Caro amico, questa settimana ti scrivo …
Franco Raimondo Barbabella
Caro amico, così ti rispondo …
Pier Luigi Leoni
Continua la battaglia dell’Associazione Val di Paglia
“Nonostante i suoi vizi d’origine la complanare sarà uno dei pochi lavori pubblici di rilievo nella nostra zona; è pertanto necessario svilupparne ogni possibile valenza positiva. Comune e Provincia devono arrivare congiuntamente ad una progettazione complessiva di area del tratto urbano del bacino idrografico del Paglia che valorizzi la funzione e la positiva integrazione della complanare in rapporto alla fruizione pubblica dello stesso territorio. Devono ragionare in termini di Parco civico del fiume Paglia. La prolungata chiusura della passerella pedonale sul fiume che ha costretto e sta costringendo studenti e cittadini al rischio di incidenti stradali sul disagiato percorso del ponte dell’Adunata è, purtroppo insieme a molti altri, la pessima pratica: l’esempio di ciò che non deve essere fatto. E, spero, di ciò che non sarà più tollerato”. (Enrico Petrangeli, Associazione Val di Paglia bene comune)
F. Sono parole di Enrico Petrangeli contenute nella presentazione della diffida n. 7 che a nome dell’Associazione Val di Paglia ha rivolto al Comune di Orvieto, alla Provincia di Terni e alla Regione dell’Umbria. Questi i punti fondamentali della diffida:
- presentare senza ritardo, in ossequio alle leggi di partecipazione dei cittadini ai Piani di Gestione del Rischio alluvioni, gli studi sulla dinamica esondativa del 12 novembre 2012 e il dettaglio degli adeguamenti fatti alla complanare per renderla agente di contrasto del rischio idraulico per l’abitato di Orvieto Scalo;
- presentare senza ritardo la progettazione complessiva di area del tratto urbano del bacino idrografico del Paglia dalla quale si dimostri la funzione e la positiva integrazione della complanare in rapporto alla fruizione pubblica dello stesso territorio;
- realizzare i corridoi pedonali e ciclabili che consentano agevole e sicuro accesso pubblico all’alveo del fiume e di qui alla passerella pedonale che collega le due sponde del fiume;
- ripristinare immediatamente l’agibilità della passerella pedonale sul fiume in vista dell’ormai imminente riapertura delle scuole per non esporre più gli studenti, e con loro tutti i cittadini che si spostano a piedi tra le varie zone di Ciconia e di Orvieto Scalo, al rischio di incidenti stradali;
- presentare senza ritardo il progetto di Parco civico del fiume Paglia, disegnato integrando le disponibilità economiche della Provincia (fondi Dichiarazione Emergenza) e del Comune (fondi Programmi di Riqualificazione Urbana e Sviluppo Sostenibile del Territorio PRUSST) e attraverso l’adeguata partecipazione della cittadinanza.
Io ritengo che la battaglia che sta facendo l’Associazione Val di Paglia abbia un valore generale, di contenuto e di metodo, e che per questo vada sostenuta. So bene che anche tu la pensi così. Nessuno deve perciò meravigliarsi se spesso torniamo su questo argomento nella nostra rubrica e credo di poter dire che di sicuro continueremo a farlo ogni volta che ne sentiremo il bisogno. D’altronde come si fa a non condividere i punti che ho riportato sopra? Essi, se ce ne fosse stato ancora bisogno, dimostrano che da parte dell’Associazione Val di Paglia non c’è stata e non c’è nessuna ostilità preconcetta nei confronti di niente, ma solo la volontà di dare un verso ai complessi problemi che si sono concentrati in quel tratto di territorio attraversato dal fiume e che senza una visione progettuale non si riuscirà a risolvere. Ma possibile che la ragione non debba mai prevalere su quel concentrato di miserie che è il suo contrario!? E possibile che per far andare le cose per il verso giusto (ammesso che poi ci si riesca anche così) si debba arrivare alle difide!?
