Grande attesa per “Un Ballo in Maschera”, opera lirica di Giuseppe Verdi, che andrà in scena sabato 10 e domenica 11 agosto alle ore 21.15 nella bellissima cornice del Teatro Mancinelli con il patrocinio del Comune e della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto. Lo spettacolo, prodotto dall’Associazione Spazio Musica sarà interpretato da giovani cantanti già in carriera, provenienti da tutto il mondo, che, giunti ad Orvieto, si sono perfezionati nell’esecuzione dell’opera verdiana sotto la guida di maestri di chiara fama come il direttore Maurizio Arena, la cantante e regista Gabriella Ravazzi e il pianista Roberto Mingarini.
Lo spettacolo che va in scena è frutto di una lunga preparazione durata quasi un mese che ha visto gli interpreti lavorare nell’ambito del “Laboratorio Lirico Spazio Musica”, prestigiosa realtà che da anni porta al debutto giovani artisti. Sul podio, a dirigere l’Orchestra Spazio Musica, i giovani migliori direttori che hanno partecipato al corso tenuto da uno dei più grandi direttori d’orchestra italiani, Maurizio Arena, che per la prima volta in Italia tiene un corso per direttori d’opera, vanto per la città di Orvieto e per l’Associazione Spazio Musica che annovera fra il suo corpo docenti eccellenti personalità dell’ambiente musicale di tutto il mondo.
Maurizio Arena ha studiato direzione d’orchestra con Franco Ferrara lavorando per molti anni accanto ai Maestri Serafin, Votto, Gavazzeni. Ha iniziato l’attività al Teatro Massimo di Palermo nel 1963 con La Bohème. E’ stato ospite dei principali Teatri ed Istituzioni sinfoniche in Italia e all’estero: Santa Cecilia, Maggio Fiorentino, Regio di Torino, Opera di Roma, Fenice di Venezia, Parigi, Monaco, Vienna, Lyric Opera di Chicago, San Francisco Opera, Verdi Festival in California, Teatro Colon di Buenos Aires, Tokyo e Osaka.
Ricordiamo le sue nomerose presenze sul podio dell’Arena di Verona ove ha diretto, fra l’altro, Mefistofele di Boito, I Lombardi alla prima crociata e Nabucco. Nel corso degli anni ha ricevuto diverse onoreficienze: il Premio internazionale “Luigi Illica” e la laurea honoris causa in Lettere e Filosofia. Ha inciso diversi dischi e DVD tra cui Nabucco (1981) e Turandot (1983) all’Arena di Verona (entrambe con Ghena Dimitrova) e L’Africaine con Shirley Verrett al War Memorial Opera House di San Francisco (1988).
Roberto Mingarini, specializzato nel repertorio operistico e da camera, ha collaborato con cantanti di fama internazionale quali Katia Ricciarelli, Gabriella Ravazzi e molti altri.
Regia di Gabriella Ravazzi, fondatrice e Direttore artistico di Spazio Musica. Da quindici anni molto attiva come regista d’opera, ha messo in scena più di venti titoli del grande repertorio operistico. In oltre trent’anni di carriera ha cantato in ruoli principali circa 120 opere ospite dei più importanti teatri europei (Scala di Milano, Opera di Parigi, Gran Liceo di Barcellona, Regio di Torino E Parma, Teatri Dell’opera di Roma, La Fenice di Venezia, S. Carlo di Napoli, Massimo di Palermo, Real di Madrid, Ente Arena di Verona), e tenuto concerti nelle più prestigiose stagioni in Italia e all’estero. Ha inciso dischi e CD. Le sono stati assegnati i premi: NOCI D’ORO e STHENDAL e nel ‘94 il 1° premio delle Scuole di Canto Italiane. Già docente di Conservatori di Stato, tiene corsi e Master Classes in Italia e all’estero.
I costumi provengono dal Teatro San Carlo di Napoli, le luci sono di Graziano Albertella, light stilist designer del Festival dei due Mondi di Spoleto.
I biglietti, del costo di € 23,00 intero e € 19,00 ridotto, possono essere acquistati in loco oppure prenotati al numero telefonico 338 9572665 e ritirati presso la biglietteria aperta un’ora prima dell’inizio dello spettacolo.
