Con l’aria che tira, leggere il pistolotto diffuso dal PdL orvietano inquieta, al di là dei risultati veri e dei numeri che infiorano il testo, proprio come avveniva ai tempi del centrosinistra mociano.
Già il titolo che richiama il “durissimo lavoro” regalato alla città pone delle domande. Lavoro di chi? degli assessori che ci sono o di quelli che c’erano? L’unica cosa chiara è che la svolta nel risanamento è avvenuta dopo l’intervento dei “responsabili” e la fine del periodo dell’anatra zoppa, quando il centrodestra ha potuto finalmente radere al suolo quanto c’era, buttando bambino e acqua sporca.
Ci dicono che ci sono frutti, ma sindacati e imprenditori lanciano gridi d’allarme e la città è in chiusura. Siamo in piena crisi in un Paese impoverito e ci dobbiamo sorbire le allucinazioni del PdL e l’assenza del Pd, sempre più litigioso e indaffarato nelle beghe interne.
A smontare il ragionamento debole del PdL non c’è bisogno di dilungarsi, è sufficiente ricordare che nel prossimo bilancio contribuirà a far tornare i conti la presunta vendita della palazzina comando della Piave, difficile se non impossibile. Quindi saremo di nuovo di fronte a conti discutibili anche se contabilmente corretti, come quelli degli ultimi sessant’anni. Se invece dovesse essere venduta davvero, allora la sciagura sarebbe evidente per chiunque pensasse alla città di domani e non ai conti della spesa di oggi. Mentre sappiamo che possiamo raccogliere i prodotti del “durissimo lavoro”, anche il Centro studi chiude, gli orvietani sono senza speranza, non hanno un progetto in cui credere e a cui contribuire. Nella caserma Piave un altro vetro cade, l’ex ospedale è lì e presto sarà inutilizzato e comunque fuori da un’idea di Orvieto del domani costruita dai cittadini. Sì, credo sia vero quando il PdL scrive che “Su una cosa, però, non potevamo fare meglio: sull’impegno e sulla dedizione per il bene della nostra città”. E’ questo l’aspetto più preoccupante: non possiamo neppure attenderci di più.
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