“Il dibattito di questi mesi sulle riforme delle istituzioni umbre a seguito del processo riformatore aperto dalla Regione (Comunità Montane, Apt, Asl) e delle politiche di risparmio imposte dal Governo nazionale (taglio di Tribunali e Province), sta assumendo toni e contenuti che rischiano di trasformare l’Umbria in una grande polveriera, quando invece sarebbe necessario rispondere alle problematiche poste dalla crisi in termini di razionalizzazione ed efficienza della macchina pubblica e di nuove dinamiche di sviluppo delle città e dei territori”. Lo afferma il consigliere regionale del Partito democratico Fausto Galanello che, prima ancora di definire il numero di Asl, Province e Unioni speciali, ritiene prioritario l’impegno delle forze politiche e istituzionali per l’elaborazione di politiche, idee e proposte per fronteggiare la crisi e per realizzare un equilibrato sviluppo dell’Umbria aprendo una nuova fase del regionalismo.
Secondo Galanello “a 40 anni dalla nascita del regionalismo una riflessione sull’esperienza dell’Umbria va sicuramente fatta ed il bilancio non può che essere positivo, se guardiamo allo sviluppo sociale ed economico di questi anni, alla crescita qualitativa della vita dei cittadini, alla rete dei servizi ed ai conti in ordine. Eppure, quando in un passaggio difficile come quello che sta oggi interessando il Paese a rischio di default, tornano a prevalere in questa Regione logiche territoriali e campanilismi di vario genere, richiami storici dei millenni trascorsi (dalla Sabina alla Tuscia, dal Granducato di Spoleto a quello di Siena e allo Stato Pontificio) viene naturale dire che si è fatta l’Umbria ma 40 anni non sono bastati per costruire e sedimentare una coscienza e una cultura regionale”. Il consigliere regionale del Pd evidenzia che “alla fine hanno prevalso logiche di forza tra le maggiori città: Perugia, Terni e Foligno in rincorsa, che hanno segnato e condizionato ogni passaggio fondamentale delle politiche regionali giocando più sul tavolo della competizione che non su quello della coesione e dello sviluppo equilibrato dell’intera Regione. Il rischio per l’oggi ed il futuro è che si continui su questa strada, che il nuovo regionalismo, ammesso che si sopravviva, non sia il frutto di scelte politiche e programmatiche ma ciò che rimane di un confronto scontro tra città aree e territori, come sta accadendo per il destino della Provincia di Terni, per le Asl e per le nascenti Unioni speciali dei Comuni. Proprio la riforma delle Unioni speciali dei Comuni – continua – nella sua concezione iniziale delle 12 unioni tra aree territoriali omogenee, escludendo le due maggiori città di Terni e di Perugia, avrebbe segnato un passaggio fortemente innovativo sul piano della razionalizzazione e dell’organizzazione del sistema endoregionale: agenzie ed ambiti unici regionali per le politiche di area vasta e Unioni dei Comuni per le funzioni associate. Insomma un cambio di passo, una nuova geografia politico-istituzionale per la rimessa in gioco dell’Umbria delle città e dei territori con le loro specificità ed il potenziale apporto ad una idea di Regione fondata sulla ricchezza delle diversità culturali, sociali ed economiche che affondano le radici in relazioni storiche e funzioni attuali di cerniera e sinergia con territori confinanti delle regioni circostanti. Che senso ha invece il nuovo percorso incentrato su 3 Unioni speciali allargate che ruotano intorno ai 3 maggiori centri dell’Umbria e prima ancora di capire che fine si fa con la questione Province ed Asl?” .
Fausto Galanello si domanda inoltre “che senso avrebbe un assetto dell’Umbria che vede in tre Unioni speciali tre quarti della popolazione umbra ed il resto sparso tra il Tuderte, l’Orvietano, il Trasimeno e ancora, le aree di Gubbio e Città di Castello? Ma non avrebbe più senso allora puntare ad una idea nuova dell’Umbria che, superate entrambe le province, si riorganizza in 5/6 Aree vaste? Una nuova idea dell’Umbria incentrata su aree allargate su cui costruire nuove politiche per i servizi, per la cultura, per il lavoro, mettendo a leva relazioni e sinergie con i territori confinanti extraregionali. Quante Asl? Quante Province e con quali confini? Invertiamo il ragionamento: quali politiche, quali idee e quali proposte per fronteggiare la crisi e per un nuovo sviluppo equilibrato delle città e dei territori dell’Umbria? Quale idea per una nuova fase del regionalismo umbro? Insomma – conclude Galanello – facciamo pure di tutto per provare a salvare il salvabile ma non perdiamo questa rara occasione per guardare avanti con idee e strategie nuove. Per ricostruire la speranza e la fiducia degli umbri ed in particolare delle nuove generazioni che stanno pagando il costo più alto della crisi”.