È l’alba del 14 maggio, siamo a Marta: il Tamburino passa per le vie del paese e dà la sveglia alle case, annunciando che la Festa è finalmente arrivata. Rullate insistite che percuotono l’aria ferma del mattino, cadenza caratteristica che scandirà l’intera giornata. È così che ha inizio la Festa della Madonna del Monte, anche nota come Festa delle Passate.
A scanso d’equivoci, va subito detto che qualunque tentativo di restituire attraverso la scrittura tutto il groviglio palpitante di vitalità, passioni, emozioni, energia, commozione e fede in cui consiste la Festa per eccellenza di Marta è destinato a fallire in modo frustrante. Bisogna esserci per capire veramente, bisogna permettere al vortice di petali di ginestra che riempie l’aria di prenderci in pieno e trasmetterci quel senso di rinascita alla vita di cui vuol essere augurio.
Pertanto, qui sarà meglio soffermarci su un aspetto della Festa delle Passate che ci sembra molto attuale e che, d’altra parte, rappresenta forse il cuore civile della Festa. Se infatti la piaga della disoccupazione pone drammaticamente il problema del lavoro e del suo significato nell’odierno sistema economico e politico, la Festa della Madonna del Monte può essere un’occasione per riconciliarsi con il valore umano e sociale più profondo del lavoro, finalmente rappresentato in termini gioiosi e vitali, e non più solo come fredda materia economica o, peggio, dolente rassegna stampa.
Ma perché il lavoro è così importante nella Festa della Passate? Per la semplice ragione che i lavoratori vi hanno la parte dei protagonisti. Lo scopo della Festa è, infatti, portare in offerta alla Madonna del Monte presso il suo Santuario i frutti della terra e del lago per ringraziarla e chiederle di continuare a vegliare sulla prosperità del paese. Ebbene, la processione che si dirige al Santuario è capeggiata proprio dalle quattro categorie di lavoratori che riassumono in sé l’economia locale d’un tempo (e, in parte, anche di oggi): i Casenghi, i Bifolchi, i Villani e i Pescatori.
È interessante che nella sfilata le autorità politiche e religiose stiano dietro, perché è anche così che si rappresenta la centralità del lavoro per gli individui, nonché il suo valore fondante e trainante per l’intera collettività. Il lavoro è principalmente il modo in cui l’uomo si confronta con le avversità della sorte, con le asperità del proprio cammino quotidiano. È un percorso individuale che, tuttavia, per la propria durezza non può fare a meno del sostegno di tutta la comunità e, in ultimo, anche della fede e dell’intervento divino. Gli esseri umani sono fragili e bisognosi: per questo devono lavorare e attraverso la fatica procurarsi di che vivere (“Con il sudore del tuo volto mangerai il pane” Genesi, 19). Ma è quindi nel lavoro che sperimentiamo anzitutto la nostra natura limitata e finita che, come tale, richiede necessariamente solidarietà e fede affinché ci sia possibile onorare fino in fondo l’impegno di vivere.
Dalla Festa della Madonna del Monte può dunque venirci una lezione profonda e attuale: quella del rispetto e della civiltà del lavoro.