“Ridurre le tasse e tagliare la spesa pubblica corrente: non c’è altra strada per far ripartire il Paese”. È questo il messaggio lanciato nel corso dell’affollatissima assemblea annuale di Cna Umbria riunita il 6 dicembre all’auditorium Capitini di Perugia. In una sala gremita di piccoli imprenditori e artigiani, Cna ha snocciolato i dati drammatici di una ricerca sulla pressione fiscale e sull’andamento della spesa pubblica dal 2008 ad oggi commissionata al centro studi Sintesi.
“La crisi in Umbria ha fatto registrare dati drammatici, sensibilmente peggiori rispetto a quelli nazionali – ha denunciato dal palco il presidente di Cna Umbria, Renato Cesca -. A fronte di una caduta del Pil nazionale di 8,6 punti percentuali in Umbria se ne sono persi 10,6, che arrivano a 16 se consideriamo le previsioni di crescita disattese. I settori produttivi che hanno risentito più pesantemente del calo in Umbria sono le costruzioni, che hanno perso il 33% (in Italia -27%), e il manifatturiero, calato del 27% (in Italia -17%). Pesante anche il calo dei consumi, scesi in Umbria dell’11% (in Italia -6%). Numeri drammatici sono quelli relativi alla perdita di occupati, scesi in Umbria 25mila unità, a cui devono aggiungersi i cassintegrati. Ironia della sorte, sono invece tutti in crescita gli indici relativi al prelievo fiscale e alla spesa pubblica corrente. Infatti gli incassi fiscali in Umbria sono aumentati del 2,1% tra il 2007 e il 2011, una percentuale superiore alla media nazionale, facendo aumentare di 16 punti percentuali la pressione fiscale locale. Ricordiamo che la pressione fiscale sulle imprese è oggi del 44%, ma se escludiamo il sommerso dal calcolo del Pil essa arriva al 68%! In Umbria solo l’Irap è inferiore alla media nazionale, ma solo perché si tratta di una tassa progressiva legata prevalentemente al costo del lavoro. La vera batosta però è arrivata con l’introduzione dell’Imu, che in Umbria ha comportato aumenti del 123% rispetto all’Ici, producendo un gettito di 319 milioni di euro, l’82% del quale a carico degli immobili produttivi. Previsioni nere arrivano anche dalle proiezioni sulle nuove imposte che andranno a sostituire quelle attuali. Allo stesso tempo, secondo i dati della Corte dei Conti, nel periodo 2008-2012 la spesa della Regione Umbria è aumentata del +1,9%, ma mentre le spese correnti sono salite del 10,8%, gli investimenti si sono dimezzati (-53,6%). Accanto al dato positivo della diminuzione a livello di spese istituzionali, va registrato che la spesa corrente e la spesa per il personale dell’Umbria risultano superiori al dato medio delle Regioni ordinarie. Nel complesso il peso delle manovre economiche applicate in questi anni di crisi in Umbria è stato di 400milioni di euro di mancati trasferimenti dallo Stato alle istituzioni locali, corrispondenti a 433 euro pro-capite. Il Paese è stremato, le imprese sono stremate – incalza Cesca – bisogna introdurre urgentemente dei correttivi. Cna avanza delle proposte. Innanzitutto di introdurre la detassazione degli utili reinvestiti in azienda e la riduzione dei prelievi fiscali e contributivi su imprese e lavoro per consentire una ripresa dei consumi; liberalizzare i servizi pubblici; ridurre le società pubbliche e rivedere le strutture organizzative della P.A., partendo dall’applicazione ai dipendenti del pubblico impiego delle stesse regole che valgono per i lavoratori del settore privato, dalla riduzione delle figure apicali e dalla concessione dei premi di produzione ai dirigenti pubblici solo in presenza di obiettivi certi; dare un taglio alle pensioni superiori ai 5mila euro mensili; riformare gli ammortizzatori sociali. A tutto ciò vanno aggiunti tagli seri ai costi della politica e delle istituzioni. Queste sono le domande che vengono dal Paese, dalle famiglie, dalle imprese, dai giovani che non vedono prospettive di futuro. Continuare a disattenderle significherebbe condannare il Paese a un declino senza ritorno e spalancare la porta a estremismi dagli esiti imprevedibili”.