Fra i personaggi che hanno dato lustro al XIII secolo, spicca, senza dubbio per grandezza, la figura di San Tommaso d’Aquino, chiamato anche “Dottore Angelico”. Il libro, nella prima parte, premessi i necessari riferimenti storici, ce lo descrive come fine teologo, colto docente universitario, forte e determinato predicatore, prolifico autore, ma anche uomo di una umiltà disarmante, buono d’animo, dolce, affabile e sempre disponibile ad aiutare il prossimo, con opere caritatevoli e consigli di ogni genere.
Il saggio accenna al suo pensiero ed alla sua vasta produzione; pone in risalto la sua religiosità; la sua assiduità nella preghiera, che lo manteneva sempre in contatto con Gesù, al quale egli si rivolgeva, non solo per trarre ispirazione per le sue opere, ma anche per riceverne l’approvazione, una volta scritte, prima di divulgarle al mondo intero. Si sofferma, poi, sul suo soggiorno ad Orvieto, durato circa un triennio (1262-1265), al seguito della curia di papa Urbano IV.
All’epoca, Tommaso, è già un teologo di fama, ha appena 36 anni ed è nel pieno delle forze fisiche e della maturità intellettuale. Con uno sforzo di fantasia lo si può immaginare, avvolto nel suo abito domenicano, come ce lo descrive un suo famoso biografo, Guglielmo di Tocco: “un uomo di grande corporatura, alto ed eretto nel portamento, con un capo grande, leggermente calvo, un viso colorito come il grano, abbronzato dal solleone”.
Ed allora, con la medesima fantasia che ce lo rende visibile fisicamente, lo possiamo scorgere mentre passeggia nel chiostro del convento di San Domenico, col suo breviario in mano, alternare momenti di preghiera e contemplazione, a momenti di duro lavoro di insegnante, incaricato della formazione dei frati, di scrittore e di predicatore.
La seconda e terza parte del libro, focalizzano l’attenzione su due opere dell’Aquinate che, per contenuto, stile e linguaggio, non potrebbero essere tanto diverse: l’una di materia economica, l’altra di contenuto mistico spirituale, con l’intento di mettere in risalto la grande versatilità dimostrata dal personaggio, nel trattare gli argomenti più disparati, anche durante la sua permanenza ad Orvieto.
A tal fine, l’autore, approfondisce, innanzitutto, lo studio di una lettera, intitolata “La dilazione nella compravendita” che Tommaso scrisse nel 1262, in risposta a quattro quesiti che un suo confratello, lettore conventuale a Firenze, gli aveva posto per la risoluzione di alcuni casi pratici, in tema di scambi commerciali.
Il teologo, nel rispondere puntualmente a tutti i casi prospettati, dice chiaramente come la pensa in fatto di vendite, giusto prezzo ed usura, pratica questa, che egli condannava decisamente, bollandola come peccato mortale. Il commento alla lettera, è alleggerito da una serie di notizie sul mondo dei mercati medievali, che si svolgevano nella ricca regione francese della Champagne, nonché sui tessuti e sulle stoffe pregiate che poi venivano vendute, appunto, anche nei mercati fiorentini.
Nell’ultima parte del libro l’attenzione si concentra sull’Ufficio per la festa del Corpus Domini, che Tommaso compose su incarico di Papa Urbano IV, dove si esalta la sua straordinaria vena mistica e poetica. In questa sezione, oltre a riferire gli episodi che hanno visto Tommaso dialogare col Crocifisso, tra i quali, si annovera, a detta di molti, anche quello accaduto ad Orvieto, l’autore si misura nel commento a due fra gli inni più belli, contenuti nell’opera: il “Pange lingua” e il “Lauda Sion Salvatorem”.
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