P. Che gli esseri umani tengano spesso e volentieri comportamenti irrazionali, è di palmare evidenza. Ti ricordi quante sigarette abbiamo fumato? Quindi nessuno è in diritto di scagliare la prima pietra e nemmeno la seconda. Ma ciascuno ha il diritto e il dovere di adoperarsi perché la società organizzata nella quale possiamo e vogliamo sopravvivere funzioni nel modo meno imperfetto possibile. Non tutto può scaturire dal libero gioco del mercato, che peraltro non può fare a meno dell’autorità pubblica che garantisca il rispetto delle regole del gioco; non tutto può essere tenuto in ordine dallo Stato nelle sue varie articolazioni. Anche nello Stato più efficiente e liberale, il tutto non si tiene senza la volontà, la creatività e la ricchezza umana della società civile: famiglia, associazioni, aziende non profit, insomma tutti i modi in cui le persone si organizzano non per produrre ricchezza materiale da accumulare o per prelevarne una parte e ridistribuirla, ma semplicemente per intessere relazioni umane che rendano meno dura la vita. Quindi ben vengano le iniziative dell’Associazione Val di Paglia bene comune. Ce ne fossero state di più di queste associazioni e di queste iniziative nel passato non saremmo arrivati a questo punto. Petrangeli e soci stanno in pace con se stessi, frustano l’ottusità delle istituzioni, e fanno un favore a tutti noi. È finito il tempo della fiducia (miope, se non cieca) nei partiti e nei partitanti?
Continua anche la battaglia per il Tribunale
“In Senato è stato approvato un ordine del giorno con cui si impegna il Governo a rivedere la riforma riguardante la riorganizzazione delle circoscrizioni giudiziarie e quindi la soppressione dei Tribunali, odg che lascia intravvedere qualche spiraglio per il palazzo di giustizia orvietano. Lo spiraglio che si apre, tuttavia, ha bisogno di una forte azione politica, che deve essere svolta indirettamente dalle istituzioni locali, il Comune di Orvieto in primis, e direttamente dai parlamentari umbri, chiamati trasversalmente a cogliere l’occasione. Il Tribunale di Orvieto è un presidio di giustizia particolarmente strategico per il vasto territorio a cui rivolge i propri servizi e per la peculiare efficienza e velocità nella chiusura delle controversie, certificata recentemente da un’apposita commissione ministeriale, a differenza di quanto accade nella stragrande maggioranza dei Tribunali italiani. La chiusura del Tribunale appare del tutto incomprensibile anche in considerazione del fatto che a fronte di risparmi irrisori ed irrilevanti per il bilancio dello Stato, si determinerebbe un maggiore appesantimento del carico di lavoro del Tribunale accorpante di Terni, già abbondantemente “ingolfato”, a discapito di quegli standard di efficienza ed economicità che lo stesso Governo ritiene decisivi per rendere il sistema giudiziario più credibile anche agli occhi di chi oggi preferisce investire all’estero, dove i tempi di giustizia sono notevolmente ridotti, piuttosto che in Italia, dove per vedersi riconosciuti i propri diritti si devono aspettare mediamente tempi biblici”. (Enzo Prudenzi)
F. Il nostro comune amico Enzo Prudenzi ha ragione a sollecitare attenzione e iniziativa per la permanenza degli uffici giudiziari in Orvieto. Questa volta l’occasione è rappresentata da un odg presentato da parlamentari di diversi gruppi (Walter Verini – PD, Raffaele Costa – PDL, Gregorio Gitti – Scelta Civica, Arcangelo Sannicandro – SEL), ed approvato l’8 agosto scorso dalla Camera nonostante il parere contrario del Governo. Con questo odg si impegna appunto il Governo a prevedere sedi giudiziarie decentrate dove vengono soppressi i Tribunali. È anche il caso di Orvieto. Io dico bene, anzi benissimo. Sono d’accordo, anzi d’accordissimo. In fondo meglio gli uffici decentrati che niente, se non altro per gli impiegati, i cittadini e gli avvocati che non dovranno andare a Terni. Ma mi sia ancora consentito ribadire una considerazione che ho già fatto in precedenza su questo come su altri argomenti e che traduco in domande (rivolte non tanto a te naturalmente, quanto piuttosto a chi storce la bocca quando si parla di visione, di prospettiva, di progetto, ecc. ecc.): Siamo almeno d’accordo nel dire che questa è la politica delle briciole? Siamo disposti ad ammettere che la questione del Tribunale denuncia la mancanza da tanto tempo di una politica del territorio adeguata al bisogno? Siamo d’accordo nell’affermare che è miope agire quando i buoi sono scappati dalla stalla? Siamo d’accordo nell’affermare che è ora di cambiare strada? Siamo d’accordo nel dire che chi su questo è d’accordo lo dica?
