In questo tempo di Quaresima viene chiesto ai pendolari, che viaggiano sulla tratta Orvieto-Chiusi, una grande prova di pazienza e di rinuncia: rinuncia a passare tempo con la famiglia, rinuncia a cenare in un orario decente, sacrificio del proprio tempo e dei propri permessi al lavoro. E a imporre tutto sono i ritardi dei treni, nel totale silenzio di Trenitalia e RFI. Una condizione che, però, si protrae da molto tempo.
Ma andiamo con ordine: martedì 11 marzo molti pendolari, che di solito viaggiano sull’IC 598, sono stati costretti a prendere il regionale per Perugia (4732), perché all’Intercity, in partenza alle 18.15, alle 18 non avevano ancora assegnato un binario e questo poteva solo stare a significare un ritardo certo in partenza e, di conseguenza, all’arrivo. Alle 18.03 è arrivato il messaggio da Trenitalia (per l’informazione successiva i viaggiatori hanno dovuto attendere le 19.48) che l’IC 598 sarebbe partito con 30 minuti di ritardo. Ancora al treno, però, non era stato assegnato un binario. I pendolari che non hanno preso il 4732, per tempistiche di lavoro o per scelta, sono saliti sul Regionale 4158 delle 18.31, diretto ad Ancona, o sul Regionale 4734 delle 19.02, diretto a Perugia, entrambi con cambio a Orte. Il regionale per Ancona, partito con 9 minuti di ritardo, è stato instradato sulla linea convenzionale (non sulla direttissima come previsto). I passeggeri di entrambi i convogli hanno poi proseguito il viaggio da Orte verso Orvieto e Chiusi con il R18710. L’IC 598 ha accumulato un ritardo di 84 minuti. Alla fine è partito da Roma Termini alle 19.39, viaggiando in direttissima, e arrivando a Orvieto alle 20.39 con 51 minuti di ritardo!
Altro giorno, altro treno, altro regalo: il 12 marzo è stato il turno del 581 in partenza da Orvieto alle 7.25, che è poi rimasto fermo tra Orvieto e Orte per un guasto al deviatoio, ed è arrivato a Roma con 49 minuti di ritardo.
“Torniamo a dire che non è più tollerabile quanto sta accadendo – dice il Comitato Pendolari Roma-Firenze. Non stiamo sacrificando solo la nostra vita personale, ma anche il lavoro. Molti di noi arrivati a Termini hanno ancora mezz’ora o più di viaggio per raggiungere l’ufficio. Arrivare tardi può significare dover chiedere permessi. Ma molti hanno appuntamenti di lavoro, scadenze e non si può non avere la certezza dell’arrivo nei tempi. Oltre al sacrificio della propria vita personale oggi non abbiamo nemmeno la sicurezza di arrivare al lavoro in tempo. Non è più una situazione che può continuare, anche alla luce dell’impegno economico che ognuno di noi affronta per viaggiare”.