di Pasquale Graziani
Carlino (Carlo Pagnotta) mi sussurrò “perché non facciamo cantare il Gospel in questa bella chiesa?”. Eravamo nell’autunno del 1993 e nel periodo dei preparativi per l’Umbria Jazz di fine anno (prima edizione) a Orvieto, il “winter” ancora non c’era; apparirà alla fine in sede di stampa del materiale pubblicitario.
Onestamente io non conoscevo la parola “gospel” e non sapevo che canti erano, ma il pensiero di “usare” il Duomo per un concerto non mi spaventava perché, ogni anno, ero addetto all’organizzazione del Concerto di Pasqua; c’era solo da sentire l’autorità ecclesiastica e ottenere il suo benestare.
Una mattina andai in sacrestia e trovai Don Italo che, quel giorno, era in compagnia di Don Marcello. Spiegai il motivo della visita e manifestai l’intenzione di questo concerto di Canti Gospel; Don Marcello (un vero pozzo di scienza e conoscenza) non mi fece neanche finire di parlare perché trasecolò, fra il sorpreso e l’incredulo, apostrofandomi “ma mica sarà vero?”: sapeva tutto sul Gospel, sui canti afro-americani, sul loro significato e sulle singole canzoni e se ne uscì “magari noi in chiesa cantassimo quei testi! Molto meglio delle nostre cantilene!” Al che Don Italo non proferì parola, salutandomi col dire che ne avrebbe parlato con il Vescovo.
Quando tornai alla carica non trovai ostacoli, tutti d’accordo, solamente che il giorno di Capodanno in Duomo c’era la messa vespertina e quindi a seguire sarebbe stato possibile “usare” il contenitore (termine in bocca a Leandro Pacelli – Presidente dell’Azienda Turismo, ma per nulla mai accettato dal Vescovo Grandoni).
Quindi la macchina di Umbria Jazz si mise in moto e del cartellone di quell’anno faceva parte anche un concerto di Capodanno di canti Gospel nel Duomo di Orvieto. Il palco fu usato quello provvisorio delle funzioni religiose che era posizionato nella navata centrale, al di qua del transetto (erano in corso i lavori di restauro della tribuna e della grande vetrata), la prima fila di sedie fu riservata all’autorità con il Vescovo al centro e – non ricordo il nome del gruppo Gospel – così si avviò il concerto condotto da dei giovani di colore: tutti uomini. La folla era composta soprattutto di forestieri, intenditori, estimatori, appassionati, pochi gli orvietani.
Le prime canzoni furono quelle più tradizionali e conosciute per poi spaziare su testi e musica, non proprio ispirati alla “Buona Novella”, con un crescendo di ritmo marcato soprattutto dalle percussioni; i presenti cominciarono ad alzarsi dalle sedie per battere le mani e saltare. Il Duomo sembrava vibrare, il volume del suono era al massimo, la gente scatenata ballava più che in discoteca: quasi una bolgia! Mons. Grandoni si alzò in piedi, ma non per unirsi alla festa e scappò via, visibilmente contrariato, verso casa sua.
Di quello che successe il giorno successivo e delle telefonate arroventate fra il Vescovo ed il Sindaco Cimicchi lo venni a sapere molto tempo dopo, quando gli animi, con il passar del tempo, si erano un po’ placati, ma la situazione non lasciava, su quel versante, nulla di buono e figurarsi se si poteva pensare di riproporre il concerto!
Arrivammo a settembre del ’94 e il Sindaco, passando per l’ufficio ed al volo come era consueto fare, disse “Pasquà studia qualcosa chè dobbiamo andare a parlare con il vescovo per il concerto di Umbria Jazz!” “Ambèèèh!” Ma era già andato via. Quei giorni eravamo tutti un po’ presi dalle notizie poco rassicuranti che provenivano dalla vicina ex Jugoslavia (Sarajevo, Monstar, Croazia, Serbia, Erzegovina, Kosovo, ecc…) e un po’ di paura o timore trapelavano anche dai telegiornali e dai mass media; il bisogno di pace era – come lo è oggi – dentro di ognuno di noi. Così, facendo due più due, mi ricordai che il giorno di capodanno era la Giornata Mondiale della Pace secondo la dichiarazione di Papa Paolo VI (anche se la cosa non faceva tanto presa tra la maggioranza delle persone, ma tant’è!) e l’abbinai con la Messa vespertina ed i canti della liturgia, ripensando a Don Marcello: Bingo! Ne parlai con Stefano Cimicchi che capì al volo e fu fissato l’appuntamento dal Vescovo a Todi a mezzogiorno e mezza di una calda giornata.
Alla cattedrale di Todi puntuale ci attendeva la controparte; ci avviammo per le scale della curia e il Vescovo mi prese sottobraccio e sottovoce mi apostrofò: “Certo che a Orvieto ci avete un sindaco <scadente>”. Io che già rimuginavo nella mente come dovevo indorare la pillola, a quelle parole non ebbi nemmeno il coraggio di rispondere. Al che Grandoni fece seguire una gran risata ed io, rinfrancatomi, “Ha ragione Eccellenza, giààà le votazioni ci sono la prossima primavera!” Così l’incontro cominciava a prendere un’altra piega e Stefano introducendo la chiacchierata disse scherzando “ora il mezzoprete dirà al Vescovo quello che abbiamo pensato” (il mezzoprete ero io per i miei otto anni passati negli studi in seminario).
Ci fu un assenso su tutto il fronte con due raccomandazioni: stampare per i fedeli il testo dei canti Gospel per la liturgia della messa con traduzione a latere e fissare un incontro con i vertici di Umbria Jazz prima di Natale. Suggellammo quell’assenso con un brindisi inaspettato: da uno stipetto il Vescovo estrasse una bottiglia di grappa, era oramai l’una e un quarto, la versò a tutti, noi digiuni dal mattino trangugiammo senza però maledire la fine dell’incontro. Stava per nascere la MESSA DELLA PACE CON I CANTI GOSPEL!
A margine un aneddoto: L’incontro con i vertici di UJW avvenne effettivamente poco prima di Natale. Venne da Perugia la delegazione guidata dall’allora Presidente Saverio Ripa di Meana e tutti ci ritrovammo in Episcopio. Al momento della presentazione del Presidente, il Vescovo – inconsapevole che Saverio era il fratello di Carlo – cominciò con delle battutine sulla Marina Ripa di Meana – al che Saverio con eleganza e un mare di diplomazia ribatté “Eccellenza, mi è difficile darLe conto delle scelte di mio fratello”. Gelo in sala! Grandoni tentò di sviare subito il discorso farfugliando qualcosa, un po’ come Don Abbondio quando incontrò i Bravi, ma la pezza era peggio del buco e alcuni girarono il loro volto da un’altra parte!
Comunque la MESSA DELLA PACE ci fu davvero e davvero fu commovente: il buon Cimicchi riuscì, Lui sa come, a portare per l’occasione in Duomo, all’interno di una chiesa cattolica uno accanto all’altro, il rappresentante dell’Autorità della Palestina e l’Ambasciatore d’Israele in Italia. Sarà ancora possibile?