Orvieto e l’Orvietano sono in pessima salute e amministratori, forze sociali, cittadini indifferenti stanno loro vicino per assisterne e affrettarne il suicidio. Crediamo che non ci sia alcun dubbio che questa zona dell’Umbria sia in una spirale recessiva, sia dal punto di vista economico che anagrafico, fanalino di coda in una regione che certamente non è tra le migliori.
Basta notare la scarsa presenza di ossatura imprenditoriale e la percentuale di persone anziane presenti, circa il 30%, molto superiore alla media regionale e una delle più alte, se non la più alta, d’Italia. Il tessuto demografico è sicuramente determinato dal buon vivere ma anche dal dramma che i giovani, per cercare lavoro , se ne vanno dal territorio.
Stiamo vivendo un momento di discontinuità importante, in cui vengono stanziati fondi ingenti per modernizzare l’Italia e aiutare i territori più in difficoltà. In tale contesto risulta di notevole importanza la riforma sanitaria, per il servizio che intende fornire, per le risorse poste a disposizione e per l’indotto economico che genera.
La pandemia ha fatto capire, se ce ne fosse stato bisogno, che la medicina territoriale era tutta da rifondare e lo Stato ha fornito le linee guida di un nuovo modello di servizio. Case di comunità, distretti sanitari, ospedali di comunità diventano centri fondamentali per assistere in maniera attiva la popolazione.
Il distretto è il centro in cui si monitora e si organizza il servizio per il territorio, la casa di comunità è il punto in cui ci si attiva per tutte le esigenze , sia di medicina di base che specialistica, in funzione 24 ore su 24, dotata di numerosi specialisti, medici, infermieri.
La Regione ha redatto il progetto operativo, che dà al nostro territorio appena il minimo indispensabile per non essere giudicato inadempiente. Viene tolto il distretto, importante punto progettuale e decisionale, mentre il piano di indirizzo nazionale permetteva di lasciarlo.
I sindaci e le forze sociali del territorio, a loro volta, rispondono in modo sorprendente:
– una timidissima opposizione alla cancellazione del distretto, lasciando spazio a Città della Pieve che lo rivendica
per sé e cerca di accorpare i comuni dell’Alto orvietano;
– destinano l’ex ospedale di piazza Duomo a sede della Casa di comunità, creando traffico automobilistico in una zona a fortissima vocazione turistica e grandi disagi alle circa 50.000 persone che lì dovranno andare per prevenzione e cura. Tutto questo nonostante esista una soluzione alternativa già da tempo individuata, progettata, finanziata e sicuramente più adatta (ex mensa caserma Piave).
Questo comportamento sarà sicuramente un caso di studio per raccontare di un territorio che nel suo suicidio si è fatto assistere da disponibilissimi sindaci e forze sociali , a cui possiamo concedere soltanto il beneficio del dubbio di non aver studiato a fondo la situazione. Cittadini, ribelliamoci al suicidio di Orvieto e dell’Orvietano!
#no al suicidio assistito di Orvieto e dell’Orvietano