi nella città, di cui il Palazzo del Capitano del Popolo ne è un emblema: pizzi e merletti sono rappresentativi delle forme appuntite di questi manufatti
Anche dopo la conclusione dell’esperienza dell’associazione Ars Wetana, si cercò di mantenere la tradizione dando, negli anni ‘70 un nuovo impulso all’attività artigianale del merletto: proprio nel 1975, nell’ambito di un programma di promozione delle attività artigianali avviato dal Centro di formazione regionale dell’Umbria, l’Amministrazione Comunale istituì un corso speciale di formazione professionale per la lavorazione artistica delle trine e dei merletti.
Ai giorni nostri, il merletto rappresenta quindi un settore importante della tradizione artigianale orvietana che va riscoperto, studiato, rivitalizzato e che potrebbe contribuire a dare un impulso effettivo ed efficace allo sviluppo economico del comprensorio. Questa arte è ancora viva grazie al lavoro di artigiane private costituite nell’associazione Atelier Merletto di Orvieto che si occupa in modo sistematico del reperimento del materiale lavorato con le tecniche del merletto di Orvieto e la riproduzione dei disegni; associazione che svolge anche una funzione di formazione volta alle nuove generazioni.
Su incipit del Sindaco di Bolsena partecipano alla “rete” varie comunità operanti in Italia: Merletto di Venezia, Burano e Pellestrina (Veneto); Merletto di Burano (Veneto); Merletto a fuselli di Chioggia (Veneto); Fondazione Scuola Merletti di Gorizia (Friuli Venezia Giulia); Associazione Merletti d’Arte Cantù (Lombardia); Merletto della Valsesia, Società Operaia di Varallo per il Puncetto Valsesiano (Piemonte); Il Merletto di Bologna, Aemilia Ars Bologna (Emilia Romagna); Associazione Culturale “Fili e spilli” Meldola e Forlì (Emilia Romagna); Macramè di Chiavari (Liguria); La rete filet di Bolsena, Associazione Bolsena Ricama (Lazio); Merletto di Orvieto, Associazione Bolsena Ricama (Lazio/Umbria); Il Merletto di Orvieto, Associazione Atelier Merletto di Orvieto (Umbria); Tombolo aquilano antico, tombolo aquilano nuovo o geometrico (Abruzzo); Puntino ad ago di Latronico (Basilicata); Pizzo a tombolo di Rapallo, Associazione Culturale “Bella Nina”; Merletto a fuselli ligure di Santa Margherita Ligure, Associazione “Amici del Tombolo”; Merletto a fuselli di Sansepolcro, Associazione “Il Merletto nella città di Piero della Francesca”.
Al progetto si sono associate per costituire “rete” anche la Fondazione Casse di Risparmio dichiarandosi disponibile a condividere il progetto anche dal punto di vista finanziario, con il coordinamento del Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto.