di Davide Orsini
Mi è capitato di leggere l’opinione di Claudio Lattanzi in merito alla vicenda che ha coinvolto l’ormai ex assessore Sartini. Claudio attribuisce la decisione di revoca da parte del Sindaco Tardani ad una sorta di isteria collettiva, o meglio, tanto per citare direttamente la fonte, ad un “comportamento religioso di chi ritiene che si debba essere tutti zelanti esecutori di ciò che il gregge dei social ha deciso essere giusto”. Cioè in sostanza la Tardani avrebbe semplicemente dato seguito al falso moralismo della folla. Scrive ancora Lattanzi: “… ad essere sacrificata è la nostra dimensione razionale, la capacità di giudicare la sostanza delle cose, la forza e il coraggio di far prevalere il ragionamento contro la pulsione di lapidare mediaticamente e con il consenso della maggioranza social chi assume posizioni eretiche anche solo a livello simbolico”. Claudio contrappone il giudizio scatenatosi sulle “posizioni eretiche… solo al livello simbolico” dell’ex assessore al comportamento reale della stessa Sartini, che invece ha “appena portato a casa un finanziamento da cinque milioni nel Pnrr grazie ad un importante progetto a cui ha lavorato in questi anni e che prevede una struttura destinata alle famiglie e al contrasto al disagio.”
Ci sono molte contraddizioni e qualche furbizia retorica nelle tesi di Claudio, il quale in primis si dimentica che qualche anno fa fu lui a battere tutti sul tempo riportando sul giornale per il quale scrive l’infelice frase per la quale furono tolte le deleghe all’allora assessore al bilancio Gragnarini (da parte del sindaco Germani). All’epoca trovai giusta la decisione del Sindaco Germani, come trovo giusta quella della Tardani oggi.
Si dice che in città e sui social alcuni non aspettavano altro che un passo falso della Sartini, osteggiata anche all’interno della maggioranza e dentro il suo stesso partito, e certamente “dal gregge dei social” (ma di sinistra, Claudio, via facciamo le dovute distinzioni).
Avrete capito che la tesi dell’ammasso dei cervelli da social non mi convince tanto così come non credo che, al netto delle strumentalizzazioni politiche interne ed esterne, l’inciampo mediatico della Sartini sia una cosa “simbolica” che non corrisponde al suo reale pensiero (Draghi ha fatto cose per la quali Hitler si complimenterebbe—non ci vuole Eco per dipanare il bandolo semiotico della faccenda). Quando si trattò di giudicare Gnagnarini, probabilmente Lattanzi non fu influenzato da Facebook, ma scelse liberamente (presumo) che quella era una notizia che andava assolutamente riportata. Bene. Oggi cosa è cambiato? Forse il colore politico del malcapitato assessore?
Ma andiamo oltre. Il vero moralista qui è Claudio, il quale invita a badare alla sostanza delle cose, con la ragione, piuttosto che condannare una persona a mezzo social per uno scivolone. Novello Voltaire, Claudio ci invita alla riflessione sulla furia iconoclasta che avrebbe colpito la Sartini. Ormai saremmo tutti schiavi delle apparenze, di un falso moralismo distruttivo al quale non sappiamo più opporci. Più che di moralismo forse si tratta di realismo politico: non conta ciò che dici, come e dove ti esprimi, ma quello che fai. Che peccato, volevo volare alto, e invece.
Che facebook sia una piattaforma social con molte criticità e si sia rivelata piena di insidie e di pericoli non ci piove. Ma la decisione sulla Sartini (che a differenza di Gnagnarini non rispondeva neanche alle ripetute sollecitazioni e provocazioni di avversari politici e a raffiche di post di concittadini che invitavano a risolvere il problema dei mendicanti “brutti sporchi e cattivi”—le virgolette sono mie) è sacrosanta per ragioni di sostanza, altro che apparenza e livelli simbolici (lasciamo stare il discorso sui simboli che ci porterebbe lontano, così come l’espressione “medioevo mentale” che trovo a dir poco di senso comune). La Sartini aveva deleghe che riguardano l’educazione dei giovani della sua comunità. Come si fa a ricoprire un ruolo tanto delicato e non capire che un post del genere è del tutto inconciliabile con esso? Se il post l’avesse fatto un qualsiasi cittadino, per quanto infelice e abnorme, la questione sarebbe stata derubricata a fatto privato, sanzionata dai moderatori di FB (anche qui mille problemi), o dai commenti di altri fruitori della piattaforma. Sarebbe il caso appunto di tornare ad essere razionali, come ci invita a fare Claudio, a giudicare la sostanza delle cose, forse in questo caso più lineare. Se parliamo di un ritorno alla sostanza delle cose allora la coerenza fra ciò che si dice in pubblico ed il ruolo che si ricopre è necessaria (siamo al minimo sindacale).
Per cui nessun ammasso di cervelli, nessuna dittatura tecnologica, ma tanta incapacità di capire che la politica è anche pedagogia, è esempio, e questo concetto vale sempre, anche se da trenta anni a questa parte, paradossalmente dopo tangentopoli, ci siamo abituati a sentir dire che basta essere eletti, il consenso vale più di tutto. Il plebiscitarismo vive ben oltre i social, anzi ha ubriacato le nostre menti ben prima che facebook diventasse realtà. Per queste ragioni non sono d’accordo con le tesi apparentemente liberali di Claudio Lattanzi, che ritengo fuorvianti. Poi si, ci sono i “benaltristi”, che fanno più o meno così: “ma con tutti i problemi che ci sono, adesso facciamo tutta questa bagarre per un post su facebook”? Morale: stai a vedere che alla fine aveva ragione Umberto Garbini!? Meno social e più fatti! Ma sarebbe forse un po’ troppo da moralista sostenerlo.