Nell’ultimo Consiglio Comunale quello che rimane della maggioranza dell’amministrazione comunale Tardani ha presentato le proposta di variazione al Piano Regolatore e relative osservazioni. Non possiamo non ammettere di essere profondamente preoccupati perchè anche in questa occasioni abbiamo assistito ad una gestione della Città che crediamo non risponda adeguatamente alle esigenze e alle aspirazioni della nostra comunità.
Proprio una settimana fa, nel contesto di una conferenza sull’Alta Formazione e l’Università, la Sindaca Tardani diceva di essere arrivata alla fine della Consiliatura avendo smesso di sognare e ciò è particolarmente evidente visto che ormai le proposte avanzate dalla sua giunta mostrano una mancanza di visione e di lungimiranza, prive di una strategia chiara per lo sviluppo della nostra città ed il Consiglio di ieri ne è la prova più lampante.
Sulle osservazioni al piano regolatore relative al Palazzo dei Sette e alla Caserma Piave non possiamo esimerci di raccontarle per quello che sono: la cartina di tornasole di un esercizio del governo che, come sostiene anche il Consigliere Barbabella, è tanto vuoto quanto pieno di una retorica che parla di una musealizzazione e di una fruizione pubblica, che richiederebbero però ben altro tipo di impostazione (un progetto architettonico, un piano finanziario e di gestione, ecc.). Quello cui si è assistito ieri durante la discussione del punto, è stato un maldestro, scomposto ed affaticato tentativo di difendere l’indifendibile: la precisa scelta politica della Sindaca di voler svilire il Palazzo dei Sette, riducendolo ad un deposito/magazzino dei costumi del corteo Storico, privando gli orvietani di un luogo prezioso che non merita una tale destinazione.
Più in generale, è ormai evidente la totale miopia sulle questioni che riguardano la gestione degli spazi liberi della città dove per la caserma viene espressamente prevista una percentuale dell’immobile dedicata ai ‘Servizi generali (Caserme, Protezione civile ecc…).
Anche qui senza che si sia mai intravista nemmeno l’ombra di qualche progettualità se non la supponenza con la quale si è respinto il progetto di edilizia sociale per un valore di 6 milioni di euro. Tra le conseguenze della pandemia c’è stato un ritorno all’iperlocale. Il lockdown ci ha costretti a guardare a città come la nostra, ai territori delle aree interne, alle strade in cui viviamo da una nuova prospettiva. Siamo oggi chiamati a riscoprire il valore della prossimità e il piacere di muoverci a piedi, ma anche a capire come lo sviluppo sostenibile della città possa essere attrattivo per le giovani coppie e per quelli che vogliono bilanciare al lavoro nelle città con lo stile e la qualità della vita offerti da una Città come orvieto.
La città può essere immaginata nuova se la sua progettazione si fa carico delle nuove esigenze e se si impegna nel chiedersi come lo sviluppo di nuovi quartieri può essere legato allo sviluppo economico di tutto il territorio nel futuro? Come possiamo immaginare la nuova città policentrica e quali le risorse su cui far leva? Quali le differenze tra i quartieri e quali le specificità? Quale il ruolo della cultura? Senza la riflessione, senza la partecipazione non si può essere efficaci. Senza l’elaborazione culturale e l’astrattezza del pensiero non si può arrivare ad essere concreti ma si decide di operare in maniera confusa, con gli spezzatini, le promesse ed una città che non rafforza le maglie del proprio tessuto sociale ed economico ma che si riempie di toppe elettorali.
Senza una progettualità vera si finisce per a commettere errori come quello dell Casa di Comunità a piazza Duomo, un capriccio anti intuitivo che spoglia gli spazi della ex mensa della Piave proprio del potenziale per la costruzione di un quartiere pienamente realizzato.
Vanno coltivate e messe a sistema le vocazioni tradizionali ed il capitale innovativo della Città per renderla sempre più attrattiva, v sostenuto lo sviluppo economico puntando a ringiovanire la nostra popolazione favorendo l’insediamento di giovani coppie, bisogna ridare dignità alla struttura comunale fornendole i mezzi per progettare perchè altrimenti è improbabile pensare di poter gestire al meglio l’ingente patrimonio che Orvieto possiede che non si limita agli spazi della Caserma.
Orvieto ha bisogno di altro, di un’alternativa di governo inclusiva, popolare e qualificata che abbia la forza della serietà e l’autorevolezza per tornare ad avere una strategia e consapevolezza di NOI in Umbria, in Italia e nel mondo.
Martina Mescolini
Federico Giovannini
Cristina Croce
Giuseppe Germani
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