Travolti dall’onda della personalizzazione della politica e dai riti dei social, i partiti hanno modificato la loro natura distanziandosi dalla società dai cittadini. Il tessuto sociale, il solo a rappresentare l’intero collettivo, è venuto meno nella scena politica. Allora ci potremmo trovare di fronte a cittadini che fanno politica direttamente o di fronte a un nuova modalità dei partiti. L’istituzione organizzativa dei partiti del Novecento aveva reso il consenso come fondamento della politica. Poi le contestazioni del ’68, Tangentopoli, gli attentati hanno reso tale meccanismo inadeguato o antiquato.
I partiti continueranno a svolgere un ruolo significativo?! La risposta sta nel laboratorio e nella composizione e scomposizione a cui assistiamo quotidianamente. Alle sezioni, ai comitati, alle cellule si stanno sostituendo leaderismi, piccole frange del tessuto sociale, autoreferenzialismi che portano a proselitismo ed unità di riferimento. Così si è rafforzato il gruppo dirigente di vertice di partito facendo venire meno la rappresentanza del singolo. La conferma è il calo vertiginoso degli iscritti ai partitimortificando la rilevanza politica di base, in quanto il peso politico decisionale è andato verso il vertice.
Si esalta così la connessione tra partiti e Stato divenendo i partiti i soli mediatori con i cittadini e non rappresentanti, in altre parole statalizzazione di partiti. Di conseguenza cambia il sistema di funzionamento degli stessi dirottando il sistema di finanziamento prima dallo Stato poi attraverso singoli finanziatori del sistema economico. Oltre la personalizzazione e la spettacolarizzazione della politica prende il sopravvento. L’indebolimento dei partiti nella società è la conseguenza venendo meno il ruolo dei militanti.
Insomma i partiti si identificano con il popolo o pretendono di esserlo. Così nelle elezioni trionfa il favore, il sotterfugio, il finanziamento aumentando il ruolo di gruppetti e clientele. Altra stortura è quella di intraprendere proposte e azioni basate su sondaggi di opinione che il politico corregge, strada facendo, a secondo degli umori dei cittadini. Insomma tendenza a conseguire il consenso senza limiti saltando la tradizione politica, sostanzialmente crisi della democrazia rappresentativa, in una sfera del pubblico che perde il ruolo e il significato del diritto di voto.
Allora la chiamano americanizzazione contraddicendo il fatto che i partiti esistano o meno ancora scordandoci che un partito è la sola maniera per fabbricare passioni, la sola capace di riconoscere il bene comune. Quindi il potere eclissa la realtà e coloro che sono senza potere si trovano a lottare senza armi. L’ulteriore conseguenza è la crisi di governabilità che lascia sgomenti e senza visione di futuro. È altrettanto vero che solo un ripensamento organizzativo e controllo di leadership può riconsegnare ai partiti l’onore perduto o colmare il vuoto politico attuale. Qualcosa di postumo, anche in politica potrebbe dare una sostanza reale alla democrazia.