Nella seduta del consiglio comunale del 27 agosto, durata 15 ore, c’è stato tutto il tempo anche per il solito scontro tra maggioranza e opposizione sulle responsabilità della crisi orvietana. La tesi della maggioranza, questa volta confermata con particolare foga dall’assessore Maurizio Romiti, è che il comune è stato finanziariamente sfasciato dalle precedenti amministrazioni e che non c’è da fare altro che cercare di evitare il fallimento (ma va di moda dire default, che mi pare sia l’abbreviazione di default in paying, cioè inadempienza nei pagamenti). La tesi dell’opposizione, come sempre tenacemente sostenuta dalla consigliera comunista Cecilia Stopponi è che la maggioranza manca di “progetto” e cerca scuse nelle difficoltà finanziarie.
Ho smesso da molto tempo di inserirmi in questo scontro, perché una serena riflessione su quel grande bene che è la democrazia mi porta a spostare il riflettore dalle sale del palazzo comunale alla porzione della penisola italiana dove vive e vota il popolo orvietano. Ebbene, la politica che ha portato il comune di Orvieto vicino, forse irreparabilmente, al default non è stata fatta da extraterrestri, ma da orvietani eletti e sovente riconfermati dal corpo elettorale. Il popolo non si può chiamare fuori, perché ogni euro di debito comunale è debito del popolo orvietano, che ha usufruito di servizi, feste, affaroni e affarucci, posti di lavoro, evasioni fiscali ecc. Certo, c’era chi stava all’opposizione. Ma l’opposizione, in democrazia, se non riesce a diventare maggioranza, è perché le sue armi sono spuntate, in quanto fatte di metallo scadente o in quanto la maggioranza popolare è dura come la pietra.
Ma il meccanismo della democrazia, come tutte le cose di questo mondo, non è perfetto. Infatti nel 2009, in Orvieto, s’è inceppato. Per sbloccarlo c’erano due strade: il commissariamento e il ritorno alle urne o il trasformismo, cioè una maggioranza consiliare non corrispondente alla scelta dell’elettorato. Entrambe le soluzioni sono previste dalle democratiche leggi della repubblica italiana. Certo, il trasformismo è una deroga ai principi democratici, ma il commissariamento prefettizio del comune lo è ancora di più. Molto più pesante, fatte le debite proporzioni ma stando agli stessi principi, è il trasformismo che si sta verificando a livello nazionale, perché Concina è stato eletto dal popolo e Monti no.
Resta il problema del “progetto”. La maggioranza mi sembra che per progetto intenda il risanamento finanziario, la salvezza dei servizi salvabili, la valorizzazione del patrimonio comunale, la razionalizzazione della gestione dei beni e dei servizi culturali, la promozione del turismo, la limitazione dei danni derivanti dai famigerati contratti derivati e altro che si può leggere sul sito web del comune. La minoranza che cosa intenderebbe fare? Qual è il suo “progetto”? È bene che lo dica, nel suo interesse e nell’interesse di tutti. Le elezioni si avvicinano.