Dal locale…
Ma dov’è la porta di Orvieto?
Caro Pier,
ti passo la palla del centro commerciale dell’Amerina, attualmente in fase avanzata di realizzazione, proponendoti di commentare questo editoriale del direttore Dante Freddi pubblicato venerdì scorso su Orvietoìi. Dopo 10 anni tornano le polemiche e in molti, a destra e a manca, intervengono con accenti non differenti da quelli di allora. Si denunciano carenze di realizzazione e si manifestano preoccupazioni per il traffico. Eppure da allora ad oggi si sarebbe potuto fare ciò che avrebbe permesso di evitare i problemi di oggi. In fondo bastava seguire le indicazioni che non solo io avevo dato con la memoria che ha ricordato Maurizio Conticelli, ma che avevamo dato anche insieme con la risoluzione che presentammo in Consiglio comunale e che fu approvata all’unanimità. Ricordi? Subordinavamo la realizzazione del centro alla riorganizzazione della viabilità e comunque affermavamo che l’una cosa doveva andare di pari passo con l’altra. Purtroppo quella nostra iniziativa fu vissuta allora dai molti più come una rottura di scatole che come un contributo, un invito alla preveggenza. Mi sembrerebbe dunque doveroso e utile chiedersi perché ci si accorge solo oggi di ciò che è stato sempre evidente. Ma credo che in realtà questa sia una classica domanda retorica. Tu che ne pensi?
Franco
“Prima Gialletti, di cui si discuteranno due interrogazioni nel Consiglio comunale di lunedì prossimo, poi Altra città, poi ancora Maurizio Conticelli con la lettera pubblicata ieri, l’apertura del centro commerciale nell’area Despina, sulla strada Amerina, sta suscitando accese polemiche, che ci auguriamo servano soprattutto a risolvere i problemi, senza creare danni a nessuno, ma neppure negandoli o affossandoli. …Tutto il traffico relativo ai clienti del centro commerciale, che ci auguriamo si riveli una florida iniziativa commerciale, sarà su via Angelo Costanzi e non si può ignorare il problema. In più c’è un aspetto tecnico davvero curioso: la strada in prossimità del centro commerciale, per tutto il fronte dell’area Despina, si allarga e occupa la banchina. È evidente che qualcosa è sfuggito, perché se non fosse così approvare una progettazione che restringe la strada che è la “Porta di Orvieto” sarebbe perlomeno discutibile, non so se illegittimo. Gialletti segnala anche che non è stato costruito il manufatto “Porta”, che sarebbe dovuto essere realizzato con la progettazione di qualche professionista qualificato, si legge nella deliberazione del 2003. È vero, siamo senza “Porta”, forse servivano soldi per altre azioni, ma tant’è, mi sembra che ci sia di peggio da affrontare. E subito”.
La risoluzione del 2003, che sostenni col gruppo di minoranza di AN, che a quel tempo presiedevo, bloccò l’iniziativa della Despina per nove anni. Infatti si pensava ragionevolmente che l’Amerina non avrebbe sostenuto il traffico provocato dal previsto supermercato. A noi della minoranza quella risoluzione non poteva che far piacere, perché era giusta e perché era un colpo alla sinistra; infatti la maggioranza lo subì obtorto collo per effetto della tua influenza di autorevole consigliere. Allora agii secondo coscienza, ma il 12 novembre 2012, quando sono corso ai giardini comunali per piangere sul disastro dell’alluvione, vedendo l’area destinata al nuovo supermercato invasa dalle acque del fiume, mi sono sentito la coscienza ancora più a posto. Forse avevamo salvato qualche vita umana. Poi la complanare ha sbloccato la realizzazione del supermercato (prudentemente un po’ più elevato di quanto originariamente previsto), ma le esigenze degli investitori non possono aspettare il completamento della nuova strada. Non solo, ma si è dovuto ridurre il parcheggio del supermercato, che debordava sulla strada pubblica perché progettato sulla carta catastale, senza la verifica della realtà dei luoghi. Non solo, ma per evitare un esproprio non previsto, si è modificata la rotatoria ellittica destinata a disimpegnare il traffico relativo a Orvieto Scalo, al casello autostradale e al parcheggio del supermercato. Per prudenza, dato che se ne discuterà in consiglio comunale, non mi pronuncio sulla validità tecnica e la legittimità della modificazione della rotatoria. Ma la questione non è di poco conto e credo che prema a tutto il consiglio comunale.
