ORVIETO La vergogna di raccontare, la paura di non essere credute, non tutte le donne vittima di violenza ci riescono, invece è fondamentale: denunciare subito il proprio aguzzino.
Quello dell’avvocato del foro di Perugia Emanuele Florindi suona quasi come un appello perché di casi così ne ha visti a iosa e sa bene i sentimenti che si nascondono nelle donne che subiscono questo tipo di oltraggio. Le tre ragazze che in questi giorni sono rimaste vittime di violenze (una palpeggiata da un 85enne, l’altra stuprata da un uomo di 52 anni e un’altra violentata quando ancora era minorenne) hanno trovato la forza di denunciare e lo hanno fatto subito.
«Prima si presenta querela o denuncia e meglio è – spiega l’avvocato – è un’esigenza di carattere probatorio perché prima si denunciano i fatti e prima la polizia giudiziaria si può muovere. Il rischio in cui si incorre, infatti, è l’inquinamento delle prove, ecco perché chi subisce violenza dovrebbe fare querela contestualmente alla visita al pronto soccorso. E’ qui infatti che avviene la raccolta delle prove più importanti».Occorre poi saper anche trattare i reperti raccolti tanto che è nata una specializzazione forense atta proprio ad evitare gli errori più comuni in fase di indagini.
«Non dimentichiamoci poi – sottolinea Florindi – che un ruolo determinante lo svolge chi raccoglie per primo lo sfogo della vittima. Chi ha subito violenza infatti è sopraffatta da una serie di sentimenti non facili da gestire». Ma la cosa ancor più difficile da capire è il perché, dietro una denuncia, non c’è l’arresto immediato. «La legge richiede che venga applicata al soggetto indagato la misura cautelare più lieve tra quelle possibili – spiega ancora il legale – Se c’è il rischio di reiterazione di reato, ad esempio, può arrivare l’arresto ma è la magistratura, in particolare il pubblico ministero, che può chiedere l’applicazione della misura e il gip può concederla. E comunque, finché non passa in giudicato, il soggetto è comunque innocente». E le donne, invece, che tutele hanno? «Nel momento in cui denunciano hanno vari strumenti di tutela: a cominciare dalla difesa legale. Poi ci sono vari strumenti processuali per dare maggior sicurezza come l’incidente probatorio o il colloquio con la psicologa».
Eppure nel mondo forense, l’iter che ha avuto il reato, lo chiamano “Rivoluzione copernicana” . «Fino al 1996 la violenza sessuale non era un reato contro la persona, pur essendo punita con sanzioni simili a quella di oggi – conclude Florindi – ma era un reato contro la morale pubblica e buon costume. E’ stata la legge 66 del 1996 che ha disposto poi lo spostamento dei delitti sessuali nel libro secondo dedicato ai delitti contro la libertà personale».
Sa.Simo