Dopo l’esperienza della Open Space Tecnology ed alla luce di quanto emerso al X Incontro del Tavolo Nazionale dei Contratti di Fiume incentrato sulla buona governance dell’acqua e dei territori per il miglioramento delle politiche sull’acqua, che si è svolto recentemente presso l’EXPO di Milano, martedì 3 novembre a partire dalle ore 17.30 presso la Sala Consiliare si terrà la riunione per condividere con le associazioni e le categorie economiche i contenuti del documento finale che assegna un ruolo chiave alle Regioni e alle comunità locali nel determinare il cambiamento.
Interverranno, l’Arch. Massimo Bastiani, Responsabile Nazionale dei “Contratti di Fiume”, il Prof. Endro Martini, Presidente dell’Alta Scuola e Responsabile del Tavolo sul rischio idraulico del “Contratto di Fiume” del Paglia-Chiani costituitosi in occasione dell’open space tecnology del 14 luglio u.s., e i Sindaci interessati dal percorso dei fiumi nel sub bacino del Paglia-Chiani e basso Tevere umbro.
Partendo dalle tappe più significative che hanno caratterizzato nell’ultimo decennio la diffusione dei Contratti di Fiume in Italia, il documento finale del Tavolo Nazionale sottolinea come “il ‘Contratto di Fiume’ è un esempio di partecipazione volontaria e sperimentazione di democrazia diretta, un interlocutore affidabile per le istituzioni e le comunità locali, nel quale ciascuno può riconoscersi ed al quale tutti possono contribuire.
E’ quindi intento del Coordinamento Nazionale dei Contratti di Fiume, consolidare la presenza e la qualità dei Contratti in Italia e, in particolare, nelle regioni del sud, attraverso un sostegno alle iniziative in corso.
Se i fiumi possono essere considerati la cartina di tornasole dei territori, nel senso che pagano per primi le conseguenze delle decisioni politiche, economiche e sociali, dai fiumi si può ripartire per migliorare la gestione dei territori.
Alle Regioni si chiede di: armonizzare gli approcci e di integrare le iniziative con le politiche ordinarie, in un quadro di area vasta da verificarsi insieme alle autorità dei distretti idrografici; favorire l’orientamento dei processi verso il raggiungimento degli obiettivi di qualità e sicurezza indicati dalle direttive e dagli strumenti sovraordinati.
Quella delle Regioni dovrà essere un’azione attenta che non ‘imbrigli’ i processi in eccessivi appesantimenti o formalizzazioni, i Contratti sono e devono rimanere strumenti volontari ed adottarli o meno, deve costituire esclusivamente una libera scelta dei territori.
Al Governo si chiede di: accelerare il processo di riconoscimento di questo strumento e di considerarlo una opportunità per la riduzione del rischio idrogeologico, il miglioramento della qualità delle acque, del paesaggio, per la valorizzazione della natura e dei servizi eco sistemici.
I Contratti di Fiume insieme alla Strategia per le Aree Interne, fanno certamente parte, di quegli strumenti in grado di migliorare l’utilizzo delle risorse europee e nazionali, invertendo il ciclo ‘risorse finanziarie-progetti-territori’ con quello ‘territori-progetti-risorse finanziarie’. Di avviare uno spostamento di risorse e di investimenti dalla gestione dell’emergenza alla prevenzione. Aprire ai Contratti di Fiume il dibattito sulla revisione della direttiva 2000/60/CE aprendo al riconoscimento di forme pattizie ed accordi strutturati.
Avviare un nuovo ciclo è certamente complesso ma ancora possibile, spetta ad ogni territorio riprendere l’iniziativa avviando un processo di fiducia ed auto-apprendimento sociale da diffondere all’interno delle rispettive comunità locali. Si tratta di diventare portatori di un cambiamento pacifico, un cambiamento etico basato sul principio di ‘responsabilità’. Responsabilità verso i propri simili, responsabilità verso il futuro.
Attraverso i Contratti di Fiume si possono sperimentare le forme di una Buona Governance che consenta di portare il proprio punto di vista assieme a quello degli altri e di moltiplicare le opportunità piuttosto che imporre le proprie ragioni. Una forma di Governance attraverso la quale le decisioni diventino operative e durature, perché frutto di un processo di reale condivisione.
Ciò che viene messo in comune non è semplicemente un bene o una risorsa, ma un modo di agire sociale. nella gestione di sistemi di governo e campi d’azione complessi, che vanno dall’ambiente, all’economia, alla stessa organizzazione sociale, non è infatti possibile sfruttare il solo ricorso a forme autoritative basate sui rapporti di forza”.