… al globale
Governo Letta: politica o manfrina?
Caro Franco,
tu che ne dici di questo pezzo di Giuliano Ferrara del 7 ottobre? Sono poco sensibile all’ottimismo reaganiano dei neo-liberisti; ma questo giochetto di aumentare consistentemente le tasse nazionali e locali e promettere irrisori alleggerimenti del costo del lavoro e dell’energia, mi ha tutta l’aria di una manfrina. Non stiamo prendendo in giro l’Europa e noi stessi? Siamo vergognosamente indebitati, è vero, e ce ne dobbiamo vergognare. Ma ai creditori non è mai convenuto tirare troppo la corda. Perché non glie lo ricordiamo con un po’ di faccia tosta?
Pier
“Viaggiamo verso il 140 per cento del debito pubblico calcolato sul Pil, i governi sono curatori fallimentari. La politica economica e finanziaria è eterodiretta, il suo centro sta sull’asse tra Francoforte e Berlino, e la politica fiscale è in larga misura obbligata: i governi italiani ormai servono a raccontarcela sul cuneo fiscale, sulla necessità di sollevare dall’oppressione fiscale chi lavora e produce, imprenditori e lavoratori, ma è chiacchiera. La liberazione fiscale è fattibile solo se accompagnata da grandi riforme, radicali, capaci di restituire produttività e competitività al sistema, e di introdurre un regime di concorrenza che avrà le sue esclusioni e i suoi punti anche umanamente critici al fine di generare la grande inclusione della crescita economica, dello sviluppo. Se è per adorare Madonna povertà, preferisco il Papa, lo Stato pontificio. Per risolvere i problemi ci vorrebbero borghesi non confindustriali, leadership toste, non quarantenni democristiani. Comunque, staremo a vedere.”
Il pezzo di Giuliano Ferrara che mi chiedi di commentare è senza dubbio un bell’esempio di quel giornalismo che, con lo stile asciutto della migliore tradizione italiana, stimola il ragionamento del lettore. Ne colgo tre punti: il Paese è sull’orlo del fallimento, i governi sono impotenti, la politica fiscale è obbligata; per uscirne sono necessarie riforme radicali che conferiscano competitività al sistema per la crescita; perché ciò avvenga c’è bisogno di una classe dirigente coraggiosa e non di mediatori democristiani seppure quarantenni. Non condivido del tutto il primo punto: mentre è vero che il Paese è sull’orlo del fallimento, non solo economico (il sistema fa acqua da tutte le parti, dominano caste e castine, la politica è ridotta a lotta da pollaio, l’ingiustizia regna sovrana, siamo primi in ignoranza linguistica e matematica), io ritengo del tutto inaccettabile la politica fiscale che da tempo immemorabile spolpa i ceti a reddito fisso, produce in generale l’impoverimento dei ceti medi, lascia languire nell’indigenza fasce consistenti di cittadini e però nel contempo permette ai furbi di fare il bello e il cattivo tempo (loro sì!) e ai ricchi di diventare sempre più ricchi. Questa politica fiscale non è affatto obbligata, è semplicemente la più facile, e per questo anche la più ingiusta e la più miope, quella che spinge il Paese verso un brutto destino. Ma gli altri due punti sono del tutto condivisibili. Ed è ad essi che bisogna riferirsi per la stessa politica fiscale, che può essere efficace solo se è anche giusta. Il governo attuale risponde certamente sia all’esigenza (di breve periodo) di evitare il peggio sul piano economico che a quella (di più lungo periodo) di assicurare una transizione ordinata dalla polarizzazione berlusconismo-antiberlusconismo ad una dialettica costruttiva in uno stato riformato di democrazia normale. Questa è la direzione di marcia che con ogni probabilità è largamente auspicata, ma è difficile pensare che essa possa trasformarsi in risultato effettivamente conseguito da un governo siffatto. Tale risultato potrà esserci solo con una classe dirigente che fa riforme coraggiose non perché fatta di quarantenni ma perché ha in testa l’idea di come si modernizza l’economia, la società e lo stato, ed ha le competenze e il mandato popolare per farlo. Appunto leadership toste, come dice Ferrara. Ma dove sono? E il popolo sarà mai d’accordo?