di Pasquale di Paola
Con il mese di aprile il personale della scuola del comprensorio orvietano si vedrà applicare in busta paga, dopo ben quattro anni di attesa, finalmente un aumento di stipendio: l’indennità di vacanza contrattuale.
In pratica si tratta di un’anticipazione dei benefici attribuibili all’atto del rinnovo del Contratto Nazionale comparto scuola, ancora bloccato, che a seconda del profilo professionale e dell’anzianità di servizio porterà nello stipendio di docenti e Ata un aumento stipendiale che va dai 3 ai 9 euro.
L’assegnazione di questa somma aggiuntiva, mediamente tre caffè’ al bar al mese, prevista dall’art. 47-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e che verrà riassorbita una volta che sarà sottoscritto il CCNL del triennio 2022-2024, è stata confermata dalla Ragioneria generale dello Stato.
Imbufaliti i docenti e gli ATA che affermano all’unisono che ancora una volta sono stati presi in giro da sindacati e governo. Prima si parlava di liquidare in busta paga rinnovo e arretrati del triennio 2018/2021 a dicembre scorso.
Poi il tutto veniva spostato con pagamento sul cedolino dello stipendio di marzo.
Nulla di fatto neanche a marzo, con l’ARAN che convocava i sindacati per dire che non erano state liquidate LE somme per il rinnovo. E ora l’annuncio in pompa magna da parte del ministro e apparato governativo: ad aprile lo stipendio dei docenti finalmente, dopo quattro lunghi anni di attesa, viene incrementato grazie alla cosiddetta “indennità’ della vacanza contrattuale. Messi nero su bianco gli aumenti previsti: 3 euro per le fasce basse, sei per le fasce medie, 9 per le fasce alte.
In pratica i 3 euro toccano a chi e’ in ruolo da meno di dieci anni, 6 a chi ha una posizione in ruolo compresa tra i dieci e i venti anni, 9 euro a chi ha più di venti anni di ruolo. Giustamente amareggiata la categoria dei docenti, che parla di indegna e mortificante “mancetta”, con contratto bloccato da 4 anni e con la rimodulazione degli scaglioni IRPEF che da marzo anziché’ aumentare ha diminuito l’importo stipendiale corrisposto.
E, ulteriore beffa per i docenti, e’stato tolto anche il cosiddetto bonus “Renzi”, 100 euro netti al mese che fino a dicembre scorso veniva erogato ai dipendenti con fascia reddituale inferiore a 26 mila euro, e che da quest’anno spetta solo ai lavoratori con un reddito annuo inferiore ai 15 mila euro.
Da un accreditato studio pubblicato recentemente, risulta che gli stipendi dei docenti e del personale Ata sono più bassi sei volte rispetto all’inflazione registrata negli ultimi 13 anni: per questo motivo, il personale della scuola rilancia l’esigenza d’incrementare in modo considerevole l’aumento previsto per il rinnovo contrattuale dopo 40 mesi di blocco stipendiale. Questo studio ha calcolato che, solamente per recuperare l’attuale inflazione, servirebbero aumenti mensili di 274 euro netti a docente: di questi, 221 riguarderebbero il primo triennio 2016/2018 e altri 53 euro il secondo triennio 2019/2021. Con un saldo arretrati pari a settemila euro per il triennio 2018/ 2021 a docente. Per ora i docenti devono accontentarsi dei tre caffe’ in piu’al bar al mese.