di Leonardo Riscaldati
Sto seguendo dall’esterno la vicenda sulla chiusura di Piazza del Popolo e vorrei cercare di contribuire a fare un po’ di chiarezza. Credo che la verità, come spesso accade, stia nel mezzo.
In estrema sintesi ecco la mia posizione: arrivare a pedonalizzare le zone più pregevoli del centro storico è non solo giusto, ma necessario. E non solo per le festività natalizie, ma per tutto l’anno. Fa bene alla città, alla sua vivibilità, alla sua immagine e al suo marketing. D’altro canto, se non c’è un progetto chiaro e organico di città, in cui sia ben presente una programmazione complessiva, natalizia come annuale, pianificata con congruo anticipo, condivisa con le varie categorie, e all’interno della quale la chiusura di una piazza rappresenti solo uno degli elementi strutturali che concorre a raggiungere un risultato preciso, allora tale chiusura non solo significa poco, ma può realmente creare problemi.
Discutere concentrandosi solo qu questo aspetto (piazza sì, piazza no) non solo non risolve, ma è fuorviante. Il risultato è che ci si accapiglia su un falso problema, il che oltre che non risolvere rischia di diventare frustrante per tutti. Insomma, bisogna analizzare la questione da un punto di vista di sistema, altrimenti ci si concentra su un aspetto che valutato da solo non serve a niente.
La parola chiave è contestualizzare.
Punto uno. Sono favorevole alla pedonalizzazione.
Opporsi alla chiusura di una piazza pensando che tale aspetto blocchi uno slancio commerciale natalizio altrimenti a portata di mano, è un errore di valutazione abbastanza grossolano, oltre che miope. E’ una questione di mancanza di visione d’insieme. Il tema è più complesso e coinvolge diamiche ben più ampie. Mi sembra che la mancanza di chiarezza sulla situazione porti ognuno a rimanere focalizzato solo sul proprio pezzettino di orticello (per carità, assolutamente legittimo), non rendendosi però conto che così l’approccio alla risoluzione dei problemi si ferma a dieci centimetri dal naso. Tutta tattica spicciola, zero strategia.
Parliamoci chiaro: quando si visita una città, specialmente una città che abbia cose da offrire (e Orvieto ne ha in grande abbondanza, basta vedere come rimangono i turisti quando vengono), trovare spazi cittadini pregevoli liberi dal traffico lascia sempre nel visitatore un’ottima impressione. È né più né meno di quello che ci si aspetta. La città è più bella, più vivibile, più piacevole e fruibile. Si vive il mood tipico della città, e scusate se è poco da un punto di vista del marketing. Mettetevi nei panni di un visitatore: non credo che se andaste a visitare una città tipo Siena, Arezzo, Pienza o Montalcino preferireste girare per le vie e le piazze più belle e caratteristiche con auto ovunque e gente che per girare e parcheggiare vi passa a dieci centimetri dai piedi o vi suona il clacson sotto le orecchie. Che idea vi fareste? Ecco.
Il punto di vista che conta è quello di chi visita la città. Perché è lui che spende, è lui che decide se venire, decide perché venire, aspettandosi un’esperienza ben precisa, che poi condividerà, sia se corrispondente alle attese che in caso contrario (con molta più efficacia) con amici e conoscenti, nella vita reale come sui social media.
Il problema del commercio non si risolve facendo parcheggiare qualcuno davanti a bottega, così fa prima a comprare. Non è questo il punto. Così ci si condanna a navigare a vista, senza prospettive, senza una minima idea della destinazione a cui si punta. La gente verrebbe in centro se sapesse di trovare qualcosa di più ampio, un’esperienza a tutto tondo di città attraente, piena di cosa da fare, viva, unica. E quindi approfitterà magari anche per spendere qualche euro.
La verità è molto semplice: il mondo è cambiato. Non possiamo continuare a far finta che non sia vero, perché così ci rimettiamo e basta. La gente agisce in modo totalmente nuovo rispetto al passato. Internet e il commercio elettronico hanno cambiato le dinamiche di raccolta delle informazioni e di acquisto. Pensare che la gente se trova la piazza libera arrivi a frotte per acquistare in abbondanza credo sia molto ingenuo. Perché devo salire a Orvieto se lo stesso prodotto (o anche meglio) lo trovo su internet al 30-40% di prezzo in meno? Chi me lo fa fare? Non sarà certo la possibilità di lasciare la macchina a Piazza del Popolo. Via…
La verità e che in ogni ambito i cambiamenti di sistema creano inquietudine, prima di tutto perché non è sempre facile comprenderli, e poi perché minacciano la consuetudine, cambiano le abitudini e quindi i comportamenti necessari per affrontare le situazioni. Ma non ci si può arrabbiare perché cambia una stagione (con chi poi?). Bisogna prenderne atto, adeguarsi e attrezzarsi per affrontare la nuova situazione.
