di Dante Freddi
Una ventina di studenti giapponesi della Tokio Keizai University stanno studiando a Orvieto il modello delle “città slow” ed il metodo adottato per lo sviluppo locale sostenibile dall’”Associazione Cittaslow International – Rete internazionale delle città del buon vivere” che ha sede nella nostra città.
Gli studenti hanno anche visitato il Centro Studi e sembra che si sia aperta una porta verso l’università orientale.
Una scintilla, di quelle che servono per accendere qualcosa.
La notizia, abbastanza di routine, è stimolo per una nota sul Centro Studi, che è partito con il piede giusto e ora ha necessità soprattutto di credibilità e di fiducia.
Le due esperienze, Centro studi e Cittàslw, che vivono faticosamente in una città indifferente, sono osmotiche, consentono scambi stimolanti, possono produrre risultati economici e culturali, ma soffrono di strascichi negativi che hanno radici alla fine del Novecento e nei primi anni del Duemila.
Soffrono di imprinting cimicchiano e non sono bastati oltre una decina d’anni di “purificazione” operata dalla sinistra mociocapocciana e poi dalla destra per potersi affrancare.
Ormai sarebbe il caso di tirare una linea e andare avanti, tra l’altro con una lettura più serena degli anni di Cimicchi sindaco, gli ultimi in cui a Orvieto si è pensato con una visione, giusta o no che fosse, da leggere in un contesto amministrativo del tutto diverso da oggi e da recuperare per quanto possa essere utile.
Il Centro studi, che vecchia e nuova amministrazione comunale hanno voluto tenere in vita e rilanciare, è una sponda straordinaria per numerose attività da consolidare e per altre da sperimentare .
In occasione della presentazione del nuovo Consiglio di Amministrazione governato da Matteo Tonelli, a parte la modestia e la consapevolezza delle difficoltà con cui i consiglieri, tutti non retribuiti, hanno presentato il loro progetto, mi ha colpito l’entusiasmo, la voglia di coinvolgere la città, gli imprenditori, le istituzioni.
Quegli uffici a palazzo Simoncelli, oggi utilizzati dagli studenti di due università Usa, potrebbero divenire l’incubatore di decine di idee, da provare senza spocchia ma con l’entusiasmo necessario per verificarne davvero se possano funzionare, aiutare a far crescere la cultura e la vitalità economica orvietana. Tiziana Tafani, uno dei consiglieri del Centro studi, parla di “nuovi mestieri” e le brillano gli occhi con cui cerca nella mente di visualizzare le tante cose che possono essere realizzate.
Il bilancio, numeri modesti e realistici, da commercialista, come è il presidente Tonelli, prevede qualche utile e il pagamento rateale dei debiti. Ogni nuova azione nel 2015 deve potersi finanziare e trovare partners, secondo un principio virtuoso che vuole spazzare via vecchi pregiudizi.
C’è tutto quanto serve per avere successo: mancano soltanto gli orvietani.