Il crollo demografico dell’Area interna e di Orvieto non si arresta dal 2012. Nei prossimi 10 anni Orvieto potrebbe scendere a 16mila abitanti. Se il calo demografico e l’invecchiamento della popolazione residente sono i due mali che affliggono pesantemente l’Umbria, per l’Area interna Sud Ovest Orvietano e Orvieto il fenomeno assume una rilevanza allarmante. Il rapporto appena pubblicato dall’impresa sociale Cittadinanza Territorio Sviluppo a cura di Eleonora D’Urzo e Antonio Rossetti si ferma a gennaio dello scorso anno e ci fornisce un’analisi storica ricca di dati e correlazioni. Il declino demografico ha inizio nel 2012 e da allora è inarrestabile. Ogni anno l’Umbria perde circa 5190 abitanti, mentre l’Area Interna si attesta intorno ai 416 e il comune capofila, Orvieto, a circa 140 abitanti.
Un’emorragia inarrestabile che in percentuale vede la nostra Regione ottenere una variazione percentuale negativa tra il 2020 e il 2021 pari a -0,6%. La variazione percentuale dell’Area interna e di Orvieto sono ancora peggiori attestandosi a -0,7%. Va evidenziato però che questo dato per il nostro Comune è ancora peggiore se raffrontato con il +1,5% dell’incremento dei residenti stranieri che è 3 volte quello dell’Area interna(+0,5%) e 5 volte quello regionale(+0,3%). Insomma, nonostante una poderosa iniezione di nuovi residenti esteri, Orvieto continua a perdere residenti. L’ultima rilevazione Istat a gennaio 2022 infatti porta il nostro comune sotto la soglia dei 20mila abitanti e proiettando il dato del calo demografico medio annuale in 10 anni ci si avvicinerebbe pericolosamente alla soglia dei 16mila abitanti.
Anche sul fronte dell’invecchiamento della popolazione residente la musica non cambia: l’Umbria, quinta regione italiana come indice di vecchiaia, si attesta ad un indice pari a 217,7, l’Area Interna 272,8 e Orvieto ad un indice di 264,2. L’indice nazionale è pari a 184,1. In generale, è difficile attribuire alla demografia una maggiore rilevanza di quella che in realtà presenti nel condizionare l’habitat economico. I cambiamenti del modo di produzione e il tasso di crescita della produttività tendono a interagire con il tasso di sviluppo della popolazione in un modo complesso, che può variare a seconda della fase del ciclo economico e dell’organizzazione della produzione. La tesi che viene sostenuta nel rapporto è che la stasi demografica, almeno nel recente passato, ha contribuito a generare un eccesso di risparmio, di cui sono presenti le stigmate nel mercato del credito, e di fatto una performance economica inferiore a quanto si sarebbe potuto conseguire con una dinamica demografica migliore. Peraltro, vi è anche un nesso di casualità dall’economia alla crescita della popolazione: nelle fasi di stagnazione vi saranno maggiori incentivi a migrare piuttosto che immigrare e procrastinare l’età in cui si genera prole.