Per dirne una: perché, per tempo, visto che ormai anche “li sassi” sanno che facebook spopola, non si è pensato di creare una pagina “centro storico” per far vedere, dare informazioni, magari prenotare, o tiè, anche acquistare i prodotti da casa o da smartphone? Per dirne un’altra: perché non si riesce a superare un campanilismo atavico, della serie “mors tua, vita mea”, che solo in caso di minacce comuni contingenti viene momentaneamente superato, ma solo per questioni di mera opportunità? Perché non ci si rende conto che si deve fare squadra e ragionare e muoversi come un unico organismo? Di strada ce n’è da fare, e molta. Soprattutto dal punto di vista culturale.
Punto due. Dov’è il progetto? Dov’è la programmazione?
Siamo a fine novembre (sottolineo, fine novembre) e tranne Umbria Jazz non si sa di preciso cosa succederà per le feste. Amici ben informati mi dicono che ci dovrebbe essere qualcosa, ma ancora non si sa niente di preciso. La delibera del Comune parla di musica il 13 e il 20, di chiusura del traffico, di parcheggi in parte gratuiti, e di pollicino gratis. Benissimo, condivido tutto.
Ma quanti pollicini girano? Con che frequenza? Che giri fanno? Sul web c’è una piantina della città tutta infiocchettata, con visibile plasticamente come è organizzata la mobilità e quello che si trova in giro di preciso a livello di eventi, mercatini, musica e quant’altro? Come viene comunicata la cosa in modo che lo sappiano anche i muri e che abbiano ben chiara l’idea che sia sempre facilissimo raggiungere le vie del centro anche senza la propria auto? Come si crea potere di attrazione se a fine novembre ancora nessuno sa niente? Scusate, ma Umbria Jazz, evento serio, con quanto tempo di anticipo è stata presentata? Chissà perché.
E poi: una bella pagina facebook dove si possano trovare tutte le informazioni e dietro alla quale ci siano sempre presenti degli operatori, anche con funzioni commerciali, pronti a rispondere in tempo reale a chiunque volesse avere informazioni sulla città per poter decidere se venire, soprattutto per chi viene da fuori, perché no? Perché non iniziare a vendere da metà novembre un “prodotto Orvieto natalizia”? E poi perché zero partecipazione e condivisione? Perché non provare a coinvolgere i cittadini, magari anche solo invitandoli a condividere sul proprio profilo Facebook tale prodotto, per moltiplicare l’efficacia delle azioni di comunicazione?
Morale della favola: siamo a fine novembre, e da almeno 15 giorni dovremmo sapere tutti esattamente non solo “cosa” succede, ma soprattutto “come funziona”. Invece niente.
Lo stesso vale per gli eventi: almeno da un paio di settimane si doveva sapere cosa c’era a Orvieto, con una programmazione “giorno per giorno”, per dare alle persone dei motivi precisi e concreti per salire in centro, organizzando il proprio tempo, e quindi scegliendo un momento invece che un altro.
Ma per raggiungere tale risultato bisognava arrivare a definire un programma insieme alle varie categorie al massimo (al massimo!) per la prima metà di ottobre. In questo modo per i primi di novembre si sarebbe chiuso il programma e dal 10-15 del mese si sarebbe pututo lavorare di marketing e comunicazione, in modo che tutti i soggetti interessati, i cosiddetti stakeholders, compresi anche gli operatori, potessero contribuire attivamente alla promozione. Questo si che sarebbe stato efficace.
E qui il discorso si allarga: sono vari mesi che l’amministrazione è al lavoro, e ancora non ho capito la visione organica, plastica se possibile, della città che si vuole consolidare. Ora un po’ di tempo è passato, e sarebbe il caso di iniziare a vedere qualcosa di concreto. Un qualcosa, se possibile, a cui i cittadini dovrebbero poter contribuire, ovviamente se emergessero idee sensate e praticabili. E non essere informati a posteriori.
Il tempo passa, la pazienza pure. Speriamo bene.