Notizie sull’opera
Sotto forti pressioni del teatro San Carlo di Napoli che reclama da Verdi una nuova fatica teatrale, il Maestro decide di cimentarsi con un’opera che già da tempo interessava anche altri musicisti. Il libretto di Antonio Somma, che dapprima chiede di rimanere anonimo, prende ispirazione da quello di Eugène Scribe per l’opera di Daniel Auber “Gustave III, ou Le Bal masqué” (1833), narra la vicenda di un regicidio avvenuto in Svezia alla metà del XVIII secolo. L’opera va in scena per la prima volta all’Opéra di Parigi nel 1833 ed è ancora rappresentata nel 1857, quando Verdi decide di elaborarne il libretto. La censura borbonica dà inizio alla travagliata storia della composizione dell’opera: la storia di un marito che uccide il presunto rivale, niente meno che il re di Svezia, fu considerata troppo oltraggiosa, soprattutto in pieno clima risorgimentale. Si chiede a Verdi di modificare molte, forse troppe cose (il Re deve diventare duca, il tempo in cui è ambientata la vicenda deve essere anticipato a quello in cui si credeva ancora nella magia, i cospiratori devono agire per motivazioni squisitamente personali). Dopo che il Maestro giunge a Napoli nel gennaio del 1858, Napoleone III subisce un attentato e la censura diventa ancora più pesante nelle sue pretese. Verdi non è disposto a stravolgere completamente la sua opera, come invece gli viene richiesto dal San Carlo, non rispetta i termini contrattuali, il Teatro gli fa causa e Verdi risponde all’affronto con una querela per danni. La schermaglia legale si chiude con un ritiro delle accuse da parte del Teatro e con un impegno da parte del compositore di approntare un altro lavoro entro l’autunno. Nasce così “Una vendetta in domino”. Ricordi la vuole per La Scala di Milano, ma Verdi la concede al Teatro Apollo di Roma. Nemmeno qui però il libretto può rimanere come originariamente concepito: la scena si sposta da Stoccolma a Boston e Re Gustavo diventa il Conte di Warwick, governatore del Massachussets. Per dirla alla Shakespeare… molto rumore per nulla. L’opera va finalmente in scena col titolo di “Un ballo in maschera” la sera del 17 febbraio 1859 al Teatro Apollo di Roma.
Trama
L’azione si svolge a Boston alla fine del XVII secolo.
Atto I
Il Conte Riccardo è il saggio e illuminato governatore della colonia inglese di Boston, sotto il regno di Carlo II. Un piccolo gruppo di congiurati, guidati da Samuel e Tom, sta tramando contro di lui. Riccardo ama – segretamente corrisposto – Amelia, moglie del creolo Renato, suo segretario ed amico carissimo. Un giudice chiede a Riccardo di firmare l’atto di condanna all’esilio della maga Ulrica, ma il governatore per burlarsi di lei preferisce conoscerla di persona. Si reca quindi travestito da pescatore nel suo antro, accompagnato da Oscar – il giovane paggio che gli sta sempre accanto – e da un gruppo di amici, chiedendole di predirgli il futuro. La profezia è infausta: tra breve egli sarà ucciso da un amico che sarà anche la prima persona che gli stringerà la mano, cosa che tra i presenti nessuna osa fare. L’arrivo di Renato e la sua amichevole stretta di mano sembrano tuttavia fugare ogni timore. Nel frattempo anche Amelia, divisa fra l’amore e il dovere coniugale, si reca nell’abituro della maga e, senza sapere che Riccardo la sta ascoltando, le chiede una pozione che le renda la pace perduta. Ulrica le consiglia di recarsi a mezzanotte in un campo malfamato nei dintorni di un cimitero, dove potrà raccogliere un’erba magica.
Atto II
È notte. Riccardo raggiunge Amelia nel campo solitario e, durante un colloquio serrato, le strappa la confessione del suo amore. La passione sta per travolgere i due innamorati, quando di lontano si vede sopraggiungere Renato, sulle tracce dei congiurati che stanno per tendere un agguato al Conte. Renato non riconosce la moglie, che si è coperta il volto con un velo, ed esorta l’amico a fuggire. Riccardo accetta dopo aver ottenuto da Renato la solenne promessa che riaccompagnerà la donna velata fino alle porte della città, senza mai rivolgerle la parola. Sopraggiungono i congiurati che, delusi nel trovare il segretario in luogo del governatore, vogliono almeno scoprire il volto della misteriosa donna. Renato si oppone, mettendo la mano alla spada, e Amelia, frapponendosi per evitare il duello, lascia cadere il velo. La vista della moglie lascia Renato di sasso e desta l’ilarità nei congiurati, che scherzano pesantemente sulla situazione. Renato decide di convocarli nella sua casa per allearsi con loro. Quindi – senza più rivolgerle lo sguardo – riconduce Amelia in città.
Atto III
È il nuovo giorno. Renato è deciso ad uccidere Amelia e lei gli chiede per pietà materna di concederle solo di salutare il suo amato figlio. Renato glielo accorda, ma nel suo fremente animo sopraggiunge il pensiero che non è il sangue della sua sposa a dover scorrere. Sopraggiungono Samuel e Tom e Renato si accorda con loro per uccidere il Conte. Obbliga quindi Amelia ad estrarre da un’urna il nome dell’assassino, e la donna, sconvolta, estrae proprio quello del marito. Giunge Oscar recando l’invito ad un ballo in maschera «splendidissimo» che si terrà nel palazzo del Conte. Riccardo, ormai deciso a rinunciare al suo amore impossibile, firma l’ordine di rimpatrio in Inghilterra per Amelia e Renato, prima di recarsi alla festa. Con un’astuzia Renato riesce a farsi descrivere da Oscar il costume del governatore e, proprio mentre Amelia sta scambiando l’ultimo addio con l’uomo amato scongiurandolo di fuggire via, Renato gli si avvicina mascherato e lo trafigge con un pugnale. Riccardo muore fra la disperazione dei suoi sudditi, dopo aver ribadito di fronte a tutti l’innocenza di Amelia e perdonato magnanimamente il suo assassino.