di Giorgio Santelli
Nei miei incontri in giro per l’Italia a fianco di Libera ho avuto modo di ricevere un grande consiglio da Roberto Morrione che, oltre ad essere stato un grande giornalista della Rai quando andò in pensione decise di lavorare con Don Luigi Ciotti e fece nascere Libera Informazione.
Da socio di Articolo 21 mi trovai ad andare in Sicilia per diversi incontri. Le sue indicazioni furono importanti. Tu arrivi lì, in quei luoghi, pronto ad utilizzare parole forti, pesanti, senza mezzi termini. E a volte mi arrabbiavo perché pensavo che si dovessero utilizzare parole più dure di quelle che sentivo lì. Non riporto la sua riflessione in un virgolettato, perché sicuramente non ricordo le parole esatte che mi disse. Ma il senso, quello sì, me lo ricordo bene.
Si possono usare parole forti, non c’è dubbio. Ma bisogna sempre considerare che a noi vengono più facili, perché noi non viviamo lì. Ed allora dobbiamo comprendere e dobbiamo stare molto attenti non tanto ad esporre noi, ma ad esporre chi poi lì continuerà a vivere. Ecco, io mi sento di fare questo ragionamento per Orvieto.
Auspico, ora, che chi è tornato in città dopo lungo tempo, chi ha lavorato fuori, chi studia fuori e che è tornato in città e ha partecipato al dibattito politico, ha creato nuove speranze e poi in qualche modo e per ragioni forse anche legittime che io non voglio sindacare, non ha portato a compimento l’opera, ora resterà qui.
Questo perché la cosa peggiore sarebbe quella di arrivare in città, spiegare “come si devono fare le cose”, attrarre uomini e donne con le sirene della novità e poi, dopo aver detto la propria, tornarsene là dove si era.
A questo punto continuate a vivere qui con noi e giorno dopo giorno provate quello che noi abbiamo provato in questi ultimi cinque anni. Amarezze, perplessità, delusioni, rabbia. Abbiamo guardato alle occasioni mancate, a quello che Orvieto avrebbe meritato e non ha avuto, abbiamo visto i “tradimenti” di chi una volta militava con noi per chiudere la discarica ed oggi non dice più nulla. A chi diceva che voleva battere i pugni sul tavolo delle istituzioni superiori e invece s’è ritrovato spesso in ginocchio e col cappello in mano. Abbiamo avanzato proposte che non sono mai state considerate. Questo, noi, abbiamo provato in questi lunghi cinque anni.
Quelle stesse sensazioni che voi avete provato essenzialmente negli ultimi 8 mesi. Ed era quello che volevamo cambiare, come voi. Ora abbiate il coraggio di restare qui. Non tornate più dove eravate. Fate scorrere la vostra vita, qui, come noi. Niente Asia, niente America. Affrontate anche voi quello che abbiamo affrontato noi, vivetelo giorno per giorno per 1825 lunghi giorni.
Forse, alla fine, capirete che le cose potevano andare in modo diverso. E tenete in mente un numero: 164. E la differenza che passa tra la strada giusta e quella sbagliata!