Riceviamo da Movimento 5 stelle Orvieto e pubblichiamo.
Girano strane voci su Umbria Mobilità, la società regionale dei trasporti pubblici, in crisi di liquidità
tanto da avere difficoltà a pagare gli stipendi. Sembra che manchino all’appello diverse decine di milioni di euro, e che vi sia un piano per risanarla a spese dei contribuenti umbri e dei risparmiatori. Con il tacito accordo di privatizzarla, dopo averla spremuta e puntellata: un piatto cotto a puntino e servito su un vassoio d’argento.
Facciamo una breve storia di Umbria Mobilità: nasce a fine 2010 dall’unione delle aziende pubbliche di trasporti dei vari comuni umbri (ATC di Terni, SSIT di Spoleto, APM di Perugia, FCU, ecc.), con lo scopo di realizzare una razionalizzazione delle tratte ed una riduzione dei costi amministrativi, a tutto vantaggio degli utenti e dei contribuenti. Purtroppo, però, le cose non vanno esattamente così, ed Umbria Mobilità diventa un bancomat per la politica regionale, soprattutto perugina (con il tacito beneplacito di quella ternana): basti pensare al minimetrò di Perugia, progetto realizzato a costi altissimi e privo di ritorni economici, il cui pacchetto di maggioranza passa proprio a Umbria Mobilità.
Ma l’apoteosi della malagestione è l’ affaire ROMA TPL: un consorzio, partecipato da Umbria Mobilità per il
33%, che “vince” l’appalto per alcuni trasporti pubblici romani. La società umbra affronta il lavoro indebitandosi per 50 milioni di euro, sobbarcandosi di conseguenza enormi interessi passivi e l’obbligo di
sostituire gli autobus vecchi con altri nuovi. Oltre a questo, a peggiorare le cose i mancati pagamenti da parte del committente, tanto che i crediti sono stati giudicati “incagliati” in uno studio della fine del 2012. Un affarone… per la politica romana. Un disastro per quella umbra.
Interessante notare come il bilancio consolidato dell’ esercizio 2011 (l’ultimo disponibile) mostri un conto economico in pareggio solo grazie alle voci straordinarie, costituite da meri passaggi contabili non adeguatamente dettagliati, in assenza delle quali si sarebbe verificata una perdita d’esercizio stratosferica
(oltre 6 milioni di euro, in parte legati all’attività industriale, in parte derivanti dal costo del pesante indebitamento).
Dallo stato patrimoniale, emergono crediti verso imprese collegate per oltre 21 milioni (Roma TPL? Boh…), verso clienti per oltre 66 milioni e, incredibilmente, crediti verso altri (non meglio dettagliati) per oltre
195 milioni! Verso chi vanta crediti Umbria Mobilità? Mistero.
Ma le partite finanziarie bizzarre non finiscono qui: tra i debiti, oltre alla pesante esposizione bancaria (116 milioni), compaiono debiti verso gli istituti di previdenza per 13 milioni. Un’enormità, che tuttavia è
nulla in confronto ai debiti diversi, pari ad oltre 201 milioni! A chi Umbria Mobilità deve tanti soldi? Dal bilancio, come per i crediti, non si hanno dettagli che possano far luce, e tanti saluti al principio della “chiarezza”. E questo nonostante compensi di amministratori e sindaci non proprio “da fame” (689.000 euro i primi e 264.000 euro i secondi).
Last but not least, le partite fuori bilancio: a chi Umbria Mobilità ha prestato fideiussioni per quasi 133 milioni? Che senso può aver avuto prestare una garanzia così cospicua, quando il patrimonio della società è di “soli” 52 milioni?
Intanto, la semestrale di giugno 2012 mostra i primi, veri segni del disastro: una perdita di 4 milioni.
Il MoVimento 5 Stelle esprime la propria contrarietà al modo in cui Umbria Mobilità, importantissima azienda locale di trasporti, è stata gestita dalla politica locale (ricordiamo che i soci sono la Provincia di Perugia, con il 32% circa, il Comune di Perugia, con il 23% circa, la Regione Umbria e l’ATC Terni, con il 20% ciascuno, ed il Comune di Spoleto, con il 5%). Portata con incredibile maestria sull’orlo della crisi, sarà forse salvata dai soci, chiamati a versare (od a promettere di versare) circa 50 milioni di euro, conditio sine qua non per un ulteriore intervento delle banche. Il tutto per raggiungere “l’obiettivo di creare le condizioni per un ingresso in maggioranza del nuovo socio (privato, NdR) che non potrà che avere significativi poteri gestori”: questa la “sentenza” dei consulenti di fiducia dei soci.
Risanare a spese dei contribuenti e poi vendere ai privati. Insomma: socializziamo le perdite, privatizziamo gli utili.
Il MoVimento 5 Stelle si oppone al piano elaborato: si faccia prima chiarezza sui bilanci, si individui il reale stato del patrimonio aziendale, si taglino rami secchi e prebende principesche. Poi si faccia un serio
piano regionale dei trasporti, per dare un futuro di mobilità sostenibile all’Umbria, senza regalare il trasporto pubblico dell’intera regione ad un privato, che voci di stampa hanno già individuato in una società del gruppo Trenitalia. No, grazie. Facciamo da soli.