di Gabriele Marcheggiani
Avviso: questo è un pezzo politico che parla poco del lockdown e, accidentalmente, di Matteo Renzi.
Il virgolettato del titolo è tratto da un articolo pubblicato sul Corriere della Sera di giovedì 14 gennaio 2020: letta così, è una dichiarazione che non fa una piega, credo che tutti siamo d’accordo sul fatto che anche nei periodi emergenziali – e forse ancor di più durante questi – le regole democratiche vadano sempre salvaguardate. Tutto vero, tutto giusto. Solo che queste parole le ha pronunciate Matteo Renzi per giustificare lo strappo politico che ha di fatto mandato in crisi il secondo governo Conte.
Renzi non è uno squinternato, anzi, però è uno che vuole troppo bene a sé stesso, talmente tanto che spesso ha fatto coincidere la sua idea di democrazia con il proprio interesse, personale e politico. Talmente pieno di sé che ha svilito un referendum costituzionale trasformandolo in plebiscito sulla sua figura, perso il quale ha iniziato a covare desideri revanscisti nonostante avesse giurato di ritirarsi dalla politica attiva.
Ora, dal basso del suo virgola-qualcosa-percento, il senatore del collegio di Scandicci manda a gambe all’aria un governo della Repubblica per un’indefinibile smania di protagonismo pantagruelico, buttandola in caciara con pretestuose e inesistenti richieste politiche: per dirla con Romano Prodi, “avuto il ponte sullo stretto di Messina, Renzi sarebbe capace di rilanciare chiedendo quello per la Sardegna”.
Che qualcosa gli fosse stato concesso politicamente e sostanzialmente lo hanno scritto nei giorni scorsi sui social network anche alcuni suoi pretoriani, sedicenti generali di corpo d’armata che a livello locale non riuscirebbero a trovare truppe neanche per mettere insieme un plotoncino di scappati di casa.
Perché uno dei punti salienti è proprio questo, Renzi è il programma di sé stesso, rappresenta sé stesso, come ebbe a sottolineare tempo fa Pierluigi Bersani; Italia Viva insomma è come la foca monaca, dovrebbe esserci ma nessuno la vede fuori da quello che resta del giglio magico.
Italia Viva è l’ennesimo partito personale, disegnato attorno al proprio leader che non esisterebbe senza di lui, l’ennesima fuffa spacciata per progetto politico. Quindi? Quello che infastidisce non è certo la scelta politica di abbandonare il governo, ogni partito o movimento è libero di concedere la fiducia all’esecutivo e poi di ritirarla quando ritiene che vengano meno alcuni presupposti: è l’abc della Costituzione e, appunto, delle regole democratiche.
Le crisi di governo in Italia sono sempre state un rito di estrema teatralità, un momento da gestire con cura mediatica perché uno dei pochi nei quali anche uno sparuto gruppo parlamentare ha diritto ai suoi cinque minuti di gloria. In tempo di pace è tutto ammesso, solo che questo non è un tempo di pace, quanto meno non è un tempo normale. Renzi si è mosso con argomenti pretestuosi, chiedendo la luna (leggi il MES) pur sapendo che in Parlamento non c’erano i numeri per dargliela, quindi ha voluto rompere per il solo gusto di calcare ancora una volta la scena da prim’attore, di fare il mazziere, di assecondare il proprio smisurato ego togliendosi al contempo lo sfizio di vendicarsi del PD e dei Cinquestelle.
Tutto politicamente lecito, ci mancherebbe. Quel che infastidisce e rende raccapricciante la mossa renziana, è l’alta carica di cinismo che essa contiene, per modi e per tempi. La si può pensare come si vuole ma un dato è incontrovertibile, purtroppo: nel breve volgere dei minuti che ho impiegato per scrivere questo pezzo, sono morte ventitre persone di Covid19 in Italia, stando ai numeri dei decessi di mercoledì 13 gennaio.
Di queste, come delle ottantamila morte da febbraio 2020 non c’è stata traccia nelle parole, nei gesti, nei riti di Matteo Renzi e dei suoi. Questo a casa mia si chiama cinismo e con la politica non ci azzecca niente!