Riceviamo dal Forum cittadino e pubblichiamo.
E’ nel suo primo articolo che la Costituzione italiana operava una svolta solenne rispetto al passato. Si fondava qui lo Stato Costituzionale e la sua rigidità imponeva che la sua modifica non potesse avvenire per mezzo della legge ordinaria. In questi ultimi anni stiamo assistendo invece ad un atteggiamento politico ed istituzionale che, non tenendo per nulla in considerazione le origini dello stato costituzionale ed il vero significato di sovranità, considera erroneamente la legittimazione popolare avvenuta tramite elezioni uno strumento che esonera la classe politica dal rispetto dei limiti imposti dalla Costituzione. Diversamente dalla interpretazione della classe politica il riferimento costituzionale al lavoro fonda il concetto di uno Stato che affida al cittadino la responsabilità del proprio futuro e valuta la dignità di ogni individuo in base a ciò che vuole e riesce a realizzare, indipendentemente dalle condizioni di partenza. Il lavoro è uno dei fondamenti di una società e costituisce uno strumento di liberazione individuale e di emancipazione personale all’interno di un condiviso interesse generale. Oggi il lavoro sembra aver perso le sue caratteristiche più profonde e la condizione di precarietà del lavoro impedisce ai cittadini la costruzione del proprio futuro. Chi entra nel mondo del lavoro oggi, per censo o fortuna, ha la sensazione di trovarsi in un’arena dove il rapporto con gli altri si basa su una competizione per la sopravvivenza e soprattutto ha la sensazione che la sua partecipazione alla vita collettiva sia più un favore esercitato dal datore di lavoro. Il lavoro, in altri termini, non appare più come un diritto/dovere, bensì come un “colpo di fortuna”, e chi ‘ti fa un favore ad assumerti’ sarà sempre libero di dettare le sue condizioni, a propria completa discrezione. Siamo entrati spaesati nel vortice della precarietà, del tempo determinato e del caporalato esercitato dalle società interinali e falsi ‘Uffici del Lavoro ‘. La precarietà costituisce il nuovo ordine sociale in cui è impedito un lavoro sicuro e stabile ed è impedita la possibilità di crescita individuale. Una società precaria torna ad essere una società immobile, basata sull’appartenenza di ceto, di classe, di casta, fondata sulla fortuna e sul caso. I bisogni primari delle comunità sono sacrificati all’ordine finanziario ed alle logiche del consumismo, frantumando ogni possibilità di sani rapporti sociali. Le attività chiudono e le famiglie stentano, mentre l’attenzione alla ricerca e alla formazione, così come il grande patrimonio culturale di cui è dotata la nostra nazione, non vengono valorizzate e considerate come dovrebbero essere in termini produttivi. La politica con i suoi sprechi e privilegi offende continuamente gli sforzi quotidiani che la popolazione deve fare per sopravvivere, mentre le imprese sono schiacciate da un carico fiscale e propaggini burocratiche insopportabili. Le politiche economiche, legate al mondo del lavoro, le fa lo Stato, ma il Comune deve intervenire ponendo in essere una moltitudine di iniziative che incidano direttamente e indirettamente sul lavoro e sulla tutela delle risorse e delle persone. Lo può fare e lo deve fare attraverso politiche che tutelino l’ambiente e diano nuove opportunità di lavoro nel settore. Lo può fare e lo deve fare attivando percorsi virtuosi in ambito commerciale e rafforzando le piccole imprese che sono e restano la principale forza produttiva. Lo può fare e lo deve fare intervenendo nel comparto culturale con uno sguardo diverso che tuteli e incentivi i lavoratori del settore e dia alla città quella forza propulsiva che è mancata in questi anni. Lo può fare e lo deve fare ponendo la giusta attenzione alla formazione e all’insediamento di attività produttive che abbiano nella loro qualità e specificità il fulcro e la forza necessaria per un ruolo forte sul mercato. Lo può fare e lo deve fare impedendo che attraverso le esternalizzazioni si riducano le retribuzioni dei lavoratori e i loro diritti primari. Lo può fare e lo deve fare ponendo attenzione alle fasce deboli per rinsaldare il collante sociale che è determinate per affrontare con la forza di una città unita questo periodo di forte di difficoltà. Lo può fare e lo deve fare soprattutto ridando vigore e speranza alle persone attraverso una politica pulita e trasparente che coinvolga la città tutta in una ripresa produttiva e sociale in grado di guardare al futuro con la convinzione che si può, che si deve cambiare.
