La produzione vitivinicola umbra? Mostra un buon livello qualitativo, e, nel contempo, si caratterizza per potenzialità, che fino ad oggi sono state solo parzialmente sfruttate, soprattutto sui mercati internazionali, nei quali esistono ancora “ampi margini di diffusione e penetrazione”. È questa la diagnosi del “Progetto speciale per il settore vitivinicolo umbro/ Il vino umbro nel mercato globale: punti di forza e di debolezza, scenari evolutivi e percorsi di sviluppo”, curato dalla Regione Umbria, Nomisma ed Inea, che, dopo un ampio percorso di indagine, redazione e partecipazione con i produttori e le loro organizzazioni, è stato presentato ieri in una conferenza-stampa a Palazzo Donini dall’assessore regionale all’agricoltura Fernanda Cecchini e dagli altri responsabili del progetto. L’indagine compiuta da Nomisma e Inea è consistita nell’intervista ad un campione di imprese umbre (rappresentative di circa la metà della produzione regionale), che ha consentito di fare il punto sulle caratteristiche produttive e imprenditoriali, valutandone punti di forza e debolezza. Una seconda indagine ha riguardato un “set” di 32 “buyers” internazionali, che è stata decisiva – si sottolinea – per orientare le scelte di posizionamento e riorganizzazione promocommerciale del vino umbro.
“Per la prima volta, disponiamo di una ‘radiografia’ puntuale e aggiornata del sistema vitivinicolo umbro – ha detto l’assessore Fernanda Cecchini -, sulla quale si base una serie di proposte, da verificare e riempire di contenuti concreti. È un punto di vista sul vino umbro – ha aggiunto -, basato su una seria analisi scientifica ed una riflessione condivisa con i produttori, che costituisce non certo una soluzione per tutti i problemi, ma un valido punto di partenza. L’applicazione del piano sarà graduale, su base volontaria ed articolata per ‘steps’ successivi”.
Quali sono i motivi che a tutt’oggi limitano il potenziale offerto dal mercato e frenano il sistema vitivinicolo regionale nel suo sforzo di migliorare la competitività? Il rapporto cita taluni “tipici deficit strutturali”: non adeguate competenze tecnico-manageriali; una “scala operativa” ridotta, che non favorisce la riduzione dei costi unitari di produzione e scoraggia l’apertura di nuovo spazi di mercato; limitate risorse finanziarie da destinare a formazione, ricerca e tecnologia. In più, ci sono “rilevanti criticità di sistema”, riassumibili nella eterogeneità e frammentazione della produzione (con una storica mancanza di forme di collaborazione tra imprese) ed una “limitata riconoscibilità e distintività dei vini umbri presso i consumatori, soprattutto quelli esteri”.