di Davide Orsini
Nel suo ultimo intervento ( http://orvietosi.it/2015/01/contratto-di-fiume-dal-pd-bacchettata-a-germani-a-petrangeli-a-concina-e-strani-messaggi/ ), il segretario del PD locale Andrea Scopetti afferma, fra le altre cose, che le associazioni di cittadini nate dopo l’alluvione del 2012 non dovrebbero far parte della “cabina di regia” del Contratto di Fiume ( http://orvietosi.it/2015/01/contratto-di-fiume-costituita-lassemblea-di-bacino/ ).
Scopetti si chiede a quale titolo associazioni come la Val di Paglia Bene Comune sarebbero ammesse al tavolo tecnico. Devo dire che la domanda suona male, soprattutto se a porla in modo così apertamente ostile è proprio Scopetti, il quale prima di entrare nel PD fu promotore, co-fondatore, e figura centrale (insieme ad altri) di Altra Città. Questa presa di posizione del segretario PD forse ha altri obiettivi, che però egli non rivela, limitandosi, come facevano suoi illustri predecessori, a fornire velati riferimenti a fatti, persone, movimenti poco chiari, e secondi fini che indebolirebbero la credibilità delle associazioni cittadine coinvolte nel “Contratto di Fiume.”
Questo modo di fare politica non mi piace perché credo che nuoccia alla Città di Orvieto. Meglio parlare chiaro, fare domande aperte, e ricevere risposte chiare. Sin dalla sua formazione, l’Associazione Val di Paglia Bene Comune è stata guidata da Enrico Petrangeli. La sua posizione ed il suo ruolo di presidente dell’associazione non piacque a tutti. C’erano (ed evidentemente rimangono) dubbi sui suoi reali intendimenti, manifestati in più occasioni anche da altri esponenti politici. Tutte queste manifestazioni di sfiducia in realtà puntano in una sola direzione. La domanda è molto semplice: Petrangeli ha deciso di tornare alla carica per interesse personale camuffandosi da ambientalista? Quali sono le reali intenzioni dell’associazione da lui guidata? Scopetti sembra alludere ad un possibile “piano” per il taglio di alberi lungo le sponde del fiume, il quale favorirebbe alcune ditte interessate sia al taglio che all’utilizzo del legname tagliato. Con questo riferimento, poco chiaro, Scopetti adombra il dubbio che le proposte fatte dall’associazione Val di paglia possano essere interessate, oltre che sconsiderate. Su ciò che sembrerebbe suggerire Scopetti (il condizionale è d’obbligo quando il linguaggio lascia spazio ad interpretazioni) vale la pena rivolgere alcune domande. Una per tutte: C’è chi pensa di utilizzare progetti di riqualificazione territoriale, per di più a seguito di un grave disastro umano e ambientale, come l’alluvione del 2012, per interessi poco nobili?
Queste domande sono legittime, ma andrebbero fatte alla luce del sole, altrimenti si rischia di creare casi di presunti complotti e secondi fini che avvelenano la politica locale e le capacità di questo territorio di risollevarsi anche, e soprattutto, grazie alla partecipazione diretta dei cittadini.
Forse, a distanza di due anni dall’alluvione del 2012 serve riaprire un dibattito pubblico su quali sono gli obiettivi e gli strumenti da adottare per mettere in sicurezza e riqualificare in modo sano il nostro tratto di Fiume, proteggendolo dalle speculazioni che nel tempo ne hanno determinato il degrado a cui assistiamo. Forse, a distanza di due anni, certi meccanismi di partecipazione vanno ripensati e rinnovati. Ma meglio parlarne apertamente, facendo anche domande scomode, comprensibili a tutti. Altrimenti non si fa altro che innescare polemiche, francamente inutili.