Di fronte a questa catastrofe sociale non si può rispondere con un contenimento della spesa e con un miraggio del pareggio di bilancio. Queste affermazioni irresponsabili le lasciamo ai mistificatori dell’economia bancario/finanziaria. Il pareggio di bilancio è e deve essere un pareggio di opportunità, di libertà e di soddisfazione dei bisogni. La politica economica monetaria non porta né toglie nulla a tutto questo. La moneta in sé non ha valore. La moneta in sé ha il solo scopo di fungere da medium tra valore e valore ma i nostri amministratori non considerando il valore delle cose o del lavoro. Attribuiscono valore a un mezzo virtuale, ed ormai fuori controllo, come la moneta. Solo con il lavoro, non con la finanza, l’uomo apporta un valore a sé, agli altri e all’ambiente. L’obiettivo economico non deve più essere quello di aumentare la produttività del lavoro ma quello di aumentare la produttività delle risorse. Questo vuol dire delineare processi produttivi sostenibili e realizzare beni con meno energie, meno materie prime e producendo meno rifiuti. Di fronte a crescenti tragedie ambientali, economiche e sociali i cittadini incominciano ad informarsi, si rendono consapevoli e si responsabilizzano innescando così un processo di cambiamento. La regola del “più economico è meglio” deve essere integrata da un nuovo mantra: più sano è meglio, meno energivoro è meglio, più umano è meglio, più sicuro è meglio. Molti economisti (pseudo politici) si arrovellano la mente nel creare sistemi artificiosi che creino il denaro dal denaro e, nelle loro rappresentazioni, l’essenza umana, intesa come forza lavoro, gli crea non pochi problemi. Ma noi vogliamo volare molto più in basso ed in modo molto semplice crediamo che la ripartenza possa avvenire dal territorio e delle sue risorse che necessariamente includono le persone. Qualsiasi comunità offre innumerevoli elementi su cui lavorare quindi non è necessario inventarne di nuovi ma bensì eliminare quelli che non riteniamo sostenibili. Per far ciò terremo bene a mente alcuni elementi valutativi nella scelta delle numerose attività di cui una collettività ha bisogno. Lo faremo nel rispetto del territorio favorendo le imprese (bio-edili e paesaggistiche) che operano nel recupero delle aree dismesse e precedentemente devastate da insediamenti industriali fallimentari, operando con criteri di progettazione partecipata. Lo faremo dando una impronta ecologica alla ‘macchina comunale’ rivedendo i piani di efficienza energetica, acquisti verdi e mense biologiche a Km0. Lo faremo attivando veramente una raccolta rifiuti differenziata porta a porta ed attivando progetti per la riduzione dei rifiuti ed incentivando aziende (anche municipalizzate) specializzate nel riciclo e nel riuso. Lo faremo incentivando una mobilità sostenibile (car-sharing, bike-sharing, trasporto pubblico integrato, isole intermodali e trasporto merci comprensoriale, ecc.); Lo faremo stimolando ed incentivando nuovi stili di vita nella cittadinanza con scelte quotidiane sobrie e sostenibili, quali: filiera corta, disimballo dei territori, diffusione commercio equo e solidale, autoproduzione, finanza etica, ecc.). Lo faremo nel riattivare lo sviluppo agroalimentare del territorio secondo principi biologici e conseguentemente riattivare un commercio sostenibile con empori e mercati a Km0. Lo faremo nel riattivare e valorizzare le produzioni artigianali locali che siano espressione del territorio. Lo faremo valorizzando ed incentivando le attività di volontariato e del settore No-profit che hanno tutte le caratteristiche idonee a risollevare uno sviluppo occupazionale sostenibile. Lo faremo ascoltando e valorizzando le esperienze lavorative presenti sul territorio e creando percorsi di continuità tra scuola/formazione e lavoro riportando funzionalità negli uffici del lavoro ad oggi delegati ad un mero conteggio statistico dei disoccupati. Le risorse economiche necessarie per attuare quanto sopra saranno prelevate dal taglio di spesa a nuovi ed inutili insediamenti industriali, dai tagli a grandi opere nel nulla, dalla drastica riduzione delle spese di urbanizzazione selvaggia e dal ridimensionamento/soppressione di partecipate e municipalizzate obsolete e dannose.