La città ha bisogno di ben altro. In questo momento politico e civile le possiamo identificare solo come autoreferenziali, abusive nelle idee o scopi o semplicemente pretestuose preparazioni per future elezioni. Le considerazioni da fare sono: chi le promuove, chi vi fa parte, le ragioni o i contenuti. Da questi parametri si intende subito la provenienza e l’eventuale scopo: certo per alcuni, ma il tempo è galantuomo.
Ci dobbiamo appunto domandare se questa è la soluzione per una città come la nostra che ad onor del vero dovrebbe essere condotta dai partiti secondo la Costituzione. Certo anche le associazioni sono previste dalla Costituzione ma in genere hanno uno scopo commerciale, artigianale o di categoria assistenziale.
Quando promosse da chi fa anche politica cominciano ad essere un vulnus per la corretta dialettica politica in quanto possono innescare ambiguità e disorientamento in coloro che vi aderiscono per non parlare della comunità in cui agiscono. Specie gli amministratori delle stesse hanno delle responsabilità in questo senso e verso l’Ente costituito e verso gli aderenti, soprattutto verso i cittadini che devono subire una ulteriore forma di espressione civile andando a complicare le loro già difficili valutazioni dopo aver compreso la collocazione.
Non è il caso di darsi una regolata tenendo a freno le proprie ambizioni a volte onnicomprensive del tutto! La moderazione è la caratteristica dell’italiano medio che non è da sottovalutare nel suo valutare e discernere! Il merito lo si conquista anche nel piccolo soprattutto nella coerenza senza sbandamenti iperculturali o di attività interpersonale. Altre forme di partecipazione civile vanno ricondotte ad un denominatore.
La politica che è il tramite per conquistare la guida di una comunità e i partiti sono lo specchio delle diverse forze-ceti-classi gruppi di interesse e rappresenta le istanze a livello amministrativo, insomma la strada è già tracciata, perchè cercare altre vie? Le associazioni rischiano di identificarsi come fazioni negatrici di valenza comune sfiorando la denominazioni di notabili di una comunità ma fuori del senso comune.
Si rischia la cultura del fare per sentirsi appagati e la fuga dell’essere cittadini per progredire. L’agire è fortemente legato all’apparire, faccio e quindi mi mostro rischiando l’angoscia del confronto con se stessi fino ad arrivare all’autointervista. Certo bisogna esprimersi ma spesso è meglio tacere e riflettere altrimenti la frammentazione del processo di relazioni civili si frattura a livello macroeconomico e valoriale indebolendo le radici.
Altra cosa sono le associazioni sussidiare che si appoggiano ai partiti o in stretta alleanza, come interrelazione, ma con diverse dimensioni – ideologiche materiali – strategiche. Questo interessa molti protagonisti in città e fare una sana riflessine fa del bene a loro stessi e alla città.