P. Non ho elementi per valutare quanto effettivamente lo Stato venga a guadagnare dalla soppressione di un tribunale come quello di Orvieto o dalla sua riduzione a sede staccata del Tribunale di Terni. Ho l’impressione che non lo sappia nemmeno il governo e sono sicuro che nessun esperto abbia valutato scientificamente i costi sociali della riforma. Ma una cosa è chiara: questa riforma manca di vero e sano respiro riformatore; scaturisce da un Ministero dell’economia che non sa fare i conti e da un Ministero della giustizia che non sa fare il suo mestiere. Una riformicchia accroccata da governi frustrati dallo stato inquietante della giustizia (chi è capitato nel tritacarne della giustizia italiana sa di cosa parlo) e disperati dallo stato della finanze pubblica.
Il mistero dell’apprezzamento dopo la morte
“Allorché, dopo la morte, fu aperta la cassapanca in cui Goliarda Sapienza conservava i suoi scritti, ne uscirono oltre 80 mila pagine di inediti, diari e racconti, una fonte preziosa per gli appassionati, per gli studiosi internazionali e per l’editore Einaudi che sta pubblicando postume le sue opere e i suoi taccuini. E pensare che per vent’anni, a partire dal 1978 (anno in cui lo terminò) il romanzo L’arte della gioia era stato rifiutato dagli editori — da tutti — senza alcuna esclusione. … Una premessa: che cosa contiene di tanto impubblicabile L’arte della gioia? Contiene la storia di una «libertina» al femminile, Modesta, un personaggio che rappresenta l’evoluzione del genio femminile, nata com’è il primo gennaio del 1900 in Sicilia: poverissima, stuprata ancora bimba, chiusa in convento dove ucciderà la madre superiora, fugge per diventare un’aristocratica seduttrice di uomini e donne, e addirittura principessa. Il tutto tra rimembranze e citazioni d’ogni tipo, dai Promessi sposi alla poesia siciliana, dal Gattopardo al romanzo europeo dell’Ottocento, per raccontare la formazione e l’ascesa della nuova donna. Apriti cielo”. (Ida Bozzi, Corriere della sera, La lettura)
F. Il bell’articolo di Ida Bozzi “«La gioia» di Goliarda fa scuola”, pubblicato domenica scorsa su “La lettura” del Corriere della sera e dedicato alla scrittrice Goliarda Sapienza, mi è sembrato degno di attenzione per diverse ragioni. Intanto per il fatto in sé: il caso letterario di un romanzo (appunto “L’arte della gioia”) trent’anni fa rifiutato con sdegno da critici letterari e editori e oggi esaltato come opera geniale. Fellonia di bacchettoni allora e cacciatori di mode oggi? O più semplicemente (?) normale cambiamento dei costumi e della mentalità? Comunque un romanzo diventato di successo in Italia solo dopo che nel 2005 è stato pubblicato in Francia con il titolo “L’Art del le joie”, ha venduto 150 mila copie (oggi 300 mila) ed ha guadagnato la prima pagina di “Le Monde”. A questo punto, nel 2008, anche Einaudi decide di pubblicarlo, gli italiani lo scoprono e molti insegnanti lo consigliano come lettura ai loro studenti. Si può dire il solito provincialismo? Resta il fatto che la storia si ripete. Tutto diventa diverso dopo la morte. È toccato ad altri scrittori e ad altre scrittrici, e di sicuro continuerà ad accadere. Naturalmente anche ai non scrittori, a persone che fanno altri mestieri e che in qualche modo si espongono pubblicamente mettendo a disposizione le loro capacità. Quando ciò accade ce se ne dispiace, ma poi tutto continua come prima. Domenico Garboli aveva capito subito il valore de “L’Arte della gioia”. Però lui e pochi altri, cosicché, come ricorda oggi il marito Angelo Pellegrino, “Goliarda quasi si scusava per il suo talento, che le attirava nemici”. Ma che roba, costretta a scusarsi per avere talento! Cambierà mai questa realtà? Ne dubito ass meritato in vitaai!
P. Se scrivi libri devi assumerti il rischio di doverteli leggere da solo e di dover sperare che qualcuno li legga dopo che sei morto. Scrittori bravi e mediocri possono aver fortuna in vita, o averla dopo la morte, o non averla mai. È ingiusto; ma chi ha detto che c’è giustizia in questo mondo?